Capitolo 25

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"Non m'incanti", faccio di tutto pur di non guardarlo negli occhi. Per quanto odi questo ragazzo, la sua vicinanza non mi è ancora del tutto indifferente. "Forse quello era il mio scopo. Incantare qualcuno e ottenere qualcosa, ma non dopo quel giorno in cui mi hai sentito suonare per la prima volta", il suo viso si rabbuia. Sembra quasi offeso dal mio atteggiamento. "Forse sarebbe stato meglio se al tuo posto ci sarebbe stata un'altra. Sarebbe stato più semplice, ed io ora....ora non mi sentirei così inutile, bastardo e Dio solo sa cosa. Odio il modo in cui mi fa sentire, perchè non mi è mai successo e mai avrei pensato accadesse", ancora una volta afferra il mio viso. "So che non crederai mai alle mie parole, ma guardami negli occhi. Solo tu lo hai fatto per davvero, cazzo", sussulto, ma non per paura.
Mi sento strana nell'esatto momento in cui, al di fuori da ogni controllo, lo guardo negli occhi. Mi sembra di essere tornata indietro, a quel giorno sulla spiaggia dove per la prima volta mi sono sentita bene, me stessa, solo grazie a lui. Ricordo i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi abbracci che sembrava non volessero finire mai. "Non...non riesco a...", distolgo lo sguardo. Non posso cedere, non posso. "E io non riesco a fare a meno di te", poi mi bacia e non ho il tempo, ne la forza di reagire, di allontanarlo. Mi aggrappo a lui, le gambe mi tremano ma non sono l'unica. Il sapore delle sue labbra è la cosa che più mi è mancata, ma anche quello che più mi spaventa. Le sue mani scendono sulla mia schiena e solo allora mi riprendo dall'ennesimo errore fatto. "Ma che..", si tocca la guancia che ho appena colpito con un sonoro schiaffo. "Non ti azzardare mai più", urlo e in risposta lui sorride. "Che cazzo hai da ridere?" Arretro di un passo, i suoi occhi brillano e dovrebbe darmi fastidio. Vorrei davvero essere capace di odiarlo. "Nulla, ti trovo solo molto sexy in questo momento", scrolla le spalle. "Vai a farti fottere", mi volto pronta ad andare via anche a piedi se necessario, ma per una volta la fortuna o sfortuna è dalla mia parte. "Ah, finalmente", afferro Davina per il braccio mentre ancora era aggrappata a Dylan. "Aspetta Kendra", pianta i piedi a terra. "Fammi almeno salutare il mio fidanzato". "La ragazza è abbastanza frettolosa", fulmino Karl che non ha alcun diritto di rivolgermi la parola. Quel bacio non ha nessuna valenza, e potrei tirargli altri mille schiaffi se non la smette di sorridere. "Ok, sbrigati per favore", la supplico con lo sguardo spostandomi di qualche metro. Guardare loro due sbaciucchiarsi è l'ultima cosa di cui ho bisogno. "Kendra", mi raggiunge e dal suo tono non prevedo nulla di buono. "Per te va bene se ti accompagnamo al centro con l'auto di Karl? Vorrei restare a dormire da Dylan". "Ma non hai il permesso". "Tranquilla, tornerò prima di colazione. Per favore, non sarete soli in auto. Poi Karl ci accompagnerà a casa di Dylan", congiunge le mani a mò di preghiera. "Va bene", sbuffo. Davina ha fatto tanto per me, è stata l'unica. Questo è il minimo che io possa fare per lei.

Mi impongo di non cadere nelle provocazioni del bastardo che, ora, sorride soddisfatto come se avesse vinto alla lotteria. E preferisco non pensare a come stia gestendo i problemi che l'hanno condotto a prendersi gioco di me.
Occhi fissi sulla strada, mano già pronta ad aprire la portiera non appena questa maledetta auto si fermerà. Mancano pochi metri, davvero pochi quando qualcosa va storto e io vorrei solo urlare e prendere a pugni chiunque. "Merda", impreca Karl scendendo dall'auto. "Non dirmi che l'ha fatto di nuovo", sbuffa Dylan raggiungendolo. "Ok, io vado a piedi". "Aspetta", urla Davina. "Dobbiamo capire come raggiungere casa di Dylan". "E no tesoro, mi sa che non ci riusciamo", replica Dylan dandomi il colpo di grazie, ma non è finita qui. "Mi sa che dovete ospitarci, dolce donzelle", interviene Karl fissandomi negli occhi.
Tiro dritto curandomi di non aspettare nessuno di loro. E' assurdo, e vorrei tanto maledirmi per aver accettato di uscire questa sera.
Nei corridoi tutto tace, ed è troppo breve il tempo che ci impieghiamo per raggiungere la nostra stanza. "Però, carina", commenta Dylan sfilandosi le scarpe e gettandole alla rinfusa sul pavimento. Stringo le mani in due pugni, preferirei dormire sotto un ponte stanotte che dover condividere l'aria con Karl che sembra fin troppo a suo agio. Fissa il letto sul quale per troppe notti ci siamo abbracciati, poi mi guarda e non faccio in tempo a distogliere lo sguardo. Tutto questo è folle.
"Allora....come vogliamo organizzarci?"
Chiede Davina. La guardo nella speranza che stia scherzano. "Io voglio dormire con te", sussurra Dylan. Ok, voglio morire. "C'è un solo letto, gli uomini a terra", intervengo prima che qualcun altro posso sparare qualche altra cazzata. "Per me non è un problema dormire a terra". "Davina", urlo. E' impazzita, non credo ci sia altra spiegazione. "Effettivamente da giorni ho mal di schiena. Grazie Davina", interviene Karl gettandosi di peso sul letto, precisamente sul mio lato. "Quello è il mio posto", sbotto. Potrei davvero avere una crisi di nervi mentre vedo la mia amica e il suo ragazzo organizzare coperte e cuscini sul fondo della stanza. "Come preferisci, principessa", ammicca spostandosi di un pò. Restando troppo al centro affinchè io possa stendermi su quel maledetto letto e non toccarci. Lo guardo male, poi afferro le mie cose e mi chiudo in bagno.
Fisso la mia figura allo specchio pensando a come sia cambiato il mio rapporto con questa stanza. Il bagno era il mio rifugio, lo è anche adesso, ma in modo diverso e questa cosa mi fa quasi sorridere.
Dormirò qui, non voglio dargliela vinta.
E' la mia stanza, il mio letto e dopo domani le nostre strade continueranno ad essere divise. Solo una notte, solo una.
Torno in stanza, cercando di non soffermarmi troppo su Dylan e Davina che sembra abbiano dimenticato di non essere soli.
"Oh, menomale. Iniziavo a sentirmi di troppo", Karl mi accoglie con il suo solito sorriso furbo mentre scosto le coperte per infilarmici sotto.
"Puoi spostarti? Non riesco ad entrare", sospiro. Sarà una lunga nottata. "Prego", lo fa ma di qualche millimetro. Sbuffo, ma sembra che a lui importi ben poco. Mi stendo dandogli le spalle. "Hai freddo?" Alzo gli occhi al cielo. "Ho sonno, taci". "Mi piacevi di più quando eri dolce con me", sussurra al mio orecchio. "Sto per tirarti una di quelle gomitate che non ti farà respirare per minuti. Allontanati". "Lo meriterei", continua, "ma non mi arrendo". "Perdi il tuo tempo. Non so cosa tu voglia ottenere, ma è inutile". "Voglio te", sussulto. "Continuerò fin quando non mi perdonerai". "Non s-sai quello che stai dicendo", balbetto. "Lo so benissimo", mi irrigidisco quando le sue braccia si stringono attorno alla mia vita. "Sei l'unica cosa bella in quest'inferno. Non voglio perderti", le sue labbra si posano sulla mia nuca. Rabbrividisco. "D-dovevi pensarci prima". "Lo so, dovevo....ma prima era diverso. Prima ero diverso". "Non penso tu sia cambiato", scuoto il capo. "Vorrà dire che te lo dimostrerò". "A parole sei sempre stato bravo", sospira quando prende ad accarezzare la mia pancia. "Diventerò bravo anche con i fatti", mi stringe e vorrei non provare quello che sto provando ora. "Dormi Karl", serro gli occhi. "Notte amore". Sospiro.
Sarà davvero difficile.

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