Capitolo 5

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Uscii da quel locale più confusa che mai. Mi sembrava così insolita una notizia del genere. Stefano fin da subito mi era rimasto amico e non mi aveva mai fatto capire che volesse andare oltre. Mi diceva che mi voleva bene come una sorella e che mi avrebbe aiutata sempre quando ne avessi avuto il bisogno,ma non mi aveva mai confessato del suo amore. Era troppo strano per me. Dovevo assolutamente vederlo. Con non molta difficoltà raggiunsi casa sua, che per fortuna non avevo dimenticato dove fosse. Arrivai di fronte la porta in legno e feci un enorme respiro. Presi coraggio e suonai il campanello. Sentivo l'ansia coinvolgermi completamente. Passó qualche secondo prima che lui mi aprisse la porta. Non appena mi vide spalancò gli occhi e non fece un passo.

-"Sorpresa!"- esclamai sorridendo. In qualche modo dovevo eliminare quel senso di ansia che mi stava assalendo.

-"Oddio Aurora sei tornata!!"- urlò poco dopo, facendosi sentire da tutto il condominio, per poi abbracciarmi forte. Mi strinse a sé in una maniera assurda mentre mi accarezzava dolcemente la schiena. Io cercai di essere il più calorosa possibile, ma dopo aver saputo della notizia, mi sembrava difficile. Era complicato aver a che fare con una persona che consideravo un fratello e che in qualche modo mi amava.

-"Mi sei mancata così tanto.."- mi sussurrò all'orecchio continuando ad abbracciarmi. Deglutii.

-"Si, Stefano. Mi siete mancati anche voi. Ho già incontrato Francesca prima, mi manca solo Riccardo"- lo informai staccandomi da lui.

-"Saputo della notizia?"- mi domandò curvando le sue labbra sottili in un sorriso.

-"Certo!"- risposi sapendo già che si riferisse alla scuola di stilista di Riccardo. Quanto mi mancava.

-"Ti va di entrare? Magari ci prendiamo un caffè"- mi invitó. Mi risultava strano entrare in casa sua in quel momento e avrei voluto tanto dire di no. Ma non potevo farlo: fin troppe volte ero rimasta a casa sua per stare insieme. Era davvero da maleducati andare via.

-"Va bene, grazie"- risposi. A quel punto mi ricordai di quello che mi aveva detto Francesca. Mi aveva chiesto fermamente di non illuderlo,e infatti, quella era una delle ultime cose che volevo fare. Quindi appena preso il caffè sarei andata via.
Si spostò per farmi passare ed io entrai. Avendo 24 anni viveva già da solo in una casetta piccola e umile. Nonostante questo era accogliente e calda ed adoravo il color pesca delle pareti. Mi sedetti a tavola mentre lui procedeva col fare il caffè in una macchinetta. In mente cominciavano a riaffiorarmi tutti i ricordi di quella casa: le serate tra amici, le cazzate fatte tutti insieme e le grosse e grasse mangiate fatte su quel piccolo tavolo di legno. Mi era mancato tutto ciò.

-"Allora come è andata lì? Ti sei trovata bene?"- mi domandò di punto in bianco riportandomi alla realtà.

-"Si, molto bene. Come sai mio zio mi ha aiutato con la lingua e accompagnato per tutti i miei studi"- risposi mentre lo guardavo di spalle. Aveva una felpa verdone militare e un paio di pantaloni neri. Non capivo come una persona che amasse vestirsi di scuro potesse avere una casa così colorata. Era sempre stato un ragazzo così stravagante e, forse, anche strano.

-"Conosciuto qualcuno?"- chiese dopo essersi seduto accanto a me. Mi porse il caffè e mi guardò dritto con i suoi occhi neri. Sapevo già con quella domanda dove volesse andare a parare.

-"No"- risposi tranquillamente. Qualcuno l'avevo conosciuto ma non dissi niente, sia perché era inutile parlargliene e sia perché non volevo che si facesse qualche tipo di illusione.

-"Capisco. Ti piace il caffè?"- disse spostandosi i capelli castani dalla fronte.

-"Sté, ma se bevo er caffè da quando so nata"- dissi scherzando. Lui rise e abbassò la testa.

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