Repubblica di Fiorenza (Firenze) 1488
Daniele era ancora seduto dietro al tavolo, immerso in pile di fogli spessi ed ingialliti. Il fuoco della lanterna tremolava, creando giochi di luci e ombre sul suo viso stanco. I capelli biondi erano legati in una coda approssimativa, poco ordinata e riflettevano lo stress a cui era sottoposto il ragazzo. Per giorni non era uscito, assorbendo l'odore di fogli e fumo.
Impose con la cera un ultimo sigillo, coprì il boccale della lanterna e andò a letto. Lentamente la fiamma si spense lasciando che la stanza piombasse nel buio.
«Gli farete del male?» domandó una voce roca e maschile.
«No, almeno non è mia intenzione se accetterà di collaborare» rispose una donna, dal tono delicato.
«Purtroppo non so come poterla aiutare in altro modo»
«Non conosci tuo fratello?»
L'uomo sembro turbato da quella domanda, indeciso sulle parole da usare per spiegare il rapporto che aveva sempre avuto con lui. Un rapporto che in realtà non era mai esistito.
Erano stati due gemelli opposti e distanti, da piccolo come da adulti.
Non c'erano parole per far forma a quel passato, perciò si limitò a scuotere il capo, lasciando che la risposta venisse da sè.«Allora vorrà dire che lo scoprirò da sola».
Erdie lasció il giovane Vampiro fuori dalle mura di quel grande palazzo, fra le strade scure dell'oltrarno. Di lui ricordava appena il suo nome:Matteo.
Lo aveva trasformato per mera necessità, dimostrandosi più utile di quanto avesse previsto. Una fortuna sfacciata aveva fatto sì che il fratello di quest'ultimo fosse anche un alchimista.Per tutta la notte Erdie cercò il laboratorio di quel ragazzo fra le innumerevoli stanze del palazzo Monticelli. Scivolava come un'ombra fra i corridoi decorati finchè riuscì ad aprire l'unica porta che le interessasse davvero.
Era un luogo dai muri alti incorniciati da volte in pietra coperte di fuliggine, affollato da manuali, fogli, polvere, tavoli; enormi ampolle e ceste colme di pezzi di metalli e limature si accatastavano come una folla stantia, calderoni frustati da fiamme e legna impilata malamente in vari angoli. Il tanfo creava quasi un campo di forza che le impediva di varcare la soglia. Era un fetore strano, forte, che a tratti sembrava zolfo e in altri putrefazione.
Sul tavolo ricoperto da una stoffa viola, sporca e logora, vi torreggiava un teschio sovrastato da una candela quasi esaurita. Poco distante vi era una bacinella colma di liquido rosato. La vampira vi si avvicinò avvertendo con sempre maggior vigore le zaffate di decomposizione.
Sul fondo della vaschetta in vetro un qualcosa di molle giaceva. Sembrava un pezzo di carne non più grande di una mano a forma ovale, attorcigliato in una rete di vene bluastre e capillari.
Disgustata passò in rassegna le carte che giacevano poco distanti. Alcune erano macchiate da impronte rosse, ma non si trattava di sangue. Doveva essere ferro disciolto in qualche tipo di soluzione.
Non riuscì a comprendere bene cosa ci fosse scritto, la calligrafia dell'alchimista era veloce e appuntita e alcune parole anagrammate. Tuttavia il senso era chiaro. Si trattava di uno studio sulla modificazione umana, su come creare un uomo perfetto.
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✵Fiore d'inverno, cristallo grezzo
VampireTratto dal libro: "La vista di tutto quel sangue lo sconvolse. Si inginocchiò all'altezza della ragazza, le scrutò gli occhi vuoti, le labbra aride dischiuse e immobili. Si accorse subito che davanti a sé vi era Erdie. «Dov'è Mine? » le domandò sper...