7- La festa

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Quella sera c'era una festa. Come ogni Natale la sala comune della cittadina, che ospitava di solito le riunioni, il tribunale provvisorio e altri avvenimenti pubblici, veniva addobbata per l'occasione. Una piccola orchestra sistemata su una pedana in fondo provvedeva alla musica per il ballo e il comitato feste della città allestiva vari banchi per la distribuzione di bevande e dolciumi e per raccogliere denaro per l'organizzazione di ulteriori eventi. Nonostante i lampadari portacandele tirati a lucido, il vischio, i tessuti drappeggiati sui tavoli e i cuscini sparsi sulle panche per renderle più confortevoli, la stanza appariva tuttavia spoglia e se non fosse stato per la moltitudine di vesti colorate sfoggiate dalle signore, le mussole leggere che ondeggiavano sulle crinoline, i nastri sgargianti a impreziosire le acconciature, l'insieme sarebbe parso comunque squallido. Eppure tale era l'entusiasmo dei partecipanti da far sembrare le mancanze poco meno di dettagli insignificanti.

Anche se per i Becker quello era solo un pallido riflesso delle feste cui erano abituati a Boston, era pur sempre un'occasione di svago in quel posto sperduto. Marie si era preparata con grande attenzione indossando un abito da ballo che lasciava scoperte le spalle candide, il marito era in alta uniforme, con la redingote blu, i bottoni tirati a lucido e la sciarpa di seta gialla della cavalleria stretta in vita, e i ragazzi si erano strofinati e sciacquati con cura. Sabrina aveva impiegato tutto il pomeriggio insieme alla madre per lavarsi i capelli e asciugarli pazientemente, spazzolandoli davanti alle fiamme del camino.

Appena arrivati, i ragazzi si dispersero nella sala in compagnia dei loro coetanei mentre gli adulti si riunirono a chiacchierare, preparandosi per il ballo imminente.

Jonathan era deciso a rivedere Jennifer: voleva parlarle, fare colpo su di lei. Era il figlio di un capitano dell'esercito e a sua volta viveva al forte come un adulto: doveva rimanerne colpita per forza. Lasciando solo suo fratello, cominciò a bazzicare intorno alle ragazze che avevano fatto gruppo lanciando loro occhiate indifferenti, con le mani in tasca e un'aria spavalda. Jennifer era lì in mezzo e non sembrava averlo visto.

Com'erano cresciute in quei mesi! Le sue coetanee indossavano tutte lunghi vestiti da ballo e i capelli raccolti lasciavano libero il collo e le spalle scoperte. Il ragazzo fissava affascinato la pelle candida e la linea delle clavicole, faticando a ricordarsi com'erano pochi mesi prima infagottate in abiti infantili. La visione della loro fresca giovinezza appena rivelata lo faceva sentire strano, come se lo stomaco fosse stretto in una morsa. Intimorito da quel cambiamento non sapeva come avvicinarle senza sembrare uno sciocco e, prendendo esempio da un ragazzo più grande che aveva portato una bibita a una giovane donna lì vicino, decise di provarci. Andando verso il gruppo, le salutò con baldanza.

«Buonasera, ragazze, posso portarvi qualcosa da bere?»

Le giovinette smisero di chiacchierare tra loro e lo squadrarono. Jonathan sorrise, sentendosi un idiota, ma cercando di sembrare naturale.

«Che carino! Sei Jonathan, vero? È da un po' che non ti si vede in giro...» intervenne la più grande facendosi avanti, mentre le altre si nascondevano tra loro ridacchiando e scambiandosi commenti.

«Già... io e mio fratello stiamo al forte adesso... con l'esercito...» rispose cercando di darsi un tono. Sperava che la parola "esercito" potesse da sola suscitare l'effetto desiderato e, infatti, qualche ragazza sembrò colpita e sentì un'altra sussurrare all'amica "così giovane ed è già arruolato!", ma Jennifer continuava a non degnarlo di uno sguardo, anzi ebbe l'impressione che stesse deliberatamente guardando altrove.

«Va bene, giovane soldato, allora portaci un po' di limonata, poi magari puoi unirti a noi» disse la più grande, dandogli la sua benedizione.

Jonathan si sentì felice del suo inaspettato successo e si allontanò in direzione delle bibite, fantasticando sulla prossima mossa da fare, anche se aveva la spiacevole sensazione che la ragazza che gli interessava fosse l'unica che non era sembrata per nulla colpita da lui.

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