11~°°°I mille volti dei sentimenti°°°

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Le nuvole si alternavano contro il sole oscurandolo di tanto in tanto, e il vento soffiava via il calore rinfrescando l'aria. Era una giornata piacevole, ma un vampiro non poteva avvertirlo. Un corpo morto non avverte i cambiamenti di temperatura.

Matteo era sempre indeciso in merito a cosa indossare, doveva incontrare i notai e gli avvocati che lo assistevano nelle finanze, e non capiva quale temperatura ci fosse all'esterno. Un corpo umano che non suda avrebbe creato non pochi sospetti. E ancor peggio se avesse dimostrato di non sentire freddo.

La sua immagine si rifletteva nel grande specchio: il suo viso gli sembrava così diverso da quello di Daniele da non riuscire a capire come tutti potessero confonderli. Aveva occhi più scuri di lui, lineamenti più affilati, perfino la loro altezza era diversa - non di tanto -, ma lui era più alto. Solo sua madre e la loro anziana balia riuscivano a distinguerli al primo colpo d'occhio.

In quei cinquant'anni di immortalità si erano scambiati spesso i loro ruoli, nessuno si era mai accorto di nulla. Ed infatti a quell'incontro avrebbe dovuto presenziare Daniele, non lui. Doveva essere Daniele a scervellarsi per capire quale abito fosse meglio indossare, invece di giocare con la sua nuova umana.
E Matteo era ancora a petto nudo davanti allo specchio, indeciso. Con quei capelli setosi che gli accarezzavano il collo ad ogni suo movimento, la pelle chiara che sembrava emanare luce propria e forse anche quel dolce profumo che conservava da quando era stato vivo.

«Hai intenzione di guardarlo ancora a lungo?» la voce di Daniele era sarcastica e affilata, sussurrata d'improvviso all'orecchio di una donna immortale come lui.

«Come ti sei accorto di me?» chiese la donna, una voce melliflua che si disperdeva quasi nel vento.

«Sarai anche brava a nascondere la tua energia, ma quando guardi mio fratello ti dimentichi sempre del resto».

Beatrice arricciò il labbro come una bambina. Era seduta sul grosso ramo di un albero, con la schiena contro il tronco ruvido. «Non è bellissimo?» disse sognante.

Daniele ci pensò un attimo, appollaiato sul ramo accanto alla sua amica riusciva a vedere la figura di Matteo voltata di spalle. «Solo perché è identico a me», puntualizzò.

La vampira lo guardò con sufficienza, sbuffando. «Ma se siete diversissimi! Tuo fratello è un principe, tu il ciambellano di corte che non fa ridere».

Invece di arrabbiarsi per l'insulto, Daniele scoppiò a ridere. Beatrice era una sua cara amica d'infanzia, anzi, forse l'unica. Avevano studiato insieme alchimia in laboratori scuri e umidi che l'allegria della ragazza riusciva sempre a rendere più sopportabili. E in quegli anni lei si era innamorata di Matteo, un amore completamente a senso unico, nonostante i decenni e l'immortalità.

«Però,alla fine, resti sempre in compagnia del ciambellano poco simpatico ad osservare un principe che non si accorge di te».

Beatrice Maria Sforza era sempre stata una delle nobili più ambite di Milano, con quei lineamenti gentili e il naturale vitino stretto che in molte le invidiavano.
I genitori della ragazza avevano provato a darla in sposa, ad organizzare matrimoni, ma si era sempre rifiutata con ogni forza: Beatrice era un animale selvaggio, focosa e ribelle come i suoi capelli e vitale e vivace come i suoi occhi verdi. Per suo padre era stato quasi impossibile tenerla chiusa in casa, l'aveva punita quasi con ogni mezzo a sua disposizione.
Non era servito a nulla, Beatrice non era domabile.
Quando Donna Matilde, la madre di Daniele, la conobbe, riuscì a portarla a Firenze stringendo patti economici tra gli Sforza e i Medici senza alcun problema.
Galeazzo Maria Sforza era impaziente di cederla.

«Ma prima o poi riuscirò ad avere il suo cuore» lo disse con determinazione. Daniele alzò gli occhi al cielo esasperato.

«Allora dovresti passare a trovarci più spesso».

✵Fiore d'inverno, cristallo grezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora