Jonathan stava ramazzando il pavimento delle aule in compagnia di altri due cadetti e sembrava che volesse picchiare qualcuno con la scopa. Entrambi evitavano di parlargli, limitandosi a scambiare qualche occhiata di tanto in tanto.
«Che avete da guardare?»
I due smisero di pulire e lo fissarono con un'alzata di spalle.
«Se avete qualcosa da dire in merito a stamattina, fatelo. Ma badate bene a scegliere le parole con cura...»
Il giovane era livido.
«Ehi, stai calmo. Nessuno qui deve dire niente. Mi sembra che i fatti si commentino da soli... Quel Campbell è un pazzo e noi siamo le sue vittime.»
«Già, quel tipo ci fa a fette tutti prima o dopo. Stamattina è andata male a Robert, ma penso che ci aspetti tutti al varco.»
Jonathan sembrò calmarsi: nessuno dava segni di ritenere suo fratello un inetto. Almeno non avrebbe dovuto prendersela con gli altri ragazzi del corso per difendere Robert, anche se era una magra consolazione.
Lui voleva che suo fratello fosse rispettato quanto meritava e ripensare a quella mattina gli faceva mancare il respiro dalla rabbia. Non sapeva come comportarsi, che consiglio dargli, anche se magari avevano ragione quei due: se il capitano era in agguato per sorprendere chiunque in un momento di debolezza, probabilmente si sarebbe stancato di vessare solo lui. Ma non ne era così sicuro: aveva colto una vena di sadico piacere in quell'uomo mentre calava il frustino sul viso di Robert e temeva che non avrebbe provato altrettanta soddisfazione nello strapazzare qualche altro cadetto. Era un oscuro presagio e sperava di sbagliarsi.
A chi avrebbe potuto rivolgersi se quella situazione non fosse mutata? Era evidente che suo fratello non aveva fatto nulla di sbagliato. Come sarebbe riuscito a evitare di irritare ancora il capitano? Forse avrebbe potuto parlare con il maggiore Turner, però quell'uomo si era disinteressato del suo gruppo non appena l'aveva passato al nuovo istruttore e magari non sarebbe intervenuto. Forse avrebbe dovuto scrivere a suo padre e chiedergli consiglio, ma non era certo che fosse una buona idea... e se fosse rimasto deluso dal fatto che Robert non si era rivelato all'altezza?
Rimuginava tutto ciò mentre ramazzava il pavimento e la sua faccia era talmente scura da scoraggiare altri tentativi di conversazione da parte dei suoi compagni.
Nei giorni che seguirono fu chiaro che il capitano non li avrebbe messi tutti alla berlina come temevano, ma solo alcuni elementi che per qualche oscuro motivo erano finiti nel suo mirino. Altri erano addirittura entrati nelle sue grazie, con grande disappunto dei compagni perché non si trattava certo dei più meritevoli. Era però di gran lunga preferibile non protestare e starsene in quella zona grigia di scarso interesse, dove non si era tra i migliori, ma soprattutto non si era tra i vessati. E questo atteggiamento opportunista aveva spaccato il gruppo.
Robert soffriva in silenzio: non voleva lamentarsi con il fratello perché intuiva che era sempre sul punto di scoppiare e riteneva che un suo intervento sarebbe stato inutile quanto rovinoso. Cercava di sopportare, senza tradire emozioni, le continue frecciate del capitano che non mancava di chiamarlo in causa con insinuazioni odiose del tipo E il signor Becker sa spiegarcelo? oppure Facciamo provare al signor Becker per vedere se ha capito.
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Polvere alla polvere
Ficción históricaUtah 1854. Due fratelli decidono di lasciare la sicurezza della casa materna per seguire il padre, capitano dell'esercito. Giovani e scanzonati, alle prese con mille difficoltà per adattarsi alla vita militare mentre inseguono i loro sogni e cercano...