Sabrina era strana, Robert non avrebbe saputo come altro definirla. Sembrava preoccupata, sfuggente e ancora più scontrosa del solito, ma non con il suo tipico piglio combattivo, irriverente ma buffo: era proprio di umore nero. Quella mattina l'aveva vista correre dal padre e subito dopo il capitano aveva radunato i suoi ufficiali, passato le consegne e se ne era andato con lei chissà dove. Erano tornati solo da poco e l'uomo non sembrava affatto contento; la ragazzina l'aveva seguito a testa bassa fino nel suo ufficio ed erano ancora là dentro.
Che cosa stava succedendo? Perché tutto quel mistero? Suo padre gli era sembrato turbato quella mattina.
Jonathan come al solito aveva deciso di non interessarsene: finché poteva evitare di venire coinvolto la questione non lo riguardava, aveva detto. Robert invece era curioso e anche inquieto. Doveva ammettere di non essersi preoccupato molto del benessere della sorella nell'ultimo periodo, ma qualcosa era cambiato in famiglia e lui voleva capire cosa fosse.
«Ancora qui a origliare?» Jonathan lo sorprese a gironzolare nei paraggi dell'ufficio.
«Non sto origliando! Sto solo aspettando che nostra sorella venga fuori.»
«Tu ti preoccupi troppo.»
«Secondo te è qualcosa che riguarda nostra madre?»
«Non ne ho la minima idea, anche se, a giudicare dalla quantità di roba che si è portata da casa l'ultima volta, sembra che non si tratti più di una breve permanenza» rispose con un'alzata di spalle.
Robert rimuginò in silenzio. Non avevano mai parlato di quel pomeriggio a Carson City, ma si erano scambiati un'occhiata piena di significato vedendo il carro colmo di bagagli: il contrasto con il misero baule con cui si era messa in viaggio la prima volta era stato fin troppo eloquente e la faccia angosciata della sorella confermava i loro sospetti.
«Di qualunque cosa si tratti, sarebbe decisamente meglio se non ti intromettessi... o sei davvero tanto pazzo da chiedere a nostro padre che intenzioni ha sua moglie? Io non lo farei. Su, andiamo a cena, ho fame» tagliò corto, passandogli un braccio intorno alle spalle.
Il capitano entrò nel refettorio poco più tardi e raggiunse i figli a tavola. Era solo, di Sabrina nessuna traccia.
Dopo qualche boccone consumato in perfetto silenzio, Robert si decise a parlare.
«Padre, Sabrina non viene a cena?»
Jonathan sollevò gli occhi dal piatto, scrutando severamente il fratello, ma Robert lo ignorò.
«No, non sta molto bene.»
Il capitano continuò il suo pasto in silenzio, senza aggiungere altro. Robert cominciò a grattarsi una pellicina sul pollice, visibilmente nervoso. Jonathan lo osservava e sperava che continuasse a stare zitto: era evidente che moriva dalla voglia di saperne di più, ma doveva anche ricordarsi con chi aveva a che fare. Era meglio non infastidire il capitano.
STAI LEGGENDO
Polvere alla polvere
Historical FictionUtah 1854. Due fratelli decidono di lasciare la sicurezza della casa materna per seguire il padre, capitano dell'esercito. Giovani e scanzonati, alle prese con mille difficoltà per adattarsi alla vita militare mentre inseguono i loro sogni e cercano...