Capitolo 28

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E riecco la solita vecchia e noiosa routine. Solito lavoro, solite facce e solito tormento. Quei giorni di totale relax con Niccolò erano passati velocemente tanto da non accorgermene. Avevo passato le migliori ore della mia vita tra emozioni e passione. Nonostante mi trovassi in una situazione di travaglio, a causa della confusione e della mia forte attrazione verso Niccolò, ero riuscita a stare bene. Con lui era come se sapessi cosa volere ma il mio orgoglio cercava sempre di mettermi il bastone tra le ruote. Mi faceva continuamente credere di star sbagliando mentre il mio cuore chiedeva altro. Sorrisi come un ebete mentre pulivo distrattamente il bancone del bar. Ripensai al suo sguardo dispiaciuto dopo avermi lasciata sotto casa. Nonostante avesse indossato gli occhiali da sole notai il suo tormento. Cercai di celare dietro un sorriso la mia tristezza e la mia già immancabile nostalgia. Quando cominciai a provare quel senso di vuoto invadermi cercai di riempirlo con un suo abbraccio. Lo strinsi fortemente a me come se fosse l'ultima volta. La vuotezza si placó per quei pochi istanti, in cui le sue braccia mi avvolsero, ma tornò a farsi sentire quando esse mi lasciarono. Lanciai il panno sporco da qualche parte e sbuffai profondamente.

-"Nervosa questa mattina, eh?"- sbucó fuori Rosaria dopo aver servito un cliente.

-"Abbastanza"- sospirai. In quel momento sentii solo l'irrefrenabile voglia di raggiungere Niccolò. Il mio sguardo si perse tra la gente per un attimo.

-"Hey parlo con te!"- la bionda cercò di riportarmi alla realtà sventolandomi una mano davanti al volto. Scossi la testa e la guardai con un sopracciglio alzato.

-"Si scusami. Dicevi?"- dissi una volta essermi ripresa.

-"Dicevo che ti vedo nervosa e persa. Cosa è successo?"-

-"Voglio tornare a Milano"- ammisi sospirando rumorosamente. In quel momento nel bar non c'era quasi nessuno e ciò permise a me e Rosaria di mantenere quella conversazione stabile. Lei sorrise e scosse la testa leggermente.

-"Ci sei stata con lui, giusto?"- domandò come se già sapesse la risposta. Io la guardai nei suoi occhi azzurri come il cielo, ed annuii lentamente.

-"Ma fammi capire una cosa.. vuoi tornare a Milano o tornare da lui?"- continuó a chiedere. Scossi la testa velocemente e cominciai distrattamente a mettere in ordine delle tazzine per evitare qualche tipo di contatto visivo.

-"Non voglio parlarne"- sputai fuori freddamente. Non avevo alcuna voglia di ammettere qualche tipo di sentimento, a malapena riuscivo a farlo con me stessa. Ero ben consapevole della risposta a quella domanda e ciò mi spaventava tremendamente.

-"Dovresti smetterla"-

-"Smettere di fare cosa?"-

-"Di nascondere i tuoi sentimenti!"- commentó. A quella sua affermazione sentii un calore invadermi in pieno viso ed una tale rabbia crescere dentro di me.

-"Dovete smetterla di dire che nascondo i miei sentimenti! Io non ne provo di sentimenti, okay!?"- alzai la voce mentre agitavo pericolosamente una tazzina tra le mani. Ormai quella era un'accusa che le mie orecchie sentivano troppo spesso e credevo di aver perso seriamente la pazienza.

-"Va bene stai tranquilla. Cercherò di non parlarti oggi"- disse indifferente sfilandomi dalle mani quella piccola tazza di ceramica ,per evitare che cadesse per terra e andasse in frantumi. Tirai fuori un respiro e cercai di riprendere il mio lavoro. Come promesso Rosaria non mi rivolse più parola ed io lentamente cercai di calmarmi. Non riuscivo a capire cosa mi stesse capitando. Mi sentivo nervosa ed in continua lotta con me stessa. Odiavo sentirmi così. Passavo dall'essere felice all'essere nervosa. L'unica cosa che fui capace di notare fu quella che da quando avevo messo piede a Milano non mi ero innervosita neanche una volta. Mi era bastato tornare a Roma per recuperare tutte le crisi isteriche andate perdute. Sapevo che quel cambiamento di umore non fosse dovuto solo al trasferimento di città in città ,ma da altro. Odiavo sentirmi così vulnerabile a causa di qualcuno. Cercai di pensare il meno possibile al ragazzo che mi stava creando del caos dentro, e continuai a fare il mio lavoro.

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