24- Silent Love.

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"All we had is gone now
Tell them I was happy
And my heart is broken
All my scars are open
Tell them what I hoped would be impossible"
-James Arthur, Impossible.

Traduzione:
"Tutto ciò che avevamo è andato perduto ora
Dì loro che ero felice
E il mio cuore è rotto
Tutte le mie ferite sono aperte
Dì loro cosa speravo fosse impossibile"

Amo questa canzone😍, in realtà tutto il testo è azzeccato per il capitolo.

Avete presente quando di fronte alla vera vita tutto perde importanza? Quando, assaggiato anche solo un effimero pezzo di dolore, tutto sembra non avere più valore? Un po' come quando si ripete così tante volte una parola che essa, poi, perde significato, tanto da sembrare separarsi dall'oggetto o dalla persona e diventare solo un inutile insieme di lettere.
Oppure quando si è davanti allo specchio e si fissa la propria immagine così tanto a lungo che ad un certo punto pare che l' anima di cui siamo fatti abbandoni il nostro corpo, e ci sembra di guardarci dall' esterno, e ridiamo di noi stessi per l' assurdità della situazione.
Ecco. Per coloro che la guerra l'avevano vissuta era così. O almeno per la maggior parte.
C'erano delle cose, però, che non potevano passare inosservate, cose che logoravano, torturavano, uccidevano davvero.
Potrebbe sembrare banale, sciocco, frivolo. Potrebbe sembrare niente, ma in realtà era un dolore atroce, assassino.
Amare in silenzio, con la paura costante di far capire, anche solo in minima parte, i propri sentimenti, per evitare di rovinare quella pace ancora traballante. Sentirsi morire dentro e sorridere fuori, fare finta di niente, guardarlo mentre è felice con un' altra e restare inerme.
Straziante. Questa è la parola giusta. Il suo era un amore vero, vivo, palpitante, che rischiava di sfuggire al suo meticoloso controllo.
Lo guardava, era bellissimo. E, soprattutto, era felice con lei.
Neville era felice con Hannah.
Era il tardo pomeriggio dello stesso giorno della missione del Trio d'oro, con Ginevra e George.
Lui l'afferrò per la vita e la baciò.
Luna si sfiorò le labbra con un dito, assaporando il vago ricordo delle labbra del giovane Grifondoro sulle sue, la sensazione di libertà, di calore, di amore che aveva provato in quell'attimo sfuggente. Quel ricordo, ormai, perdeva lucidità con il passare dei giorni: non si ricordava più ciò che stava succedendo in quel momento, né che espressione avesse lui, né come reagì lei. Sapeva solo che il contatto con le sue labbra era stato come assaporare per un attimo il sapore della vita, come se per un secondo lui le avesse dato l'aria. Nel momento in cui, però, Neville era corso nelle braccia di Hannah, era come se le avesse tolto l' ossigeno, come se l' avesse uccisa.
Lei li osservava sempre, li guardava amarsi e si faceva del male.
Non si erano mai accorti di lei.
Luna si nascose meglio dietro la colonna in pietra.
«Più tardi c'è una riunione Tassofrasso, ma possiamo vederci dopo, un po' prima di cena, va bene?» Disse Hannah, dolcemente.
Il moro annuí, si scambiarono un passionale bacio, poi la giallo-nero andò via.
Luna vide Neville allontanarsi, e uscí dal suo nascondiglio. I libri di storia della Magia cominciavano a pesare troppo per le sue braccia esili e, senza volerlo, uno di questi scivolò a terra prima che lei potesse impedirlo, sparpagliando tutti i fogli di appunti che c'erano dentro. La caduta del tomo provocò un rumore assordante che rimbombò per tutto il corridoio. Neville si girò di scatto, sorpreso dal rumore. Vide una figura piccola, esile, a terra, intenta a raccogliere fogli di pergamena. Avvicinandosi, riuscì a scorgere una cascata di ricci capelli biondo sporco e riconobbe la sua amica Luna.
«Hey, ciao Luna. Ti do una mano. » esclamò, aiutandola a raccogliere i suoi appunti. La ragazza trasalí, contando su tutte le sue forze per non piangere.
«Ciao, Neville» lo salutò, cercando di non far trasparire l'agitazione, utilizzando il suo solito tono pacato e sognatore, che l'aveva salvata dal crollare tante volte.
La Corvonero si alzò dal pavimento, cercando di allontanarsi il più possibile dalla persona di cui era follemente innamorata.
«Luna! Hey, dove vai?» le urlò dietro, rincorrendola. La bloccò per un polso e la pelle lattea della giovane sembrò bruciare al contatto con la sua mano.
Lei si girò lentamente.
"Perché mi stai evitando, Luna? Pensavo fossimo amici." Qualcosa parve incrinarsi nella maschera di tranquillità che la ragazza si era creata e questo, il moro, lo notò benissimo.
Le sopracciglia chiare si aggrottarono impercettibilmente, le guance assunsero un lieve colorito rosso, le labbra non resistettero alla forza di gravità, piegandosi all' ingiú e gli occhi da cielo limpido si trasformarono in nebbia offuscante.
«C'è qualcosa che non va? Sembri turbata...» sussurrò lui. Inaspettatamente, la bionda sottrasse bruscamente il braccio dalla sua stretta, lasciando il Grifondoro interdetto. Neanche il tempo di chiederle spiegazioni che lei era già scomparsa. La guardò allontanarsi, mentre lacrime avevano già cominciato a solcare il volto della giovane. Neville era buono, si, ma non ingenuo, soprattutto se si trattava di Luna, la sua Luna. Sapeva che c'era palesemente qualcosa che la faceva star male e decise con grande determinazione, tipica caratteristica della sua Casata, che avrebbe capito cosa le stesse succedendo e l'avrebbe aiutata. Ma non sapeva che la fonte di dolore della bionda era proprio lui, lui e nessun altro.
                                    ***
Hermione si sentiva sconvolta, non riusciva neanche a formulare un pensiero o una frase di senso compiuto. Arrivata al dormitorio con una Ginny super preoccupata, si accorse che avrebbe sicuramente svegliato Cheryl, con cui non aveva avuto modo di scambiare parola, e Parvati, se avesse fatto la doccia in camera.
«Ginny, vado da Harry, mi faccio prestare il Mantello e vado a farmi un bagno. Non aspettarmi sveglia.» avvisò l' amica.
«Fa' attenzione, Herm.» sussurrò, seria in volto.
Lei annuí, prese il Mantello dell'invisibilità e andò subito al bagno dei Prefetti. Ma, contro ogni sua aspettativa, il bagno era già occupato da un certo biondo platinato.
Cercò di fare dietro-front, pensando a quanto fosse disgustoso il sapore ferroso del sangue sulla lingua. Sangue non suo.
Maldestra, urtò contro la porta di legno scricchiolante e Draco la puntò con gli occhi, benché avesse il mantello. Lei lo guardò in volto, senza timore di essere vista. Lui era bello. La sua pelle chiara, i suoi capelli morbidi, le sue labbra carnose, i suoi occhi, i suoi occhi, di un colore poetico che aveva un suo perché, capace di ucciderti, ma di darti ossigeno al tempo stesso.
Il ragazzo fece per alzarsi dalla vasca ed Hermione capí che era nudo, così, prima che potesse succedere qualcosa di veramente imbarazzante, si tolse il Mantello ed esclamò:
«Oh, Godric, Malfoy copriti!» il ragazzo, all' istante, si abbassò nell'enorme vasca, poi si voltò verso di lei.
«Granger? Mi toruri anche all' una di notte?» Disse lui, ma il suo tono era semplicemente piatto, asettico. Dopo le vere torture, quasi era sollevato che fosse solo la Mezzosangue.
Lei scrollò le spalle, facendo qualche passo avanti, espondosi alla luce della Luna.
Il biondino aggrottò le sopracciglia.
«Perché sei ricoperta di sangue? Hai ucciso qualcuno e ne hai seppellito il corpo? Ti prego, dimmi almeno che era un babbano o un Sanguesporco.» Hermione era stanca quanto lui, nessuno dei due aveva la forza e la voglia di attaccare l' altro.
Scosse la testa.
«Dovrei fare un bagno." Rispose solo, alludendo al sangue che ricopriva interamente i suoi vestiti, il viso e i capelli.
Stranamente, il ragazzo non replicò. Chiuse il rubinetto e la mora si voltò, aspettando che uscisse e si coprisse.
Quando sentí che si stava allacciando la cintura, decise di voltarsi e si avvicinò all' acqua, che stava finendo di scendere. Era rossa.
Si voltò verso il biondo.
«Malfoy, perché c'è del sangue qui?» chiese.
«Non sono affari tuoi. Sarà meglio che ti togli di dosso quello schifo, altrimenti inizierà a seccarsi.»
Questo non era decisamente da Draco Malfoy. Consigliarle di fare qualcosa per suo vantaggio. Per vantaggio di lei. La ragazza della Casata rosso-oro appoggiò la vestaglia che avrebbe indossato in seguito su uno sgabello basso e si tolse le scarpe. Lui uscì dal bagno ed Hermione si immerse nell' acqua calda, ma non ci restò molto: era davvero esausta. Il giorno dopo pensò di saltare le lezioni, avrebbe detto alla Preside di avere un po' di febbre. Sicuramente non avrebbe avuto da obiettare, tutti conosciamo la dedizione allo studio della riccia e alla McGonall non sarebbe dispiaciuto giustificarla per un giorno. Quando uscì dalla grande vasca si avvolse il corpo con un asciugamano e indossò la leggera  camicia da notte in seta candida. Il jeans e il maglione erano entrambi incrostati di sangue, praticamente inutilizzabili, così li trasfugurò in un paio di ciabatte e in un fermaglio rosso, che le permise di sostare i capelli davanti il volto. Mise le ciabatte al piede e uscì dal bagno.
Per non pensare a ciò che aveva vissuto utilizzando la Giratempo, prese a rimuginare sulla persona che le aveva somministrato del sonnifero. Di solito la pozione del sonno stregato era liquida, perciò doveva essere stata versata nel suo calice o nella zuppa che aveva mangiato quella sera. Qualcuno voleva che lei, proprio lei, quella notte non completasse la Ronda.
Pensò a quella sera, a cena. Come sempre era seduta tra Harry e Ron, Ginny accanto ad Harry, mentre accanto a Ron era seduto Neville. Di fronte a lei c'era Seamus, mentre di fronte ai suoi migliori amici c'erano rispettivamente Parvati e Dean. Ma non dubitava di loro, nessuno dei suoi compagni avrebbe fatto una cosa del genere.
Eppure doveva essere stato qualcuno che aveva messo mano al suo piatto o al suo calice dopo che lei aveva versato la zuppa e il succo di zucca, dopo che tutte le porzioni erano state poste in tavola.
Ma era certa che nessuno dei suoi amici aveva toccato le sue cose.
Sovreppensiero, Hermione non si accorse del biondino che era appoggiato vicino il colonnato, che osservava pensieroso il cielo.
Aveva le spalle incurvate ed evitava di appoggiarsi alla colonna in marmo. I suoi occhi glaciali saettarono sulla figura minuta e aggraziata di Hermione, con la camicia da notte bianca, le pantofole al piede, i capelli bagnati che non sembravano darle affatto fastidio, lo sguardo disattento e l'espressione assorta.
Draco la osservò mentre camminava lentamente, silenziosa, leggera.
In quel momento, per un attimo, mentre non aveva addosso la divisa o quell' estrinsecazione sul volto da so-tutto-io. Non Hermione Grenger, la strega più brillante della sua età, l'eroina, la salvatrice del mondo magico.
Non la studentessa modello che alzava sempre la mano in classe.
Non la Mezzosangue.
Solo Hermione. Solo una ragazza come le altre, con un amore sconfinato per i libri e il sorriso sulle labbra anche quando avrebbe voluto solo piangere e urlare. Hermione con i suoi modi di fare, con la lingua troppo lunga e lo sguardo consapevole, di chi aveva visto già il male del mondo troppo presto e ormai non facesse male più nulla.
E in quell'attimo non rifletté: non pensò alle conseguenze, né a come si sarebbe odiato, in seguito. In quell'attimo lui era solo Draco.
«Hermione Grenger.» La chiamò.
La bella ragazza dai capelli color del miele si bloccò nel bel mezzo del corridoio.
Sentí tremarle tutto dentro, sentí il cuore accellerare, quasi a volerle uscire dal petto. Sentí miliardi di brividi attraversarle la spina dorsale, si sentí per un attimo completa, piena, come se non avesse più bisogno di nulla al mondo, come se dopo ciò potesse benissimo morire.
Lui l'aveva chiamata Hermione. Anche se poi aveva aggiunto il suo cognome. La ragazza si voltò verso di lui con sguardo tranquillo, come se non avesse mai provato tutte quelle sensazioni.
Il ragazzo si pentí da subito di quello che aveva fatto. Ma come gli era venuto in mente? Perché l'aveva fermata? Poteva benissimo ignorarla, giovare dal fatto che lei non l'avesse notato.
«Se vuoi chiamarmi per nome, almeno fallo bene. Hermione Jean Grenger, è il mio nome completo.» Disse la giovane dagli occhi caramello, con benevola ironia, mentre faceva qualche passo verso il giovane, in attesa che le dicesse qualcosa per motivare il 'richiamo'.
«Non ci poteva essere nome più babbano di Jean.» Affermò il giovane, stranamente senza malizia.
«Come non ci poteva essere nome più Purosangue di Draco. Se non sbaglio è lo stesso di una costellazione, o di una stella, so che è una tradizione della famiglia Black chiamarsi come gli astri.» Gli rispose con voce atona.
«Non sbagli.»
Draco la guardò negli occhi. Erano marroni, si, forse, oppure no. Sembravano più tendenti all'oro, oro fuso, vecchio, prezioso. Oppure al caramello, caldo, dolce.
"Cosa c'è?" Lei lo osservò, parlando quasi in un sussurro.
"Emh... Vai nel tuo dormitorio, non so perché ti ho chiamata." Il ragazzo si passò una mano tra i capelli biondi e fluenti, oramai privi di gel.
"Malfoy, se c'è una cosa che so è che ti conosco, almeno un minimo. E tu non mi avresti mai chiamata senza un motivo, anche se questo, a quanto pare, ti sfugge." La voce di Hermione sembrava quasi calda. Non era distaccata, era come se stesse parlando con un conoscente.
Si avvicinò e appoggiò la sua spalla vicino la colonna, ponendosi difronte a lui, ma a distanza di sicurezza.
A malincuore dovette darle ragione, anche se non lo fece ad alta voce, lei lo intese.
Draco sentiva qualcosa spingere con forza, insistenza, impazienza. Aveva qualcosa dentro che voleva uscire a tutti i costi fuori, una domanda che si era posto all' infinito, ma che, per orgoglio, non aveva mai osato porgere alla diretta interessata.
"Sto per chiederti una cosa, Grenger. Sappi solo che dopo stanotte io ricomincerò a darti il tormento, sarà tutto come se niente fosse mai accaduto."Pronunciò lui freddamente, poi cominciò a camminare verso l'esterno e lei capì che implicitamente le stava chiedendo di seguirlo.
Quella notte Hermione decise di non dare ascolto al suo cervello, che le gridava di andare via di lì e subito.
Si diressero verso le riserve delle creature magiche. Oltrepassarono le praterie e si inoltrarono nel bosco, dove piccole fate li guardavano diffidenti.
Trovarono due alberi poco distanti tra loro e si sedettero sotto di essi, uno sotto il primo, l'altra contro il secondo.
«Come fai?» Due parole scivolarono dalla lingua di Draco prima che lui potesse accorgersene.
La riccia fece un' espressione confusa.
«A fare cosa?» chiese incrociando le braccia al petto. Il biondo la guardò negli occhi, cercando le parole esatte.
«Come fai a guardarmi in faccia dopo 7 anni a tormentarti? Come fai a parlarmi senza problemi dopo che ho messo in pericolo te e Hogwarts? Come fai solo a respirare la mia stessa aria dopo che sono stato a guardarti mentre mia zia ti torturava, mentre vedevo il tuo volto deformato dal dolore e sentivo le tue urla straziate?»
Draco era confuso, disperato, bisognoso di risposte. La guardava come se stesse cercando di risolvere un enigma.
Lei abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore, osservando le pute delle loro scarpe che quasi si sfioravano.
«Perché dopo aver vissuto la guerra, Draco, la guerra, dopo aver visto i miei compagni morire o morenti, dopo aver perso i miei genitori, quello che hai fatto tu, ormai, non mi fa più nessun effetto. Forse ti dispiacerà sapere che le tue parole e le tue azioni non mi fariscono più.» lui restò in silenzio.
Draco.
L' aveva chiamato Draco. Pensò che il suono del suo nome uscito dalle sue labbra, forse, era bello, forse gli piaceva, forse non lo rendeva più solo un inutile ammasso di lettere.
A lei era venuto così naturale chiamarlo con il suo nome, che si sorprese, e non poco.
«Ti ho mentito.» Confessò lui, catturando la completa attenzione della Grifondoro che stava cominciando ad avere freddo, tanto da sbattere i denti.
"Quando Bellatrix ti ha torturata... Non è vero che ho provato piacere. In realtà stavo urlando insieme a te, dentro di me. Sentivo come se stesse torturando anche me, Granger.»
Hermione si stupì molto delle parole del giovane Serpeverde, tanto che non rispose.
«Oh, Salazar, sono riuscito ad ammutolire Hermione Jean Granger.»
Scherzò lui. Inaspettatamente, lei scoppiò a ridere, e lui con lei.
Sembravano amici, sembravano uniti. Quando si resero conto di ciò che stava accadendo, un silenzio gelido investí i ragazzi.
Lei si alzò in piedi, siccome l' erba fredda stava diventando spiacevole. Con i capelli ancora bagnati dalla doccia e il freddo sicuramente avrebbe preso una bella febbre.
"Adesso ho io una domanda da farti: sei sparito tutto il giorno, sei andato a casa tua?" Draco sgranò gli occhi cristallini.
"A quanto pare hai notato la mia assenza." rispose lui "Si, ero a casa mia. E so che stai per chiedermi perché, ma non ti darò spiegazioni, ora credo sia meglio rientrare, stai gelando." Affermò in modo distaccato, alzandosi a fatica, cercando di non far trasparire alcun segno di dolore, ma la ragazza che aveva difronte era una brava osservatrice. Draco dovette appoggiarsi al tronco per il dolore estremo.
Senza pensarci due volte, Hermione si avvicinò, preoccupata.
"Stai bene?" chiese.
Lui annuí, con gli occhi chiusi.
"No. Tu non stai affatto bene, ti porto in infermeria, sub-" Il biondo le afferrò un braccio, ammutolendola.
"Non dirlo neanche per scherzo. Sto bene."
"Se non vuoi che ti porti in infermeria, allora posso aiutarti a ritornare dentro?" Scosse la testa.
La Grifona lo seguì mentre camminavano, ma notò che, quando il tessuto della camicia si tendeva sulla schiena, la sua espressione era deformata da un pizzico di dolore. Cosí, quando meno se lo aspettava, gli si parò davanti e lo colse di sorpresa, cingendogli il busto con le esili braccia. Non era un abbraccio, lei si era limitata a raggiungere la sua schiena con le mani. Lui si accorse troppo tardi delle manine che toccavano con frenesia la sua schiena ruvida, da cui, anche attraverso il tessuto della camicia, si potevano sentire chiaramente sotto i polpastrelli i segni di molteplici ferite.
Subito le mani grandi di Draco raggiunsero e avvolsero quelle di Hermione, per poi portarle in avanti e abbandonarle subito dopo. Con un'occhiata gelida, il biondo dagli occhi ghiacciati si allontanò dalla mora, confondendosi con il buio del corridoio colonnato di Hogwarts, sparendo nel freddo della notte e abbracciando il silenzio dei pensieri.

Angolo autrice.
Ehy gente, come va?
Mi dispiace di non aver aggiornato prima, ma questo doveva essere un capitolo importante.
Quindi scena Dramione boom ahahhahah.
Detto ciò fatemi sapere cosa ne pensate e, soprattutto, vorrei sapere se a qualcuno si è mai innamorato e, se si, se lo ha fatto in silenzio come Luna,
Baci,
-M 💕

Life.||DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora