29~°°°Mineptah°°°

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Il libro che Mauren aveva consegnato a Daniele sembrava una porta su un passato remoto.
Conteneva conoscenze che nessun alchimista avrebbe mai potuto immaginare e si stupì che quel ragazzo lo avesse ceduto così facilmente.

Lesse con attenzione i segreti  della nascita della vita, della manipolazione del corpo e dell'uso dell'energia.
Aveva avuto accesso ad una conoscenza  per la quale qualsiasi alchimista avrebbe ceduto volentieri l'anima.

Un libro per il quale la chiesa e i suoi emissari avrebbero sicuramente ucciso. Mauren era un ragazzo strano, ma umano. Possedere certi tomi era pericolosissimo.

Seduto sul suo sgabello, Daniele iniziò a studiare con cura, fino a trovare gli ingredienti principali per il suo vampiro.

«L'oricalco attira e separa, se chi lo tocca sa ciò che cerca» sussurrò socchiudendo quelle pagine spesse.
L'oricalco... Di quel metallo ne aveva solo sentito parlare in rarissime volte perché ormai la sua produzione era terminata da secoli.

Erdie era vissuta in quelle epoche antiche dove il mediterraneo era solcato da navi cariche di oricalco. Sicuramente sarebbe stata in grado di reperirlo con semplicità.
E con l'oricalco necessitava anche del silfio, fiore ormai estinto tra gli uomini, dalle virtù sconfinate e del cinnabro, la pietra della fenice. Le uniche cose in grado di potenziare la natura vampirica della sua creatura fino a raggiungere la potenza di un originale.
Gli mancava solo un'ultima cosa, forse la più importante, di cui non conosceva il metodo di ricavo.

«Il mio sangue?» domandò stupita Erdie, alzando un sopracciglio.
«Sì» le rispose Daniele seccato, era stanco di spiegarle cose che la vampira non riusciva a capire.
«Unito all'oricalco, il cinnabro e il silfio posso generare la creatura che desideri»
«E in che modo un pezzo di metallo, una pietra e un fiore possono farlo?»
Il modo in cui Erdie aveva catalogato oggetti esoterici così importanti, gli faceva rivoltare lo stomaco.
Restava la sul quel suo banchetto decorato con sfarzo, trattando con sufficienza temi così importanti.
«Avrei bisogno di mesi per spiegartelo» rispose il vampiro con stizza.
«Va bene, lasciamo stare».

Erdie prese una coppa e un coltello, si adagiò sullo schienale e con un solo tocco si squarciò la manica in pizzo.
La lama spessa se la infilzò nel polso senza emettere un solo fiato, con naturalezza ed eleganza, rigirandola svariate volte. Il sangue scuro  iniziò a scorrere nella coppa, brillante alla luce delle torce.
Quando la coppa fu piena, estrasse la lama, la pulì su un pezzo di stoffa e la ripose di lato.
La ferita che si era procurata si rimarginò in pochi istanti.

Tutta quella scena, davanti agli occhi di Daniele, aveva trasmesso una quantità di significati esoterici che lo lasciò perplesso.
«Quanto tempo ti occorre ancora?» chiese Erdie porgendo la coppa al vampiro.
«Non molto».

Era un mondo ghiacciato quello in cui stava correndo

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Era un mondo ghiacciato quello in cui stava correndo. Un luogo dai delicati colori pastello, luminosi come stelle.
Il fiato caldo si disperdeva in timide nuvole di vapore, la neve accumulata al suolo strideva secca ad ogni tocco.
C'era qualcosa che doveva ricordare, ma la mente faticava nel fare chiarezza.
Le pareti erano specchi ondulati in cui la sua immagine si rifletteva accennata, e per riprendere fiato si fermò ad osservarsi.
Occhi ambrati spalancati di terrore, lunghi capelli castani che scendevano in ciocche morbide sulla stoffa bianca di un abito anonimo.
Con grossi respiri cercò di riossigenare i polmoni stremati.
Non riusciva a ricordare neanche  perché stesse correndo.
«Ti prego, vienimi a prendere...» un leggero sussurro cristallino che si sprigionò nell'aria.

La ragazza camminò lentamente, proseguendo con cautela.
Calpestare la brina ghiacciata produceva uno stridio tagliente, un lamento di dolore.
Le parole che aveva sentito poco prima divenne un pianto infantile, si espandeva come macchie di colore in una brocca d'acqua.

Tra i vapori dei ghiacci spuntò una cinta di macerie che la ragazza avrebbe dovuto superare. Un muro senza appigli sicuri, con spigoli ghiacciati e neve cristallizzata.

«Ho freddo... Tanto freddo... Quando verrete a prendermi da qui? »

«Sto arrivando...» rispose la ragazza, strofinandosi le mani tra loro, pronta a scalare quel confine.
Il respirp di lei non smetteva di ghiacciarsi, sbrava quasi che tutto quel ghiaccio fosse stato originato dai respiri che lei aveva abbandonato in quel luogo. Perché, lo capì solo in quel momento, mentre si arrampicava, che in quel luogo ci era già stata. Quel luogo sconosciuto le era familiare più di qualsiasi altra cosa al mondo.

«Ti prego, ho freddo... Ho paura... Sono sola... »
La voce continuava a chiamarla, a supplicarla e, nonostante la distanza che veniva percorsa, quel suono non sembrava avvicinarsi.

Giunta alla cima, la ragazza cadde nel vuoto, ritrovandosi fra neve e ghiaccio e, soprattutto, tra i resti distrutti di una città dimenticata.

«Aspettami,arrivo» sussurró tossendo, scuotendo il capo per scrollare i cristalli che le si erano incastrati tra i capelli.

Era arrivata, lo sentiva con ogni fibra del suo corpo, come se sapesse già ogni cosa. E di questo ne fu felice.

Quando alzò il capo sicura, vide ai piedi di un'altissima colonna una bambina.
«Visto, sono arrivata...» parlò più a se stessa, che alla piccola.

Il corpo della bambina era fasciato da una tunica lattea come la sua pelle, dalle spalle colavano meravigliosi capelli castani che si raggruppavano in delicati boccoli.

«Vieni,vieni, vieni! » la implorò sporgendosi dal trono, unico monumento intatto accanto all'altissima colonna, ma nascosto dai grandi cristalli.

«Sì tranquilla, sto arrivando! » rispose la ragazza rialzandosi dal suolo e correndo incontro alla bambina.

Riuscire ad abbracciarla fu l'unica ricompensa che desiderava dopo quella lunga marcia, il suo calore fu in grado di ridarle l'energia che pian piano aveva perso lungo il tragitto. Quell'abbraccio era stato il suo unico desiderio.

«Sei arrivata finalmente. Ti prego portami via! Portami via da qui! Ho freddo e ho paura... voglio venire con te, ti prego! Non lasciarmi ancora qui... Ti prego! » supplicava nascondendendosi contro il corpo della ragazza. 

«Non ti preoccupare ti porto via. Verrai con me. »

«No!Tu mi lascerai ancora in questo posto da sola! E neanche lei verrà a prendermi! Vi siete dimenticate di me! »

Quelle grida riecheggiavano tra i ghiacci come lame, facendo vibrare pericolosamente le stalattiti fra le arcate. «Non è vero...» cercò di dire l'altra, ma fu inutile.

«Sei una bugiarda Mineptah!»

Si infranse tutto come un vaso di creta caduto al suolo.
E tutto si capovolse, si trasformò e portò con se una conoscenza che sconvolse la ragazza.

Mineptah non aveva un corpo, non lo aveva più da un tempo incalcolabile. Eppure si sentì bisognosa di ossigeno e tremante di paura.
Ciò che le era successo non aveva senso. Rivedere quel luogo in quel modo  non aveva senso.
Era un sogno ricorrente che faceva da viva, e lei era morta.

«Riesci a vedermi? » le chiese qualcuno.
Qualcuno...
E dove si trovava ora lei?
Si sentiva claustrofobica in quel luogo oscuro, tra mura di pietre e mobili ricolmi di oggetti che non aveva mai visto.
Poco distante da lei c'era un ragazzo, avvolto nell'ombra e dal pallore spettrale.
«Sì, ma chi sei?» domandò.

Daniele guardò quello spirito con una strana eccitazione che gli elettrizzava il corpo.
Vampiri e spettri non potevano entrare in contatto, era una legge fisica inappellabile. Eppure lui ci era riuscito, ci erano voluti mesi, ma ci era riuscito.
Aveva creato una forza maggiore che contrastasse l'incompatibilità di quelle loro esistenze, esistenze a metà tra la vita e la morte.

«Daniele...» mormorò il vampiro.
Non riusciva a smettere di guardarla. Era simile ed opposta ad Erdie, con uno sguardo più delicato e movenze innocenti.
Ma, soprattutto, sentì di aver trovato qualcosa di molto più prezioso di un'anima in grado di abitare il corpo di un Originario; bensì quel qualcuno che fosse in grado di riempirgli quel vuoto che sentiva.

Era un pazzo, ma quella sensazione era troppo presente per essere ignorata.

«Tu invece?»
«Mineptah, figlia di Imhotep e sacerdotessa di Iside».

Quelle parole quasi non furono in grado di fargli perdere i sensi.
Quello spirito altri non era che la sorella gemella di Erdie, morta più quattromila anni prima.

✵Fiore d'inverno, cristallo grezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora