Capitolo 22

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Un fastidioso odore di medicinali mi fa svegliare. Sbatto le palpebre riconoscendo l'ennesimo soffitto bianco. Sempre uguale, sempre la stessa storia. "Bentornata fra noi", la voce del dottor Morrison è carica di apprensione. Ricordo abbastanza bene quello che è successo. "Dov'è mio padre?"
Gracchio e la gola brucia come l'inferno. "Sono tutti fuori. Hanno fatto un macello e tu avevi bisogno di riposare tranquillamente". "Tutti?" Mi acciglio. Per una frazione di secondo ho pensato a mia madre ma sono costretta ad abbandonare questa stupida ipotesi quando Morrison si spiega meglio. "Tuo padre, i signori Hunt e il loro figliol prodigo. Non sapevo fosse il tuo fidanzato". "Che cosa?" Scatto a sedere. "Beh, sembrava parecchio preoccupato ed incazzato. Non credo che abbia questo atteggiamento con tutte le pazienti di questo posto". Chiudo gli occhi cercando di allontanare l'ansia per quello che potrebbe essere successo dopo il mio svenimento. "Comunque, parlando di cose serie, dobbiamo imparare a controllare gli attacchi di panico". "Non ho avuto un attacco di panico", lo guardo male. "Il medico sono io Kendra. Non offenderti, ma la diagnosi è esatta. Il dottor Hunt saprà darti delle spiegazioni più precise. Parte tutto da qui, infondo", con un dito tocca la mia tempia. Se possibile lo guardo ancora peggio. "Nulla che non sappia gestire da sola", sbuffo cercando di mettermi in piedi. "Dovresti riposare nella tua stanza e mangiare qualcosa. Ieri e anche oggi hai saltato la terapia". "Ieri ho mangiato, anche troppo", preciso."Questo non vuol dire che debba saltare la terapia. Stai avendo dei notevoli risultati. Non mandare tutto all'aria". "Non è quello che voglio. Domani riprenderò la terapia", sospiro. "Posso andare ora?"
Alzo gli occhi al cielo e lo vedo sorridere.
"Certo, anche se sono sicuro che vorrai rintanarti qui dentro quando vedrai quello che sta accadendo lì fuori".
L'aveva previsto.
Non appena apro la porta ben quattro paia d'occhi mi colpiscono come un fulmine a ciel sereno, eppure prima di questo attimo di imbarazzante silenzio tutti stavano urlando come pazzi. "Bambina mia, come stai?"
Mio padre è il primo a scattare nella mia direzione con tanto di lacrime agli occhi, eppure io sono ancora concentrata su uno sguardo in particolare, che non mi ha mollata per un sol secondo da quando ho lasciato lo studio del dottor Morrison.
"Bene, stai tranquillo", abbozzo un sorriso ma sono tesa come la corda di un violino e vorrei tanto sapere di cosa tutti stavano parlando. "Kendra", Anne affianca mio padre allontanandosi da Karl che la guarda male. "Dovresti andare nella tua stanza a riposare. Ti serviranno lì il pranzo". "Sto meglio, grazie". Vorrei correre da Karl ma tutte queste persone mi bloccano. Vorrei tornare a ieri e gettarmi di nuovo nel vuoto con lui. "Tesoro, la signora Hunt ha ragione. Dai, ti accompagno". "Me ne occupo io", la sua voce è come una scarica elettrica in tutto il corpo. "Non è il caso", interviene Dan con un sussurro che riesco a percepire ugualmente. "C'è qualcosa che mi sfugge", mio padre guarda Karl in cagnesco. Ricordo bene quanto era geloso di me quando ancora avevo un vita sociale attiva. "Tu chi saresti?"
"E' nostro figlio", interviene prontamente Anne affiancandolo. "Prende molto a cuore il lavoro dei suoi genitori ma ora stava andando via, vero Karl?" Lo guarda intimandolo di annuire ed obbedire ad un ordine che mi puzza troppo. Lui non dice nulla, mi guarda per un solo istante e poi va via davvero.

Sono rinchiusa in questa stanza da ore, e da solo una mio padre mi ha finalmente lasciata sola.
Vedere Karl andar via è stato strano. Non avrei mai immaginato di potermi sentire in questo modo per lui. Non volevo questo, eppure ora mi ritrovo con gli occhi gonfi per il primo coglione che mi ha illusa.
Sono incazzata, incazzata di non sapere la verità, incazzata perchè temo che dietro i silenzi di Karl e della sua famiglia ci sia altro. Qualcosa di troppo grosso.
So che Karl ha avuto un passato strano, molto sicuramente legato alla droga. Quello che non mi torna è il resto e i suoi continui atteggiamenti altalenanti. Del Karl dei primi tempi mi rimane solo qualche istante in cui sembra non essere rapito dai suoi demoni, e mi illudo che quello sia il vero lui, quello che vuole me e che in quale modo, a volte, riesce persino a convincermi di questo.
Ho voglia di evadere da questo posto con la stessa voglia che ho di restarci all'infinito, e prima che possa rendermene conto, sto lasciando la mia stanza per raggiungere il posto dove tutto è iniziato. Ma stavolta non c'è alcuna melodia ad accogliermi, non c'è Karl. Solo tanto silenzio. Mi siedo dove è solito sedersi lui, immaginandomi di essere sulle sue gambe cullata dai suoi abbracci e dal suo profumo.
Con le dita sfioro i tasti bianchi a caso, non ci capisco nulla, ma i miei piedi, seppur scoordinati si muovono anche mentre continuo a restare seduta. La danza mi manca da morire, ma non ho ancora abbastanza coraggio per tornare quella di un tempo. Kevin ne sarebbe deluso, so che lo è e so che è passato troppo tempo dall'ultima volta che gli ho fatto visita. E' straziante e ora sarebbe la cosa più sbagliata da fare.
Continuo a muovere le dita a caso quando la porta si apre di colpo ed io rischio un infarto fulminante.
"Abbiamo meno di due minuti per uscire di qui".
"Dylan", ho il cuore che mi batte a mille per lo spavento. "Che ci fai qui?".
"Karl ti sta aspettando nella mia auto. I suoi sono impegnati in una conferenza. Ha bisogno di parlarti. Andiamo". Guarda fuori, sembra molto agitato. "V- va bene", balbetto confusa. Lo seguo per i corridoi deserti e trattengo il respiro quando passo davanti gli uffici della signora Hunt. Pochi metri e riconosco l'auto di Dylan, la stessa con la quale mi è venuto a prendere per andare all'esibizione di Karl.
"O mio Dio", urlo non appena lo vedo sui sediolini posteriori ad attendermi. Dylan mette in moto, non so dove mi stiano portando ma sono troppo presa a fissare il volto tumefatto di Karl per pensare al resto. "Che diavolo ti è successo?"
"Nulla", si allontana quando tento di sfiorargli il viso. "Ho bisogno di parlarti", non mi guarda mentre me lo dice. Dylan resta in silenzio, la strada corre al nostro fianco e io ho di nuovo paura.

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