70- Padre e figlio

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Il mattino seguente ciondolavano per il forte decidendo come impiegare la giornata di riposo. Jonathan era in ansia per l'incontro con Lizzie perché non sapeva bene come svicolare da un'eventuale altra cena con il gruppo ufficiali. Non poteva andarsene e basta: suo padre avrebbe notato l'assenza... ma non poteva nemmeno dirgli con chi avesse un appuntamento.

Quasi fosse stato evocato dai loro pensieri, se lo trovarono di fronte.

«Buongiorno» balbettò Jonathan con aria colpevole, come se quell'uomo potesse leggergli nella mente – e forse ne era davvero capace, visto come riusciva sempre a coglierlo in fallo anche ora che era un adulto.

«Buongiorno, padre» si affrettò a dargli man forte Robert che aveva intuito il disagio del fratello.

Il genitore li osservò un attimo poi rispose al saluto.

Con un sorriso imbarazzato, Jonathan fece per proseguire nel cammino, ma lui li fermò.

«Dobbiamo parlare» disse asciutto.

I due si scambiarono un'occhiata di sbieco prima che Jonathan rispondesse: «Di cosa volete parlare?»

«Non qui, andiamo nel mio alloggio» rispose fermo e voltandosi si incamminò. I due rimasero qualche secondo immobili, perplessi, poi con un sospiro Jonathan lo seguì, imitato dal fratello.

Non fecero quasi a tempo a chiudersi la porta alle spalle che il padre iniziò a parlare camminando avanti e indietro per la stanza, coprendo il poco spazio tra il letto e la scrivania a grandi passi, stranamente nervoso.

«Vi siete comportati bene ieri sera» esordì serio, mentre i due stavano dritti e fermi in attesa della prossima mossa.

Robert sentiva una spiacevole inquietudine a trovarsi di nuovo in quella stanza, dove appena due giorni prima erano volate parole troppo pesanti per dimenticarle. Era ben deciso a lasciare condurre il gioco al fratello. Per lui era oltremodo difficile non riprendere il discorso di Sabrina e riversare tutta la sua rabbia a riguardo: meglio tacere.

«Quel capitano è una vecchia volpe e voleva trascinarvi in una discussione pericolosa... Avete mantenuto il giusto contegno. Comunque, per darvi la visione completa, Lane è stato duramente criticato dal generale Halleck del dipartimento del Missouri e ho sentito che la sua carica di brigadier generale delle truppe volontarie era stata cancellata in Senato.»

I due sussultarono alla notizia: non ne avevano saputo niente, impantanati com'erano tra Carthage e Springfield a requisire provviste con la loro compagnia.

«Non illudetevi: l'hanno riabilitato quasi subito, anche se poi il comando l'hanno dato a Blunt e non a lui» continuò, smorzando lo scintillio dei loro occhi.

«Dalle vostre facce intuisco che Lane non vi piaccia. Non piace neppure a me, come vi ho già scritto tempo fa. Però voi non siete nella posizione migliore per criticarlo senza conseguenze, lasciate che se ne occupino i gradi maggiori.»

«E se volessimo cambiare reggimento?» intervenne Jonathan.

Il padre sembrò sorpreso, ma solo per un istante: aveva immaginato che potesse succedere. Dopo le brutte storie in cui era stata coinvolta, la Brigata del Kansas era stata di fatto disconosciuta dall'esercito, salvo poi essere riabilitata in aprile, ma le azioni commesse da Lane non erano state dimenticate.

«E dove vorreste andare?» chiese con una dolcezza inaspettata.

«Non so... abbiamo sentito parlare del generale Grant in Tennessee... pare si stia muovendo bene» azzardò.

«Sì, è un uomo molto determinato e piace al Presidente, ma non so che progetti abbia, né se abbia bisogno di altri ufficiali...»

«E tra le vostre conoscenze? Non c'è nessuno? Che ne è stato del maggiore Turner, il nostro insegnante alla scuola militare? Eravate amici, mi pare» incalzò Jonathan, ora che intravedeva una via d'uscita voleva percorrerla.

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora