10~°°°I doni del Duca°°°

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Ducato di Firenze, Giugno 1536

Tutto il ducato di Firenze era in fermento. Mancavano poche settimane alle nozze di Alessandro il Moro, un matrimonio voluto per alleanze politiche tra papato e impero, con Margherita d'Asburgo, figlia dell'imperatore Carlo V. Era un'unione male assortita a causa della differenza abissale che divideva i due futuri coniugi: per quanto la vita di uno fosse guidata dalla sregolatezza e dall'eccesso, quella dell'altra era nobile e raffinata.

E ciò che li divideva maggiormente era l'amore che il duca provava verso Daniele.

I due uomini si erano conosciuti da appena un mese e Alessandro lo aveva già invitato in svariate battute di caccia. Fra i boschi della Toscana aveva provato più volte a restare da solo con il vampiro ed esternargli i suoi sentimenti, ma con astuzia Daniele era riuscito a schivare ogni avance.

«La mia pazienza reggerà ancora per poco. A breve Firenze avrà un nuovo duca» borbottava spesso il vampiro. Alessandro era uno spasimante oppressivo, ma generoso: nel palazzo Monticelli erano già giunti diversi anelli in oro recanti gli stemmi di Firenze o della famiglia Medici.

«La sua morte metterebbe in crisi Firenze, soprattutto ora che il papato si sta riconciliando con l'impero Asburgico» gli fece notare il fratello. Perfino nel vaticano la famiglia medicea aveva esteso le sue radici, facendo eleggere come papa uno di loro.

«Non mi importa granché» aveva risposto l'altro.

Matteo si massaggiò la radice del naso. «Ascolta fratello, siamo vampiri, siamo immortali, ma le nostre finanze non lo sono altrettanto. Vuoi vivere all'aperto, magari dentro qualche catacomba, come i vampiri comuni? Noi siamo stati trasformati da un vampiro Reale, il nostro sangue è potente, e io voglio continuare a vivere nel lusso».

Daniele, colmo di collera, lasciò la stanza sbattendo la porta. Lungo gli stipiti, iniziarono a correre lunghe crepe dovute all'urto.

Finché avessero continuato a vivere accanto ai mortali, avrebbero dovuto continuare a sottostare alle loro regole. E Daniele avrebbe dovuto assecondare i capricci di Alessandro.

Daniele entrò nella sua stanza con l'ennesima missiva del duca. Una lunga lettera d'amore che finì bruciata nel fuoco di una candela senza neanche essere letta.

«Non butti anche la spilla, Signore» la voce della giovane umana lo ridestò dal suo furore. Lo aveva atteso in piedi di fianco al letto, coperta solo dall'abito da notte.

«Te la regalo, a me non serve» le rispose lanciandole il gioiello di malavoglia. La ragazza lo guardò meravigliata, era uno splendido giglio in oro e madreperla, con delicate decorazioni azzurre come gli occhi del vampiro. Era un peccato se fosse finito tra le sterpaglie del giardino com'era accaduto per gli altri doni.

La ragazza strinse al petto il gioiello prima di riporlo con cura nella panca dove erano conservati tutti i suoi abiti. Era un dono del vampiro, quello stesso vampiro che in fondo aveva iniziato ad affascinarla.
Da quando si trovava in quell'enorme dimora era cambiata, le poche volte che si soffermava a pensarci, quasi rideva di se stessa.
Quelle quattro mura erano diventate la sua prigione e ormai non voleva neanche più scappare. Preferiva assecondare il vampiro in ogni sua voglia, restare sul letto a riposare ore ed ore in attesa del nulla.
Quella prigionia la stava spegnendo e l'unico bagliore di luce che per lei esisteva era il vampiro.

Lo guardò di sottecchi. Era poggiato alla finestra e guardava il tramonto irradiare di rubini il giardino e la grande fontana. I capelli biondi legati in una coda bassa, la camicia bianca aperta che svolazzava alla leggera brezza serale e pantaloni neri che gli fasciavano le gambe.

«Vorrei conoscere il mio destino» chiese piano.

Daniele non si girò neanche. «Non ti piace vivere qui? Avresti preferito bruciare su un rogo?»

«No, signore. Ma mi sento una prigioniera a cui non è concessa una sentenza».

Daniele si voltò a guardarla. I loro occhi si incrociarono e lui non riuscì a sfuggirgli. Le si avvicinò come un predatore, le pupille brillanti come quelle dei felini al buio.

«Ancora non ho deciso cosa farne di te» fu chiaro e le fu accanto «Ma questa tua innocenza risveglia ogni mio istinto».

Il modo in cui il vampiro le soffiò le parole sulle labbra fu in grado di incantarla. Daniele poteva usare i suoi poteri psichici, ma ormai gli bastavano le parole.

«Bere il tuo sangue ascoltando i tuoi gemiti è meraviglioso».

I canini del vampiro si allungarono e brillarono alla luce delle candele. Le dita affusolate iniziarono a scendere oltre il ventre il ventre della ragazza per aprirgli luoghi che presto avrebbe esplorato ancora una volta.

Mentre il vampiro univa il nutrimento al piacere carnale, qualcuno li stava osservando oltre i vetri delle finestre.  

  

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✵Fiore d'inverno, cristallo grezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora