30- Trasferimento

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Tirava una brutta aria in quel periodo. Aria di guerra. I discorsi che si sussurravano tra i soldati e i cadetti vertevano sempre e solo su due argomenti: le elezioni presidenziali e la schiavitù.

Il 6 novembre 1860 era stato eletto presidente Abraham Lincoln e la notizia aveva sollevato un polverone negli Stati del Sud: Avevano vinto i "repubblicani radicali neri", si diceva, Ora John Brown sarebbe stato vendicato! Jonathan e Robert apparivano scettici in merito a una tale lettura degli eventi: dall'idea che si erano fatti discutendone con il padre durante l'estate la questione era più complessa, ma di certo la decisione di impiccare il capitano Brown lo aveva reso un martire e aveva dato ai repubblicani un motivo popolare di agitazione e lotta. L'atmosfera era tesa e i due non vedevano l'ora di confrontarsi con il genitore non appena fossero arrivati al forte.

Il loro ingresso non fu trionfale. Non c'era nessuno ad accoglierli quel giorno: sembravano tutti distratti o agitati. Ricoverati i cavalli nella stalla si diressero a posare i bagagli e trovarono Sabrina in camera, seduta sul letto pensierosa. Si voltò appena quando entrarono e non si preoccupò di salutarli.

I due si scambiarono un'occhiata, in silenzio.

«Ciao, Sabrina» provò a dire Robert.

«Ciao» rispose lei, senza nemmeno guardarli.

«Tutto bene?»

Lei non si degnò di rispondere, prendendo un calzino da rammendare e dandosi da fare, ignorandoli.

Robert guardò stupito il fratello e stava per tentare qualcos'altro quando fu preceduto.

«Che succede qui?» intervenne Jonathan, secco.

«Niente.»

Il ragazzo lasciò cadere lo zaino, spazientito, prima di raggiungerla e pararsi di fronte a lei con le braccia incrociate.

«Come sarebbe a dire niente? E guardami mentre ti parlo.»

«Buongiorno, Jonathan, che piacere rivederti» rispose sarcastica, alzando appena lo sguardo.

«Non fare la spiritosa con me, è chiaro che qui sta succedendo qualcosa.»

«Sì, è chiaro... ma sembra che una ragazza non abbia diritto di saperne nulla, quindi andate da nostro padre e fatevelo spiegare. Poi forse vi degnerete di raccontare anche a me le ultime novità, a meno che non preferiate tenervele per voi, come la storia di mia madre...» ribatté sprezzante, piantando l'ago con foga nel calzino e alzandosi in piedi a fronteggiarlo, poi, notando che l'accusa aveva colpito nel segno, si allontanò a grandi passi dalla stanza gettando sul letto il lavoro di rammendo.

«Che le prende adesso?» chiese Robert, vedendola uscire sbattendo la porta.

«Ce l'ha con te, fratellino, perché le hai raccontato una bugia.»

«Io non le ho mentito!»

«Ma sì, sto scherzando» rispose annoiato, muovendo una mano come se scacciasse un insetto fastidioso. «È chiaro che ha saputo di nostra madre, ma si aspettava che fossimo noi a dirglielo. O almeno che lo facessi tu... non credo che ce l'abbia veramente con me» concluse strizzando l'occhio per stuzzicarlo.

«Come potevo dirglielo! Avevamo promesso...»

«Sì, falla finita... non è questo che conta, adesso. Andiamo da nostro padre e cerchiamo di capire che succede.»

Il capitano stava discutendo con il tenente Moore e quasi non si accorse che erano entrati i suoi ragazzi. Si interruppe poco dopo, fissandoli stupito.

«Jonathan, Robert... siete arrivati!» E congedando in fretta l'ufficiale li raggiunse per abbracciarli.

«Che novità ci sono, padre? Non ho mai visto tanta agitazione qui dentro. Ci sono problemi con gli indiani?» attaccò subito Jonathan.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora