27- Processo

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Jonathan era chiuso in una cella buia e puzzolente da appena tre giorni e aveva perso tutta la sua baldanza. Passava la maggior parte del tempo steso sul pagliericcio che fungeva da letto e si chiedeva quanto a lungo avrebbe dovuto sopportare quell'isolamento, senza avere notizie di Robert e del suo destino. Era chiaro che si era cacciato in un grosso guaio sfidando apertamente quell'uomo... Il fratello aveva tentato più volte di metterlo in guardia dal lasciarsi andare a qualche atto tanto eroico quanto stupido, ma lui aveva agito di testa sua.

Chissà cos'era successo dopo, se Robert era rimasto in infermeria o se la sua ferita era solo superficiale, se il capitano aveva agito contro i compagni che l'incitavano o se aveva fatto finta di nulla. Le grida di incoraggiamento gli riempivano ancora le orecchie e si rendeva conto di essere partito all'attacco per suo fratello, ma di essere poi arrivato a stendere quel bastardo in nome di tutti loro. 

Come se fosse servito a qualcosa... Probabilmente aveva solo peggiorato la situazione. La sua di sicuro. Chissà cosa ne sarebbe stato di lui: di certo l'avrebbero cacciato dall'accademia e suo padre l'avrebbe ucciso.

Il pensiero del genitore lo tormentava giorno e notte. Se era stato capace di scrivergli parole tanto dure per non aver combinato niente di male, adesso cosa avrebbe potuto fargli? E se non l'avesse più voluto guardare in faccia?

Lacrime stizzose inzuppavano il pagliericcio ogni volta che arrivava a pensare al peggio, e il suo volto ormai era una maschera di angoscia e pallore a causa della scarsa alimentazione e della mancanza di luce in quella cella buia. Le ore del giorno erano identiche a quelle della notte e sentiva che rischiava di impazzire.

Il maggiore Turner camminava nervoso nel suo ufficio: doveva trovare il modo di risolvere quella situazione spinosa

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Il maggiore Turner camminava nervoso nel suo ufficio: doveva trovare il modo di risolvere quella situazione spinosa. Non voleva che il ragazzo lasciasse l'accademia. Il capitano Becker era un amico di vecchia data e i suoi figli erano tra i migliori del corso, prima dell'arrivo di Campbell.

Quell'uomo era un sadico, non andava bene come comandante di compagnia e l'avevano cacciato da Fort Scott, ma non andava bene neppure come insegnante, maledizione: stava distruggendo i suoi ragazzi e screditando sistematicamente tutti gli altri ufficiali assegnati all'addestramento.

Era una spina nel fianco e doveva trovare il modo di allontanarlo da lì, ma con discrezione. Non poteva farlo destituire, non ora che uno sciocco ragazzo aveva osato tenergli testa e metterlo al tappeto: sarebbe parso di darla vinta a un cadetto. No, era necessario che sembrasse una promozione. Nessuno doveva pensare che un allievo avesse il potere di far cacciare un ufficiale di ruolo, non nell'esercito: lì la storia di Davide e Golia non andava bene. Era una questione di gerarchia e politica.

Sentiva di avere gli altri ufficiali dalla sua. Avevano ascoltato tutti il rapporto di Campbell con una sorta di sospetto misto a divertimento. Addirittura il comandante della caserma era parso perplesso e lui non si occupava dell'addestramento dei cadetti. Quell'uomo non piaceva a nessuno, tuttavia era pur sempre un capitano: bisognava andarci cauti.

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