Decise di parlarne con il suo capitano e si avviò in cerca dell'uomo.
«Quindi, signor Becker, lei sospetta che ci sia qualche affare sporco tra quel soldato e il quartiermastro, o comunque qualcuno che ha accesso al magazzino.»
Robert annuì, grave, mentre il capitano si accendeva un sigaro e rimaneva a fissarlo serio.
«È un'accusa pesante... Ma è anche evidente che molti uomini non hanno ancora ricevuto tutto il materiale e se quello che arriva viene imboscato per essere rivenduto, allora... questo è un bel problema.»
«Pare che quel soldato abbia un bel giro d'affari tra gli uomini del Terzo Fanteria...»
«E questo non significa niente... ma se lei riesce a provare un collegamento tra i suoi affari e le mancate forniture, be', qui c'è da far saltare la testa a qualcuno.»
Robert si allontanò, determinato a vederci più chiaro. Non capiva da dove gli venisse tutta quella energia e sete di giustizia, ma forse tenersi impegnato lo aiutava a non pensare troppo a Emily. E poi il modo in cui quel Gore l'aveva insultato ancora gli bruciava.
Entrò nell'ufficio del quartiermastro con aria sicura, pronto a giocare una nuova carta. Era un sergente di mezza età e lo accolse con gentilezza, anche se il giovane era certo di aver visto un'espressione di scherno sul suo volto.
«Buongiorno, sottotenente, mi dica. Cosa la porta qui?» chiese l'uomo con modi affabili mentre si dondolava sulle gambe, quasi a cullare il suo ventre prominente. Aveva pronunciato il suo titolo con una buona dose di falsa ossequiosità che non sfuggi a Robert: lo disprezzava perché era un giovane ufficiale?
«Vengo per conto del capitano Garret del Quinto Cavalleria, i nostri uomini hanno bisogno di stivali. Fra qualche giorno è probabile che ci rimetteremo in sella.»
«Oh, mi spiace, ma non siete gli unici ad averne bisogno...»
«Quindi?»
«C'è da aspettare!» rispose con aria furba.
«Non possiamo costringere gli uomini a rifornirsi privatamente dai vivandieri, non con i prezzi che applicano!» sibilò Robert assottigliando gli occhi, ma l'uomo fece spallucce.
«Spencer!» gridò e da una porta sul fondo comparve un soldato con in mano un taccuino e una matita infilata dietro l'orecchio.
«Signore» rispose mettendosi sull'attenti.
«Aiuti l'ufficiale qui, andate a vedere in magazzino come siamo messi con le scorte di stivali» ordinò, poi rivolgendosi a Robert disse:
«Controlli con i suoi occhi, sottotenente.»
Robert lo scansò senza rispondere e seguì il soldato oltre la porta addentrandosi nel magazzino. Scaffali pieni di roba formavano lunghi corridoi bui, tazze di latta, piatti, giubbe, pantaloni, selle... là dentro c'era di tutto.
«Non c'è un inventario?» chiese il giovane.
Il soldato lo condusse fino a un piccolo tavolo di legno ingombro di carte.
«Questo è il registro» disse l'uomo porgendogli un grosso librone pieno di scritte fitte fitte.
«Mi sa dire come siamo messi a stivali?» rispose rendendoglielo. Non aveva nessuna intenzione di mettersi a spulciare da solo quell'ammasso di carte.
L'uomo gli lanciò un'occhiata penetrante, poi si appoggiò sul tavolo e cominciò a cercare.
«Ecco qui, stando all'ultimo aggiornamento dovrebbero essercene circa una ventina di paia. Un po' poche per soddisfare tutti, non crede? Di scarpe ne abbiamo di più... se volete ripiegare.»
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Polvere alla polvere
Historical FictionUtah 1854. Due fratelli decidono di lasciare la sicurezza della casa materna per seguire il padre, capitano dell'esercito. Giovani e scanzonati, alle prese con mille difficoltà per adattarsi alla vita militare mentre inseguono i loro sogni e cercano...