46- Timori

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Era passata una settimana dalla visita dell'associazione di Mound City e Robert sembrava averci messo una pietra sopra. Non avevano più parlato della sua leggera cotta e il ragazzo era tornato serio e concentrato sui suoi compiti, come se nessuna signorina Adams avesse mai turbato i suoi pensieri.

Sabrina era uscita dalla cella, ancora più smilza e sporca di quanto ricordavano, e ancora più arrabbiata per il trattamento subito. Ma nonostante il livore che aveva riservato ai fratelli per lo scarso aiuto che erano stati in grado di darle, sembrava soddisfatta: gli altri uomini avevano preso a trattarla con maggior rispetto. Forse essersi fatta coinvolgere in una rissa con quei due prepotenti non era stata poi un'idea così malvagia.

Anche i suoi fratelli se ne erano resi conto: la ragazza passava molto più tempo in compagnia dei suoi commilitoni, scherzando, leggendo giornali di seconda mano e discutendo di guerra come se fosse una di loro e quegli uomini parevano accogliere quel ragazzetto con benevolenza, prendendolo in giro affettuosamente per la sua voce bianca e lo scarso vigore dei suoi colpi con la sciabola, ma ammirandone lo spirito e le doti di cavallerizzo.

«L'hai vista? Sembra un vecchio soldataccio» aveva sussurrato ridendo Jonathan dopo averla sorpresa a giocare a carte con altri.

«Basta che non si metta pure a ciccare o bestemmiare...» aveva ribattuto Robert, sconsolato, pensando a quanto fosse ormai compromessa la buona educazione che le avevano faticosamente impartito i genitori.

«Be', vedi il lato positivo: immaginare che sia una ragazza è davvero difficile!»

«Finché non l'osservi bene... Mi chiedo come non riescano a vedere i suoi lineamenti!»

«Sono convinti che sia un ragazzo, per questo non ci fanno caso» aveva concluso lapidario ponendo fine alla discussione.

Erano anche tornate le due spie scelte da Robert, tutte intere, insieme agli uomini della compagnia A del Quinto Cavalleria che avevano combattuto a Harrisonville, strappando la cittadina ai ribelli. Con loro avevano iniziato a circolare i primi racconti su quella guerra alimentando le fantasie dei soldati, ansiosi di entrare in azione.

Quel giorno Robert aveva appena finito di conferire con il capitano dopo pranzo e aveva deciso di concedersi una pausa. Si recò nelle stalle per prendere il suo cavallo e godersi una breve cavalcata, e magari esercitarsi un po' con la sciabola, quando vide Sabrina seduta in un angolo.

Era in penombra, con la schiena appoggiata tra le porte di due box e la fronte sulle ginocchia. Che ci faceva lì?

Robert si guardò intorno, per valutare quanti uomini fossero nei paraggi, indeciso se ignorarla o meno. Poi pensò che fosse meglio intervenire.

«Soldato!» la chiamò con piglio deciso.

Sabrina alzò la testa, confusa, poi riconobbe il fratello e scattò in piedi sistemandosi il berretto.

«Signore» pronunciò seria mettendosi sull'attenti.

«Che ci fai a terra?»

«Niente, signore, mi godevo la pausa» rispose senza particolari inflessioni, ma guardandola negli occhi Robert intuì che qualcosa la turbava.

«Allora, seguimi» ordinò facendole strada, come se avesse da assegnarle un compito importante.

Sabrina perplessa non ribatté, anche se avrebbe voluto imprecare: che diavolo pretendeva da lei? Perché era venuto a cercarla quando non desiderava altro che stare un po' in pace? Spolverando la giacca, gettò un'occhiata inquieta a qualche soldato di passaggio e si affrettò a raggiungere il fratello.

Si fermarono all'ombra di una pianta, poco distante dalla stalla. Sabrina rimase sull'attenti muovendo nervosamente gli occhi in giro a controllare, poi si accorse che il fratello sogghignava.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora