1. Ti scatterò una foto

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Piper's pov
New York, Grand Central Terminal, 21 dicembre, ore 23:45
«no, no, no!» dopo essermi persa in questa immensa stazione di Manhattan, avendo girato a tondo per una buona mezz'ora, arrivo finalmente al binario indicato sul mio biglietto, con grande affanno e una mano all'altezza del cuore, proprio ad indicare lo sfinimento dovuto alla corsa che ho fatto, in questa gelida notte newyorkese.

Inoltre ho la mia immancabile Reflex Nikon appesa al collo che pesa un quintale e che mi ha rallentata ulteriormente.

Ovviamente, per mia sorpresa, e sfortunata come sono, non appena arrivo, il treno che avrei dovuto prendere e che mi avrebbe riportata in aeroporto, parte proprio sotto ai miei occhi.

«ma andiamo!» sbotto contrariata, ancora col fiatone e aggiustandomi la sciarpa al collo perché si era annodata alla mia Reflex durante la corsa «fermati, dannazione! Ho corso per mezz'ora, merito un po' di caldo e una comoda poltrona in questo treno!» lamento ancora, girandomi intorno agitatamente e cercando un modo per riuscire calmarmi.

Ma non ci riesco.

Mi sento così piccola e sola in questa immensa stazione, vedo persone che, nonostante l'orario e il giorno prefestivo, corrono da un binario all'altro per riuscire a prendere la coincidenza che li avrebbe riportati a casa oppure alla loro città d'origine, o magari in aeroporto, come la sottoscritta, ma io, purtroppo, non sono riuscita a prendere il mio treno perché mi sono persa.

Ormai il treno che avrei dovuto prendere sarà già lontano adesso, ma io resto ancora ferma, proprio vicino al mio binario, perché dopotutto sono a New York, come minimo i treni dovrebbero passare ogni quindici minuti qui.

O per lo meno è quello che spero.

«d'accordo, aspettiamo» sussurro infine sconsolata, dando un'altra occhiata al mio orologio e notando che è davvero molto tardi, quasi mezzanotte, ed io sono abbandonata a me stessa in questa grandissima città, senza conoscere nessuno.

Non farti prendere dal panico, Piper, guarda quante persone ci sono, non sei sola.

E, proprio per avallare la mia tesi e dimostrare che davvero ci sono tante persone, provo a girarmi alle mie spalle, ma non appena accenno tale movimento, qualcuno mi passa accanto come una furia e mi strappa dalla spalla la mia borsa con i miei documenti, i soldi e tutti i miei affetti personali.

È stato un attimo.

Mi rigiro nuovamente di scatto e vedo il ladro fare lo slalom in mezzo a tante persone, per poter uscire il prima possibile dalla stazione.

«HEY!» urlo infatti, iniziando a correre anche io «qualcuno fermi quell'uomo, mi ha rubato la borsa!» urlo ancora e la mia voce si sparge un po' ovunque all'interno di questa grande stazione grazie ad un'eco perfetta «HEY!»

Niente da fare, ci sono troppe persone che si guardando intorno confuse e spaesate, non notando nessuno perché il ladro si è dileguato in men che non si dica.

«cazzo!» impreco tra me e me «ho perso il treno e un ladro mi ha appena rubato la borsa, ottimo» dico ancora sarcasticamente, mentre estraggo il cellulare dalla tasca, fortunatamente non l'ho messo in borsa, per chiamare immediatamente la polizia e bloccare tutte le mie carte di credito.

Mentre sto facendo il numero della polizia, distrattamente alzo lo sguardo e noto qualcuno avvicinarsi sempre di più a me.

È una donna alta, capelli lunghi e neri come la pece che le scendono sinuosamente sulle sue spalle rette e sicure di sé; indossa, inoltre, un paio di occhiali con montatura doppia, nera e rettangolare, quasi da segretaria e addosso porta un lungo cappotto color cammello, chiuso fino a metà petto, sopra il quale s'intravede una sciarpa annodata al collo.

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