55- Diversivo

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Robert si avviò con il sergente maggiore verso le latrine a nord del forte per valutare lo stato dei lavori e decidere i nuovi turni di scavo per la loro compagnia da sottoporre poi al capitano. Era taciturno e ombroso da giorni e gli pareva che là dentro tutti gli gettassero occhiate furtive e curiose.

Tutto aveva avuto inizio una settimana prima, quando aveva quasi fatto a pugni con un altro giovane ufficiale che si era permesso di prenderlo in giro nella baracca. Stavano spettegolando sulla storia della spia quando questo si era rivolto a lui.

«Ehi, Becker, è vero che ti hanno visto in giro con la ragazza?»

Lui aveva abbozzato e Jonathan aveva rizzato il collo.

Il tizio si era avvicinato ridacchiando, facendo l'occhiolino agli altri.

«Di' un po', damerino, hai dato almeno una palpatina tra un passaggio di informazioni e l'altro?» gli aveva sussurrato all'orecchio.

Un attimo dopo si era trovato steso a terra. Robert lo immobilizzava con il suo peso e gli stringeva il collo con le mani.

«Robert, no!» era intervenuto Jonathan staccandolo a fatica dalla sua vittima. Il giovane tenente era strisciato lontano dal suo aggressore e aveva cominciato a tossire, paonazzo.

«Ma sei impazzito?!» aveva esclamato mentre gli altri si erano avvicinati pronti a intervenire.

«Non azzardarti a fare simili insinuazioni!»

Robert aveva tentato di divincolarsi dalla presa del fratello: quel verme avrebbe pagato per le sue parole, lui per tutti quelli che bisbigliavano al suo passaggio.

«Calmati!» aveva sussurrato Jonathan, poi aveva fissato gli occhi severi sul tizio ancora a terra. «E tu, vedi di finirla. Mio fratello non c'entra niente con questa storia.»

«Va bene, basta così» era intervenuto un altro tenente più anziano prima che scoppiasse una rissa. «Non vogliamo casini, qui dentro. Non comportatevi da ragazzini...»

Nessuno aveva osato rispondere all'uomo, che aveva teso la mano al giovane a terra per aiutarlo a rialzarsi.

«Va' a dormire» gli aveva ordinato.

«Non sei il mio superiore!» aveva protestato quest'ultimo.

«No, però sono disposto a stare zitto e fingere che non sia accaduto niente. Se invece preferisci continuare, vado a chiamare il comandante. Sarà felice di scoprire che i suoi ufficiali si azzuffano per futili motivi come i soldati di truppa...»

«È lui che mi ha aggredito...»

«E tu l'hai insultato. Siete pari.»

Il giovane aveva deglutito, zitto. Quell'uomo era loro pari in grado, ma era molto più maturo e aveva il rispetto degli occupanti della baracca.

«Capitolo chiuso. Andiamocene tutti a dormire» aveva messo fine a ogni discussione e nessuno aveva più osato aggiungere niente. Jonathan aveva sciolto la presa sul fratello e con un segno di intesa si era lasciato cadere sulla sua branda. Robert ci aveva messo un po' di più a digerire l'insulto. Risentito, aveva voltato le spalle ai suoi compagni e si era immerso nella lettura del libro che gli aveva lasciato Emily, tanto per torturarsi un po'.

Da quel momento non era più riuscito a levarsi di testa la sensazione che tutti lo fissassero e parlassero alle sue spalle, anche se suo fratello sosteneva che non fosse possibile: la storia della spia aveva fatto il giro del forte, ma i nomi che venivano pronunciati erano quelli di ufficiali più alti in grado che erano stati abilmente circuiti. Di lui non si curava nessuno. 

Eppure sentiva gli occhi di tutti appiccicati addosso.

Era perso di nuovo in questi pensieri paranoici quando il sergente lo riportò al presente facendogli notare un piccolo assembramento di soldati. Grida di incitamento si levavano dal gruppo e i due si scambiarono un'occhiata prima di deviare veloci dal loro obbiettivo originale e raggiungere quegli uomini.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora