31- Leavenworth

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La vita in quel forte era molto più stimolante di prima. Il Primo Cavalleria e il Secondo Dragoni usavano il posto come base di partenza per le loro operazioni e non mancavano gli incarichi eccitanti: proteggere la Santa Fe e la Oregon Trail; andare in spedizione contro gli indiani Cheyenne sul fiume Arkansas o Sioux in Nebraska; sanare qualche conflitto tra schiavisti e abolizionisti della zona. Poi c'era il Missouri che scorreva proprio lì vicino, con i suoi battelli a vapore e le promesse di viaggio verso il Mississippi e più a est.

Jonathan era soddisfatto e Robert si sentiva coinvolto dal suo entusiasmo. Solo Sabrina sembrava infelice.

Era passata appena qualche settimana, ma ormai la conoscevano tutti e non c'era da stare sereni. Robert la teneva d'occhio ed era preoccupato. Era chiaro che quella ragazza non faceva nulla per adattarsi alla vita in quel forte: se ne andava in giro tutto il giorno incurante degli sguardi che attirava su di sé e appena poteva si intrufolava nella stalla, prendeva Ella e galoppava nei dintorni.

Indossando i pantaloni.

E non c'era verso di relegarla ai quartieri degli ufficiali con famiglia: lei aborriva la loro compagnia e probabilmente non faceva nulla per rendersi simpatica a quelle donne che la guardavano scandalizzate e contrariate, con le labbra strette in una smorfia di disapprovazione. Ogni volta che la vedevano passare, si mettevano a parlottare in maniera concitata. Ma non erano solo le donne a giudicarla: anche gli uomini le lanciavano occhiate di rimprovero che contribuivano a innervosire suo padre.

Perché il capitano Becker non riusciva  a tenere a bada quella ragazza e le permetteva di comportarsi in modo tanto inadatto? Questo mormoravano tra loro con malignità, senza preoccuparsi che certe chiacchiere arrivassero a tiro d'orecchio dei suoi figli, e Robert temeva che quel continuo mettere in dubbio l'autorità del capitano avrebbe causato un mare di guai.

Aveva provato a parlare con la sorella, a chiederle il perché di tanta stizza, quando si trattava delle altre donne, e insolenza nel voler sbattere in faccia a tutti che lei sapeva stare in sella come un uomo, anzi meglio.

«Io quelle non le sopporto...»

«E invece dovresti imparare a conviverci: sei una ragazza! Non puoi passare tutto il tempo con noi, devi stare con le altre donne.»

«A fare che? Stacci tu con loro e poi dimmi... Su, dritta con la schiena, tesoro, e smettila di muovere quei piedini continuamente: una signorina deve saper stare seduta composta» aveva preso a imitarle in modo irriverente. «Guarda che punti grossolani: ti tocca disfare la cucitura! Dovresti scrivere con più grazia, vedi che macchie di inchiostro lasci con il pennino...» Poi era tornata seria d'improvviso. «Secondo te mi diverto? Mi trattano come se fossi un cavallo da addestrare, come se non sapessi comportarmi!»

«Forse...»

«Forse cosa? Guarda che se volessi potrei essere più signora di tutte quelle vecchie pavonesse... è che non mi va» aveva risposto con un piglio deciso, come se si stesse preparando a fare a botte.

Robert era rimasto zitto, indeciso tra il continuare a discutere o mettersi a ridere: lo scarto tra la signorina graziosa e ben vestita e quell'atteggiamento da soldataccio era quasi comico. Ma sapeva che suo padre non lo trovava affatto divertente e non era il caso di darle corda. Doveva convincerla ad adeguarsi al suo ruolo, però lei riusciva sempre a portarsi in vantaggio con le parole e lui finiva per troncare la discussione alzando le mani in segno di resa, frustrato da tanta testardaggine.

«Potremmo andarcene a fare un giro in città, appena nostro padre ci concederà una licenza...» suggerì Jonathan distogliendo il fratello dalle sue fosche riflessioni, poi scartò un cinque di cuori e prese un'altra carta dal mazzo.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora