5- Nostalgia di casa

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Era ormai Natale e la famiglia si sarebbe riunita sotto lo stesso tetto a Eagle Station. Il capitano Becker si era preso qualche giorno di licenza ed erano partiti presto. Padre e figli trottavano insieme senza fretta in quella bella mattina invernale. Aveva nevicato, cosa non tanto rara nonostante il clima desertico che caratterizzava l'area, e il paesaggio era perfetto per cercare di emulare i Natali passati a Boston, dove invece la neve non mancava mai.

I ragazzi avevano preso in prestito due cavalli dalla riserva del forte e stavano in sella orgogliosi: avevano imparato a cavalcare da qualche mese ormai e amavano farlo quando il padre concedeva loro di accompagnarlo in ricognizione.

Erano stati sulla Sierra Nevada e fino al lago Tahoe, qualche tempo prima, a vedere lo spettacolo dei coloni che attraverso l'Emigrant Trail raggiungevano la California. Jonathan era rimasto molto colpito dal passaggio di lunghe file di carri che dopo aver sostato qualche giorno al loro forte erano ripartiti carichi di speranza. Era fiero della sua guarnigione e non capiva perché la madre si ostinasse a starsene in quella cittadina sperduta invece che con loro. Non che gli interessasse molto, ma sapeva che a Robert avrebbe fatto piacere averla accanto e anche al genitore, che nonostante tutto sembrava davvero amare quella donna.

La madre li aspettava sulla porta di casa, felice e ansiosa di rivedere i suoi figli. Non appena scesero da cavallo, li abbracciò con slancio e li rimirò con sguardo critico.

«Vi danno da mangiare al forte? Mi sembrate così magri in volto...» commentò.

I due ridacchiarono. Forse si erano asciugati, ma erano anche cresciuti in altezza e, anzi, tutto quel lavoro li aveva irrobustiti: la madre si preoccupava per nulla.

«Marie.» Il marito pronunciò il suo nome con un sorriso e lei gli porse una guancia da baciare. Era intimorita da quel contatto, perché la lontananza aveva rovinato la poca intimità che caratterizzava molte coppie e ancora ricordava la durezza delle sue parole quando aveva deciso di separarla dai figli.

«Venite dentro a scaldarvi, su!» li invitò sollecita.

Sabrina se ne stava in un angolo, intimorita come ogni volta che arrivava il padre. Attendeva di essere chiamata e intanto lanciava sguardi curiosi ai fratelli che non si erano degnati di salutarla. Be', non sarebbe stata lei a farlo per prima. Era solo preoccupata di dover dividere la sua stanza con i due per qualche giorno: quando se ne erano andati aveva preso possesso della loro camera, lasciando libera quella della madre, e adesso non riusciva a immaginare la loro reazione. Magari le avrebbero tirato qualche colpo basso per vendicarsi dell'intrusione.

«Sabrina, vieni a salutare tuo padre» la invitò Marie.

La bambina si avvicinò timidamente e, dopo aver eseguito un piccolo inchino, disse solo: «Buongiorno, padre» rimanendo poi immobile.

L'uomo non sapeva bene come comportarsi con quella strana creatura, anche se sentiva il cuore gonfiarsi di tenerezza ogni volta che vedeva la sua piccola donnina. I suoi grandi occhi scuri, che lo fissavano sempre con spavento, creavano una barriera che lui non capiva come sfondare. Era evidente che la bambina non era abituata alla sua presenza e lo temeva: avevano passato troppo poco tempo insieme fin dalla sua nascita e il padre non sapeva in che modo muoversi. Avrebbe voluto prenderla per mano e portarla con sé; permetterle di salire sul suo cavallo e mostrarle le meraviglie della Sierra Nevada, come si era concesso con i figli; raccontarle favole e strizzarla in un abbraccio; ma non faceva mai nulla. Rispose alla riverenza in modo galante e si limitò a sorriderle, senza riuscire a cancellare quell'ombra timorosa dal suo sguardo.

Sospirando si risolse a continuare la conversazione interrotta con la moglie: avrebbe avuto altre occasioni per entrare in intimità con la figlia. La bimba si ritrasse lentamente tornando al suo angolo da cui poteva scrutare i genitori e soprattutto quei mascalzoni dei suoi fratelli. Se ne stavano lì composti, impettiti addirittura, come se di colpo si sentissero più grandi e importanti, ma lei sapeva che erano gli stessi due vispi monelli di sempre e non doveva abbassare la guardia.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora