Capitolo 19

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Altre giornate passarono e man mano peggioravano. Di Niccolò nessuna traccia e Francesca continuava a fulminarmi con lo sguardo ogni volta che aveva a che fare con me. Il nostro solito posto di ritrovo non ci fu più. Era come se la nostra amicizia avesse preso già una strada diversa. Una strada che nessuno di noi voleva che prendesse. Ogni tanto vedevo Riccardo raccontandogli quello che mi capitava durante le giornate e lui era sempre lì ad ascoltarmi. Stefano qualche volta mi mandava qualche messaggio e continuava ad essere completamente estraneo alla situazione con Francesca.

Quel pomeriggio me ne restai a casa intenta a disegnare. Mia madre non aveva ancora fatto il suo rientro dal lavoro ed io passavo il tempo a sentire la musica. Mentre riempivo di colore di grafite il mio disegno, decisi di ascoltare i due album di Niccolò. Con la sua voce nelle orecchie ed il suo volto disegnato davanti a me, passai il tempo. Stava venendo abbastanza bene e riuscivo a riconoscere i suoi bellissimi occhi anche attraverso un foglio bianco. Erano stati un po' complicati da riportare tale e quali ma ci ero riuscita. Alzai il foglio un attimo e, come mi era solito fare, mi misi in piedi per guardarlo da lontano. Se ci fosse stato qualche errore me ne sarei accorta solo così. Per fortuna non c'è ne erano e sospirai di sollievo. Rimisi le cuffie nelle orecchie e sentii tutte le canzoni fino all'ultima. Alcune di loro mi avevano quasi fatto piangere e cominciavo già ad amare quei testi. Sapevo che nel giro di poco tempo li avrei imparati quasi tutti a memoria. Aveva un voce così soave e calda che mi riempiva il cuore. Mi rilassavo e dimenticavo totalmente il mondo attorno a me. Dimenticai i miei problemi e le mie preoccupazioni e mi concentrai unicamente sulle sue parole e sulla sua voce divina. Dopo l'ultima canzone del secondo album, levai le cuffiette e mi alzai dalla scrivania. Il disegno era ancora incompleto, ma sapevo che mi sarebbero bastate circa altre due ore per terminarlo. L'avrei fatto il giorno seguente. Mi stiracchiai e mi diressi in cucina. L'orologio segnava le 18:03 del pomeriggio ed io cominciai ad avere un languorino. Aprii il frigorifero in cerca di qualcosa da mangiare. Davanti a me mi ritrovai diversi cibi ma nessuno di loro soddisfava le mie voglie. Lo chiusi sbuffando e poi aprii la dispensa. I miei occhi si illuminarono quando vidi un pacchetto di patatine, al gusto paprika, appollaiato sopra un barattolo di sane verdure. Senza indugiare oltre afferrai il pacchetto e lo aprii facendo attenzione a non far volar via nessuna patatina dal suo interno. Ne sgranocchiai un po' il contenuto mentre guardavo la televisione, quando il suono del campanello interruppe ciò che stavo facendo. Pensando che fosse mia madre, è che avesse dimenticato di aprire con le chiavi, aprii la porta senza neanche domandare chi fosse. Di fronte a me mi ritrovai un ragazzo sorridente che mi guardava.

-"Hey, Stefano"- lo salutai mentre ero distratta ad acchiappare una patatina dall'interno del sacchetto.

-"Ciao, Aurora. Vedo che sei impegnata"- disse ridacchiando un po'. Annuii e sorrisi.

-"Cosa ti porta qui?"- chiesi curiosa guardandolo.

-"Nulla di importante. Volevo solo assicurarmi che tu stessi bene e chiederti se volessi farti un giro con me"- raccontó un po' nervoso. Sorrisi debolmente e poi lo invitai ad entrare. Forse uscire mi avrebbe fatto solo bene e pensare ad altro. In quell'ultimo periodo non facevo altro che stare di pessimo umore.

-"Va bene, aspetta qui che finisco di prepararmi"- dissi dopo aver chiuso la porta. Come se fosse casa sua, si sedette sul divano e cambió canale alla tv. Avevo perso il conto per quante volte lui, e gli altri miei due amici, avevano messo piede in casa mia. Da sempre avevamo la bella abitudine di divertirci al chiuso e solitamente facevamo a turno per la disponibilità della casa.

-"Favorisci?"- domandai tenendo tra due dita il sacchetto di patatine, ormai a metà. Annuì ed io glielo lasciai per poi dirigermi nella mia stanza. Chiusi la porta a chiave ed ultimai il mio outfit. Al posto del pantalone della tuta indossai un jeans e lasciai la felpa rossa sopra. Ritoccai leggermente il trucco ed indossai un paio di scarpe da ginnastica. Dopo aver raccolto, i miei capelli neri, in una lunga coda di cavallo, uscii dalla stanza. Ormai Stefano aveva terminato le patatine e gettò il sacchetto vuoto nella spazzatura.

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