Capitolo 24

4.1K 249 25
                                    




E' ora di pranzo, e per la prima volta preferisco essere qui che rischiare di incontrarlo nei corridoi. Da quella sera non ha mai più messo piede in sala mensa, ma questo non gli impedisce di continuare a darmi il tormento nei restanti metri quadrati di questo posto.
Tutti si sono accorti di qualcosa, ma solo Davina sa quello che il bastardo-ormai così lo chiamiamo- mi ha fatto.
Parlarne mi fa male, preferisco continuarmi a nascondere dietro la maschera dell'indifferenza che però cade ogni qualvolta mi trovo sola.
Porto alle labbra la forchetta. Stasera c'è il pollo, e per quanto il mio animo non abbia affatto voglia di vivere, il mio stomaco e il mio fisico hanno cambiato idea.
Sono passati quasi quattro mesi qui dentro, sono successe cose che mai avrei immaginato potessero accadermi, e ancora non mi capacito di come io sia riuscita a sopravvivere.
Sto male, sto davvero male, ma non è necessario che gli altri lo sappiano.
"Ti va di uscire stasera?" Mi domanda Davina che, in tutto quest'inferno, ha iniziato una relazione con Dylan.
All'inizio mi sono arrabbiata molto e non le ho rivolto la parola per giorni, ma poi ho capito che io non sono nessuno, assolutamente nessuno per poter comportarmi così con lei.
Karl mi ha tradita nel peggior modo in cui una donna possa essere tradita, mi ha ingannata. Ma questo non vuol dire che anche Dylan farà lo stesso con la mia migliore amica.
"Non lo so. Non ho molta voglia di uscire", sospiro poggiando le posate sul tovagliolo bianco. "Non hai più voglia di uscire", precisa guardandomi male, "ma io credo che possa farti solo che bene dal momento che comunque Karl continua a pedinarti anche qui". "Non urlare", sbuffo. "E comunque ho intenzione di chiudermi in stanza. Non corro alcun pericolo di incontrarlo". "Corri il pericolo di restare single a vita se non vuoi riprenderti da questa batosta. E' stato uno stronzo, ma non tutti gli uomini fanno schifo", bisbiglia. "E se posso aggiungere una mia opinione personale, credo che lui sia davvero pentito. Non ha portato a termine quello che...avrebbe voluto fare". "Non lo giustificare. Questo non mi fa sentire meglio", mi alzo. Succede sempre questo ogni volta che Davina si spinge oltre.
Karl è un capitolo chiuso della mia vita, un capitolo che non avrei mai voluto vivere.

"Spiegami per quale assurdo motivo mi sono lasciata convincere?" Sbatto il piede a terra, la guardo male e vorrei tirarle i capelli per il modo assurdo in cui mi ha fatta vestire. Sono passati mesi dall'ultima volta che ho indossato un vestito. Già, lo ricordo ancora.
"Perchè mi vuoi bene e ogni tanto voglio passare una serata con te".
"Mh, ti sei salvata. Dylan era impegnato?"
"E' andato ad...ad un esibizione di un alunno di Karl".
"Ah, capisco", sposto lo sguardo verso il bancone degli alcolici. Il solo sentirlo nominare mi da la nausea. "Dovevo andarci anch'io, ma...", la interrompo. "E allora perchè non ci sei andata? Non eri obbligata a portarmi in giro come una ragazzina".
"Non fare la stronza con me", corruccia lo sguardo. Davina ha tanta pazienza con me, e so, di non meritare sempre il suo appoggio. "Te l'ho appena spiegato il motivo. Karl è un suo amico, tu sei una mia amica e stasera volevo stare con te. Tutto qua", scrolla le spalle.
"Scusami", sussurro. "Sai che divento un'altra quando si parla di lui". "Lo so", accenna un sorriso. "Vorrei dirti che passerà, ma sarebbe una stupidaggine. La verità è che tu non gli hai dato modo di spiegarti tutto, resterai sempre con l'amaro in bocca". "Io so tutto", sbotto. "Conosco tutta la storia, solo che penso non esistano giustificazioni a riguardo. Voleva usarmi per i suoi sporchi comodi. Mi ha fatto credere di essere un maledetto colpo di fulmine per lui quando la realtà era ben diversa". "Sei stata un colpo di fulmine per lui, lo sai". "Non dire stronzate Davina, e cambiamo argomento". "Come vuoi", sbuffa alzando gli occhi al cielo. "Ma stasera si balla, sono sicura che tu lo sappia ancora fare", mi sfida. "Ballavo il tango, non questo schifo", preciso guardandomi intorno. Le discoteche non sono mai state il mio forte. "Non essere noiosa, due o tre bicchierini e tutto ti sembrerà più divertente". "Non posso ubriacarmi. La terapia", le ricordo."Non ho mica detto questo", mi guarda con rimprovero. "Hai solo bisogno di scioglierti un pò", aggiunge accennando un sorriso. "Vedrai, sarà una bella serata".
Odio questa canzone, è davvero brutta, eppure non riesco a star ferma. Ad occhi chiusi muovo i fianchi. So di essere circondata da qualche ragazzo al quale non darò minima attenzione. Continuo a ballare, a fingere di non vivere la mia vita, immaginandone una migliore. Ma cos'è il meglio? Cosa ci aspettiamo davvero? Davina è uscita fuori per rispondere ad una chiamata del suo fidanzato, non so quanto tempo è passato ma non m'importa. Mi sento libera, leggera, viva, e per un attimo ho la sensazione che quel peso che porto sul petto da tempo non ci sia più. Ma è solo un illusione, una stupida illusione.
Poi apro gli occhi, ed è come se tutto il mondo attorno a me si fosse fermato.
I suoi occhi sono arrabbiati, infastiditi o chissà cosa.
E' poggiato ad un palo, con un bicchiere che stringe forte fra le mani. "Tesoro, perchè ti sei fermata?" Alzo lo sguardo e solo ora mi rendo conto con chi stavo ballando. "Levati dalle palle", faccio per sorpassarlo ma mi afferra per il polso. "Cazzo, ma mangi?" Scoppia a ridere. Mia nipote ha le braccia...", il mio pugno si scontra sul suo naso prima che possa sparare altre cazzate. Credo che stia per restituirmi il favore quando un'altra mano afferra la sua girandola in un modo del tutto innaturale, e doloroso. "Se non vuoi che continui, ti conviene sparire dalla mia vista". Fisso la scena ad occhi sgranati, ma sollevata del fatto che quel tipo non se lo sia fatto ripetere due volte. "Potevo cavarmela anche da sola", torno in me pronta a dileguarmi fra la folla, ma Karl è sempre stato più rapido e forte di me. "Non ho dubbi. Comunque prego", ammicca un sorriso, e mi chiedo con quale faccia continui ancora a perseguitarmi. Sono stata fin troppo chiara quella sera. "Non ti ringrazierò. Hai visto Davina?" Incrocio le braccia al petto come a volermi proteggere. Perchè si, sento di doverlo fare con lui. Mi ha distrutta e sono ancora a pezzi.
"Mi stai davvero rivolgendo la parola?"
"Vabbè ciao", lo sorpasso ma lui mi segue e nel giro di qualche minuto ci ritroviamo fuori da questo locale. "Balli bene, anche se non è stato molto piacevole osservarti in quelle condizioni", mi volto e lo fulmino con lo sguardo. "Immagina quanto può importarmi la tua opinione".
"Non hai perso il tuo temperamento. Comunque Davina e Dylan staranno scopando da qualche parte", la sua affermazione mi fa arrossire. Karl è sempre stato molto schietto, ma sentirlo parlare in certi termini mi imbarazza. Dovrei scappare e non sentire neppure la sua voce, ma dopo quei due famosi bicchierini, non sono perfettamente in grado di fare ciò che è giusto. "Fantastico", presso le labbra fra loro appuntandomi mentalmente di dover ammazzare la mia compagna di stanza. "Hai bisogno di un passaggio?" Azzarda. "No, grazie", non lo guardo neppure andandomi a sedere su una panchina. I tacchi sono il male, non c'è altro modo per descrivere il dolore che infliggono ad ogni donna. "C'è vento e non sai quando tornerà la tua amica".
"Siamo a fine luglio, non morirò per ipotermia", sbuffo ma forse lui mi conosce troppo bene. Ha saputo scavare fin troppo bene in me, tanto da sapere che avrei freddo anche in pieno agosto. "Fai un pò quello che ti pare", sbotta afferrando un pacco di sigarette dai suoi jeans.
"Da quando fumi?" Mi acciglio. "Te ne frega?"
"Figurati", scrollo le spalle tornando a fissare le mie scarpe. "Già", sbuffa una risata. "Ormai a te non frega di nulla e di nessuno". "E quindi? Devo forse rendere conto a qualcuno delle mie scelte?"
Sto per incazzarmi e quel pò di alcool aiuta tanto, forse troppo. "Non è sempre tutto bianco o nero".
"Ascoltami, per queste cazzate mi basta tuo padre".
"Sei solo stronza", si avvicina e io sto per scattare. "Mi accusi di averti presa in giro per tutto il tempo, di essere stato falso, ma non mi hai dato una sola occasione per poterti spiegare quello che ho provato. Forse sei tu quella che non ha mai creduto in noi". Mi alzo afferrandolo per il bavero della camicia che indossa.
"Sarò anche una stronza, ma almeno io.....non ho mai pensato di tradire la fiducia di una persona che mi stava dando tutta se stessa. Quindi...no stai zitto", stringo la presa quando prova a parlare, "quindi non osare parlare di noi, di quello che provavi perchè era tutta una bugia. Sei stato bravo, ci ho creduto davvero, ma ora devi definitivamente uscire dalla mia vita", non so perchè, ma durante quest'ultima frase non sono riuscita a guardarlo negli occhi.
"Pensi davvero questo?" Ora le sue mani afferrano me. "Davvero vuoi questo?"
"L'hai voluto tu", ho così tanta rabbia dentro che potrei sentirmi male. "No, io non volevo questo".
"Levati. Non ti devi avvicinare", mi sposto quando poggia la fronte sulla mia. "Io...so di essere stato un bastardo. Lo sono stato per la maggior parte della mia vita, ma quando ti ho conosciuta..". "Smettila di sparare cazzate", scuoto il capo come se così potessi allontanare tutto il male che mi ha fatto. "E' la verità, Kendra", afferra il mio viso a coppa fra le sue mani. "Avevo bisogno di soldi e non potevo chiederli alla mia famiglia. Mi serviva qualcuna da abbindolare per pagare i miei debiti e poi tutto sarebbe finito. Non avevo previsto gli effetti collaterali, non avevo previsto te", urla. "Perchè io, eh?"
Lo spingo dal petto, lui barcolla, ma le sue mani non smettono di cercarmi.
"Non te lo so dire", sbuffa una risata. "So solo che quando quella sera sono venuto al centro per sceglierne una e ti ho visto, ho dimenticato il motivo per cui ero lì".

Angolo autrice.
Una sola domanda: vi aspettavate questo?
Un abbraccio, alla prossima XX.

365Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora