2- Decisioni difficili

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«Che hai fatto alla faccia?» chiese Sabrina, affacciandosi alla porta della stanza che divideva con la madre.

«Fatti gli affari tuoi, piccola peste, hai capito?» la minacciò Jonathan a denti stretti.

La bambina indietreggiò chiudendo la porta, spaventata. Suo fratello non era mai gentile con lei: i due ragazzini vivevano una vita a parte e la tenevano distante e lei aveva sempre il timore che potessero tirarle qualche scherzo di cattivo gusto. Eppure aveva trovato il coraggio di chiedergli cosa fosse successo: quel segno rosso sulla guancia e la faccia sporca tutta rigata le avevano fatto intendere che avesse pianto. Ma suo fratello non piangeva mai! Era sgarbato e arrogante anche con la mamma e sapeva che aveva recentemente risposto male anche al maestro di scuola, meritandosi una bella dose di frustate in cambio — frustate che, a detta dell'uomo, aveva incassato con una risata. Lo aveva fatto arrabbiare a tal punto che si era presentato a casa per incontrare la madre. Lei aveva origliato ed era rimasta sconvolta dall'impertinenza di quel ragazzaccio. Magari suo padre era venuto proprio a causa sua. Magari il maestro di scuola era andato a lamentarsi anche con lui...

Jonathan era entrato nella sua stanza e aveva trovato il fratello intento a lavarsi la faccia con l'acqua della brocca. Aveva gli occhi gonfi per il pianto e sembrava che tremasse ancora.

Infastidito tirò due calci al comò, imprecando, poi si buttò sul letto che divideva con lui.

«Sei proprio una femminuccia, Robbie» sbuffò.

«Non è vero! Ho visto che ti sei messo a piagnucolare anche tu, cosa credi?»

Per tutta risposta il fratello afferrò un libro lì vicino e glielo scagliò contro, mancandolo.

«Ehi, ma che ti prende adesso? Le abbiamo prese tutti e due... perché dobbiamo litigare?»

Jonathan si tirò a sedere di scatto.

«Ma non capisci? Io qui non ci voglio più restare, in questo schifo di città polverosa... io me ne vado con nostro padre.»

Robert non capiva proprio: quell'uomo gliele aveva appena date di santa ragione e adesso lui pensava di seguirlo?

«Ma... perché?»

Jonathan tornò a stendersi e dandogli le spalle cominciò a spiegare.

«Perché odio nostra madre. Ma non lo vedi cosa fa? Prima ci confina in questo buco, divide la famiglia, poi richiama nostro padre per farcele suonare quando non siamo obbedienti come piace a lei.»

«Non mi pare che nostro padre fosse contento della nostra disobbedienza: direi che non possiamo andare fieri del nostro comportamento ultimamente...»

«Speravo che mi cacciasse, non che lo chiamasse indietro solo per darmi una raddrizzata.»

Robert davvero non capiva: di solito s'intendevano alla perfezione e lui appoggiava ogni sua idea o ragionamento, considerandolo infallibile, ma questa volta proprio non lo comprendeva.

Si avvicinò al fratello e vide che stava piangendo, questa volta sul serio: lacrime copiose e abbondanti, non strappate con la forza a furia di botte.

«Va' via, lasciami in pace...»

«Robert! Jonathan! La mamma ci chiama! Dobbiamo dare una mano per la cena» gridò Sabrina attraverso la porta.

«Hai sentito? Vai... per favore, vai tu e lasciami in pace.»

Robert, tentennando, si allontanò e silenziosamente si avviò in cucina.

Jonathan non riusciva a fermare le lacrime: era davvero amareggiato, deluso e pieno di vergogna.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora