Capitolo 20

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Sembra passata una vita dall'ultima volta che ho preso un autubus. Temevo di morire schiacciata lì dentro, di cadere e fare la figura della scema. Una scema debole, troppo fragile per reggersi e non crear danni. Fisso quel foglio come se contenesse il più grande dei segreti. Non so se quello che sto per fare sia giusto o meno. In qualche modo sto varcando un limite che lui ha imposto. Non so come reagirà, ma prima che possa darmi una risposta mi ritrovo a fissare la sua porta. Karl vive in una piccola villetta dall'aspetto antico. Mi aspettavo tutt'altro. Mi aspettavo che vivesse in un attico, di quelli che urlano lusso da ogni loro millimetro. Questa cosa mi colpisce, ma in senso positivo. La sua auto è posteggiata lungo il viale, lui è qui e ho quasi paura che non sia solo. Sto per bussare quando lo porta si apre rivelando la sua figura che si scontra con la mia. Barcollo ma i suoi riflessi sono stati sempre fin troppo giusti per proteggermi. "Cazzo", impreca. Indossa una giacca a vento e una tuta grigia. E' strano non vederlo nel suo solito total black. "Scusami", mi affretto. La mia voce deve averlo colpito più del nostro incontro, e credo che solo allora si sia reso conto di chi ha colpito. "Kendra", i suoi occhi si sbarrano e non saprei dire se per la sorpresa o per altro. Sicuramente non si aspettava la mia visita. "Già", mormoro con un fil di voce. "Ma se stavi uscendo, vado". Mi sento in difficoltà con l'unica persona che era in grado di farmi dimenticare i motivi per cui lo ero per ogni cosa. Questa consapevolezza fa molto male. "No", la sua voce è ferma, controllata, ma non i suoi occhi. E' come se non fosse davvero sicuro di quello che sta vedendo. "Non vado di fretta", la porta è ancora aperta, "entra, ti preparo un caffè". Non dico nulla, semplicemente lo seguo con la paura di aver rovinato tutto, di non avere più al mio fianco il Karl che mi ha fatta sorridere di nuovo. Dopo troppo tempo.
"Come sei arrivata qui?" Cerco di non curiosare con lo sguardo soffermandomi sul divano sul quale lui ha preso posto. Non so che fare, ne come comportarmi. Me ne resto in piedi cercando di elaborare una risposta giusta quanto falsa. "E' importante per te saperlo?" Pessimo modo per depistarlo, ma con lui è davvero difficile indossare una maschera. E' come se l'avesse strappata dal mio viso fin dal primo giorno gettandola in fondo al mare. Impossibile da riprendere, impossibile da ritrovare. Sospira fissandosi le mani incrociate fra loro. Noto che sta evitando il contatto visivo, ma quando lo fa, quando finalmente alza lo sguardo su di me, mi sembra che tutto sia tornato al suo posto. "E' importante che tu ti sia data una mossa, principessina", scuote il capo, e solo allora trovo il coraggio di avvicinarmi un pò. "Diciamo che io ero in svantaggio. Tu sai sempre dove trovarmi, io no", mi piego sulle ginocchia ritrovandomi all'altezza del suo viso. "A volte non è solo una questione di luoghi", mi guarda come forse non ha mai fatto. "Possiamo stare ad un millimetro dall'altro e non capirci". "Scusami per quello che ho detto", abbasso lo sguardo. "Ti ho accusato ingiustamente. Non sono nessuno per dirti quelle cose e....sono stata davvero stronza", sento la sua mano afferrare il mio mento, l'altra afferrare il mio braccio aiutandomi ad alzarmi ma solo per farmi sedere sulle sue gambe. E' assurdo quanto tutto questo mi sia mancato, assurdo da togliere il fiato. Assurdo da far paura, troppa paura. "Sei stata stronza dalla prima volta che ti ho vista, quindi su questo siamo d'accordo", ammicca attirandomi a se sempre di più. "Hey", fingo di guardarlo male. Averlo vicino ora è troppo bello. Potrebbe davvero dire qualunque cosa. "Ma su quell'altra cosa non sono affatto d'accordo", con le dita sposta una ciocca di capelli dietro il mio orecchio. Il suo tocco mi ha sempre dato i brividi, mi ha fatta sentire di nuovo viva, desiderata, voluta. "Su cosa?" Siamo sempre più vicini e mai avrei pensato che lui volesse ancora esserlo. Nella vita ho incontrato solo chi si è arreso, non sono abituata alle cose belle e questo me le fa temere ed evitare come la peste. "Credi di non essere nessuno?" Schiudo le labbra quando le sue si poggiano sul mio mento per poi scendere sempre più in basso. "Io...", io non credo di riuscire a ragionare mentre i suoi baci lasciano scie di fuoco ovunque. "Nessuno è il modo più sbagliato per definirti", chiudo gli occhi e serro i pugni sulla sua giacca. Ho dimenticato come si parla, come si respira, come si vive senza di lui. "Karl", è l'unica cosa che riesco a dire prima che le sue labbra si impadroniscano delle mie senza alcuna pietà. Come un uomo che non mangia da anni, come un assetato in pieno deserto. Come Karl con Kendra.
Stringo i suoi capelli mentre affondo i denti nel suo labbro inferiore. Ringhia, mi stringe e mi ritrovo sotto di lui, stretta a lui senza più paure. Il resto mi sembra di troppo, questi vestiti mi sembrano di troppo, ma so che è presto. Lo sa anche lui e non sembra avere fretta. Ho la sensazione che per ora gli basti avermi ritrovata, che per ora gli basti quello che riesco a dargli. Che per ora va tutto bene, va davvero bene così. "Mi sei mancato", dico e sgrano gli occhi quando me ne rendo conto. Lui si blocca solo per potermi guardare negli occhi. "Cosa hai detto?" Riduce gli occhi a due fessure. Occhi che brillano troppo. "Nulla, non ho detto nulla", le mie guance rosse hanno vita propria ed è troppo tardi per mascherarle. "Nulla, eh?" Il suo sorriso arrogante mi infastidisce e piace al contempo. Con Karl è un casino continuo, ma un bel casino. Il più bello che abbia mai provato prima. "Nulla", mi viene da sorridere e le sue labbra cercano ancora le mie. "Sei particolarmente bugiarda oggi", mormora fra un morso e l'altro portandomi su di lui. Poggio la testa sul suo petto. Il battito del suo cuore mi tranquillizza a tal punto da considerarlo come il mio posto preferito. "Il fine giustifica i mezzi". Vorrei dirgli che so che anche lui mente e mi nasconde qualcosa, ma non oggi, non ora. Ci ha allontanati ed io voglio che lui, presto o tardi, si fidi di me a tal punto da raccontarmi tutto. So quanto possa essere difficile e credo che con me anche lui l'abbia capito. "No, oggi sei solo molto fortunata", le sue dita fra i miei capelli sono la cura migliore che possa ricevere dopo tutta l'ansia dei giorni passati. "Fortunata? E perchè sarei fortunata?" Alzo il capo ritrovando i suoi occhi nei miei. "Perchè mi sei mancata anche tu", nessuna traccia di divertimento. La cosa più seria che gli ho sentito dire da quando siamo entrati in questa casa.

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