Vento che soffia
Tempo di sabbia,
Occhi nascosti
D'eterna rugiada.
Guarda il tremore
Poc'oltre la duna
Non sono miraggi
Quelli che tocchi
Son urla mute
Che si ghiacciano al sole
Anime perse
Che il cielo non ode.Così cantava Mineptah, adagiata al suolo come un manto di velluto accarezzato dal vento.
La sua antica lingua, quella parlata dalle grandi maestà d'Egitto, la faceva sentire meno sola.
E, soprattutto, la aiutava a pensare.Daniele dormiva, lontano dalle imposte chiuse che facevano filtrare appena i primi raggi del sole.
Lei lo osservava da lì, da quelle dita chiare d'aurora che brillavano oltre la finestra.
Era passato davvero tanto, tanto tempo dall'ultima volta che ne aveva sentito il calore sulla pelle, quel bacio morbido che le scaldava il cuore.Un bacio caldo, come quelli che Hapy le concedeva ogni volta che potevano incontrarsi.
Perché anche lui era stato il suo sole e, una volta oscurato, il buio e io freddo si erano impadroniti di lei in maniera ineluttabile.Era accaduto così in fretta che non era riuscita neanche a rendersi conto di essere morta. Quel giorno, uscendo al fiume con Erdie, un alligatore l'aveva trascinata in fondo, divorandola.
E Hapy non aveva retto quella tragedia, si era ucciso, nonostante lei, sotto forma di spirito, gli stava accanto baciandogli le mani. Divisi così, tra la vita e la morte, lui non era in grado di percepirla.
«O forse lo eri, ed è per questo che hai sentito il bisogno di raggiungermi...» sussurró lo spirito in preda ai ricordi, senza smettere di guardare Daniele.Ricordava di aver seguito Hapy fino ad una grotta, fredda e secca, di averlo visto sedersi a terra in lacrime. E lei gliele aveva baciate, una ad una, cercando di stringerlo a sé più forte.
"Non sarai sola, amore mio" lo sentì sussurrare con un sorriso triste sul viso. Tra le dita, accanto al pugnale, stringeva l'anello che lei le aveva regalato poco prima di morire. "Vivremo in eterno nei campi di giunchi che mi hai spesso descritto e il nostro amore sarà consacrato agli dei."
Quelle parole le spezzarono il cuore, piangeva inginocchiata contro il suo petto. "Non possiamo... apparteniamo a due mondi diversi..." aveva detto lei, pur conscia che lui non potesse ascoltarla "le nostre anime non possono varcare gli stessi luoghi, se non questo mortale".Hapy però non la sentiva, piangeva ancora e le sue lacrime attraversavano Mineptah per gocciolare sulla lama.
Infilò l'anello dolcemente e lei glielo baciò. "Ti prego... non lo fare..." aveva sussurrato lei, distrutta.
"Sto arrivando, mia dolce Mine. Ti amo troppo per vivere senza di te. E voi, Dei potenti, scortatemi nella Duat e proteggetemi dai suoi demoni!"Fu quella l'ultima frase prima di pugnalarsi e solo gli Dei ascoltarono l'urlo straziante di Mineptah quando l'arma perforò la carne del giovane.
Lui non aveva emesso che un suono flebile, forse liberatorio.
E la morte giunse lenta su Hapy, concedendogli il tempo di varcare piano quella soglia tra la vita e la morte.
Un tratto di strada troppo breve, ma l'unico in cui lui riuscì a scorgere Mineptah e lei a baciarlo per l'ultima volta, con labbra tremanti.
"Ti amo" gli sussurrò "possano gli dei preservare la tua anima, perché sarà troppo lontana dalla mia..."'
Quell'ultimo tocco lui lo aveva sentito. In un ultimo sbuffo di vita, Hapy aveva spalancato gli occhi.Da allora non si erano più rivisti. Hapy aveva cercato di seguirla, di vivere con lei, ma invano. E quel dolore l'aveva seguita per un tempo troppo lungo.
Aveva sperato che le loro anime potessero un giorno trovare il modo di ricongiungersi, ma il tempo era passato e nulla era accaduto.
Nulla fino a quel momento. Fino a quando non aveva scorto Daniele, che l'aveva richiamata.
E i loro occhi si erano incrociati.Gli si avvicinò, eterica e silenziosa, osservandolo. Erano diversi, eppure il suo cuore sembrava scaldarsi in sua presenza.
«Perché sei in grado di farmi questo? Tu sei solo...» ma si interruppe.Gli sfiorò le labbra con le dita, pur consapevole di non poter avvertire nulla.
«Ho così paura di credere che gli dei mi abbiano ascoltata... Però... Se invece fossi tu...Se fossi tu amore mio...»
Mineptah baciò Daniele delicatamente, con ancora il ricordo presente dei baci che concedeva ad Hapy. E, incredibilmente, le labbra sue e di Daniele si incastravano nello stesso identico modo.«Che sia davvero tu... »
Quella riflessione durò poco. La pesante porta del laboratorio fu aperta, ma Mineptah non era in grado di vedere chi fosse entrato.
I fantasmi non potevano vedere i vampiri.
Si allontanò subito dall'alchimista, attendendo in un angolo ciò che sarebbe successo.***
Daniele si svegliò d'improvviso, avvertendo la presenza di Erdie troppo vicina a lui.
«Non sarei venuta io a comunicarti questa notizia, se non fosse davvero grave» gli disse lei, senza neanche dargli il tempo di riprendersi dal sonno.
«Ora che sei qui, parlamene» le rispose un po' scontroso.La vampira sorvolò su quell'atteggiamento, non aveva nessuna voglia di punirlo. Non in quel momento almeno.
«Beatrice è stata giustiziata, questa mattina. E il suo corpo dato subito alle fiamme».Daniele rimase sconvolto e incredulo. Chiese svariate volte se quelle parole fossero vere, ma, purtroppo, lo erano fin troppo. Erdie non avrebbe mai mentito sulla morte di Beatrice.
«È stata condannata senza alcun ricorso. Si è intromessa in una guerra tra umani e, come ben sai, questo è punito seriamente».Erdie non lo guardava, manteneva lo sguardo basso e lucido.
Beatrice gli aveva raccontato che un tempo lei e l'antico Reale erano state amiche, dividendosi per gioco i più grandi sovrani e nobili europei. Ed ogni uomo che Erdie toccava veniva brutalmente assassinato da Naram, che non era mai stato avaro nella sua presenza.
Tuttavia non le aveva mai pienamente creduto, essendo Beatrice famosa per le sue incredibili esagerazioni.
E, a giudicare da come Erdie gli aveva dato la notizia, sembrava essere stato tutto vero.«Non potevi intercedere per lei? Infondo resti la moglie del capo dei Cainiti».
Erdie si avventó su Daniele, afferrandolo per la gola e scaraventandolo contro le pareti con una forza tale da incassarlo all'interno della roccia.
«Non sono la moglie di nessuno».
Daniele stava soffocando, riempiendosi del sangue che gli usciva dalle ferite.
«Se avessi potuto avrei già ucciso Naram da tempo, riportato le leggi di mio padre su questa terra infestata dagli umani e mai e poi mai mi sarei piegata al volere dei cacciatori» sibiló l'immortale, per poi staccarlo dalla pietra e scaraventarlo al suolo.
Stava per parlare ancora, però quegli occhi ramati si riempirono nuovamente di lacrime che trattenne a stento. La vide solo aggiustarsi l'abito che nella concitazione si era guardato e uscire in gran fretta dal suo laboratorio.Daniele si sentì spezzato, incapace di metabolizzare quella morte così improvvisa.
Il suo viso era come bloccato nel vuoto, rigenerando in silenzio i tessuti che la pietra aveva rotto. I suoi occhi azzurri però pian piano si stavano spegnendo.Mineptah poteva solo vedere e sentire Daniele, confusa e spaventata dalle poche cose che era riuscita a sentire e vedere.
Tremava di curiosità, aveva bisogno di sapere cosa fosse accaduto, chi gli avesse fatto del male. Ma l'atmosfera nella stanza si era gelata. Daniele non sembrava volersi rialzare da terra.
In quel silenzio assordante c'era solo il pianto sommesso dell'immortale, e quel nome di donna che non cessava di ripetere.
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✵Fiore d'inverno, cristallo grezzo
VampireTratto dal libro: "La vista di tutto quel sangue lo sconvolse. Si inginocchiò all'altezza della ragazza, le scrutò gli occhi vuoti, le labbra aride dischiuse e immobili. Si accorse subito che davanti a sé vi era Erdie. «Dov'è Mine? » le domandò sper...