27~°°°L'azzardo di Beatrice°°°

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Un tempo i vampiri erano considerati divinità. La loro natura, ben superiore a quella umana, veniva ammirata e venerata.
Poi l'umanità era cambiata, i loro dei erano diventati più eterei e distanti dal mondo degli uomini, e il diverso era diventato maligno.
I vampiri erano ora demoni, figli del maligno, creature da combattere ed eliminare.

C'erano state guerre sanguinose, dove i cacciatori di vampiri avevano sterminato coltri di non morti presenti ormai ovunque. Le loro nascite incontrollate avevano messo a rischio l'intero mondo umano.
Il Medioevo, l'età di mezzo, fu il periodo transitivo che diede vita alla gerarchia vampirica e alle sue leggi, compromessi tra umani e immortali che aveva creato una pace apparente a cui tutti credevano.

Tuttavia, non tutti i regni erano conformi a quel tipo di integrazione.
Non tutti i regni erano per la pace.

«Le truppe spagnole hanno intenzione di prendere possesso del ducato di Milano».
Matteo era con Beatrice, camminavano tranquilli per le strade di Firenze invase dai bravi cristiani in uscita dalla chiesa.
«Mi è giunta voce» rispose l'altra, guardando le bancarelle «Con la morte di mio nipote Filippo senza alcun erede, non ci sono teste al comando.
«Carlo V non aspettava altre opportunità per avvicinarsi all'Italia».

La devozione spagnola era più forte di qualsiasi entrata economica la presenza vampirica poteva portare loro. I loro cacciatori di vampiri erano inquisitori spietati e letali, convinti che la loro potenza derivasse dalla vocazione divina di purificazione del mondo terreno.
E l'Italia, centro del potere vampirico, era considerata terra di conquista.

«Vogliono giungere al cuore del nostro stato attaccando i Cainiti, ma non hanno idea dell'azzardo che vogliono compiere» parló Beatrice, seriamente preoccupata dalla presenza spagnola.
«Hanno conquistato da anni anche il regno di Napoli, la dove dimora Erdie, non accorgendosi che hanno uno dei vampiri più potenti proprio in casa loro».

Erano discorsi delicati quelli in cui i due vampiri si stavano addentrando: per il popolo gli immortali erano solo demoni astratti che viaggiavano fra gli incubi degli uomini, non creature realmente esistenti.
Non era prudente che orecchie mortali ascoltassero.
Tuttavia la messa domenicale era appena terminata, nelle orecchie della gente risuonavano ancora le parole del diacono.
La cristianità si era divisa, le parole dei protestanti si erano espanse a macchia d'olio e la chiesa si imponeva furiosa contro ogni tipo di focolaio.

Nonostante quel periodo di crisi, la gente era allegra e vivace, i bambini scorrazzavo felici tra loro in quella giornata calda e soleggiata.
Le strade in pietra di Firenze, le sue case chiare dai tetti rossi, sembravano immuni ad ogni cosa.

«Naram ha giocato d'astuzia: ha nascosto la sua amata Erdie proprio sotto il naso degli spagnoli, nell'unico posto dove non penserebbero mai di cercare.
Se non riescono ad estirpare il male in casa loro, figuriamoci in terre straniere».

«Gli umani sono molto stupidi» commentò Beatrice stizzita «Non mi stupisco affatto della cosa.
«Già l'indebitarsi con le banche per l'acquisto delle indulgenze dovrebbe rendere bene l'idea».

«Questo loro bisogno infondato di grazia divina mi sta facendo arricchire. Molti mi chiedono grosse cifre anche a costo di restituirmene il doppio».

Beatrice non rispose. La sua testa era impegnata in ben altri ragionamenti. Gli spagnoli erano a Milano, nel suo luogo natale.
Nonostante non fosse più l'erede degli Sforza, nonostante sui documenti era stata registrata la sua morte già da cinquant'anni, Milano era casa sua.
E la sua casa non sarebbe diventata un inferno per i non morti.

«Torniamo a casa?» propose Matteo.
Beatrice si aggiustò il velo sul capo, incrociando gli occhi di un uomo fiorentino che svelto girò il capo.

«Hai ragione, devo tornare a casa» ribattè la vampira «Devo tornare a Milano e capire cosa sta succedendo».
«Vuoi lasciare Firenze?»
La voce del vampiro aveva una nota di dolore. Per lui Beatrice era l'unica amica rimasta, soprattutto in quel momento, senza suo fratello. Tristano era ripartito e la villa era popolata solo da vampire che lo veneravano in quanto loro padrone.
Si stava sentendo solo e una parte di lui era spaventata.
«Sì e ciò che mi rammarica è che tu non capisca il pericolo di avere gli spagnoli così vicini».
«Se fossero pericolosi davvero, i cainiti se ne occuperebbero».

✵Fiore d'inverno, cristallo grezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora