Epilogo

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I cacciatori di vampiri si erano ritrovati contro l'intera armata dei cainiti: guerrieri immortali, soldati antichi, eroi di battaglie gloriose. Guidati da Naram, neanche le armi antivampiro erano in grado di nuocere loro.
Un assedio scoppiato all'improvviso e terminato poche ore più tardi.

Del castello, apoteosi dell'architettura raffinata, non restava altro che un mucchio di ceneri fumanti e strutture crollate.
Erdie aveva perso la sua libertà in un istante, all'improvviso e senza ragioni concrete. Solo cavilli a cui Naram si era appellato, il dichiararsi suo protettore e custode.
Infondo Erdie era pur sempre una donna, una femmina di vampiro che aveva mostrato di non saper contrastare un attacco esterno, mettendo a repentaglio i vampiri che le dovevano obbedienza.
Aveva bisogno di protezione agli occhi del mondo e chi meglio di Naram poteva farlo?

Mauren vide Erdie scortata dal seguito di Naram, un corteo di soldati schierati come statue dinanzi ai cacciatori italiani. Gli immortali lasciarono a loro l'onere di giustizia re gli ultimi spagnoli rimasti, ribelli che, almeno in apparenza, nulla dovevano centrare in quella alleanza.
Era un teatrino colmo di funzione, poiché l'animo dei cacciatori era, per natura, improntato verso lo sterminio dei vampiri.

Il ragazzo si consoló solo della salvezza di Erdie. Era prigioniera, ma pur sempre viva.

<<E ora con te cosa devo fare?>> sussurró.
Guardò la bambina che aveva tra le braccia. Stava dormendo con una manina tra le labbra.
Non aveva la minima idea di come dovesse accudire un neonato, probabilmente era perfino la prima volta che ne teneva in braccio uno.

Il ragazzo camminó spaesato nel bosco, muovendosi nel buio e pregando che la piccola creatura che portava con sé non si svegliasse.
Seguì la debole luce della stella polare, finché non trovó un piccolo villaggio.
Con sé portava dei soldi con cui riuscì ad acquistare un cavallo e del latte; e, con quelle poche cose che aveva con sé, partì verso i confini del regno di Napoli.

Cosa avrebbe fatto di quella bambina? Questa era domanda che lo tormentava. Non poteva crescerla e allo stesso tempo doveva far di tutto per tenerla in vita.
Comprese che l'unico posto in cui sarebbe stata al sicuro era Firenze, la città natale dell'alchimista. Se Daniele era riuscito a restare vivo, l'avrebbe trovata più facilmente lì. La corte medicea avrebbe ben tollerato le future stranezze di quella bambina metà vampiro.

***

Il viaggio fu lungo, freddo e stancante, però la piccola non sembrava aver sofferto. Aveva bevuto con gusto il latte che le era stato offerto, nonostante fosse tiepido

Firenze era una città misteriosa e compatta, ben diversa dai borghi a cui era abituato.
Era mattina, il cielo era però nuvoloso e denso. Probabilmente era anche in procinto di piovere.
La sua intenzione era quella di abbandonare la bambina dinanzi agli enormi cancelli della dimora Medici. Gli stendardi erano ovunque e, nonostante non conoscesse la città, non gli fu difficile trovare il palazzo Ducale.

Vi erano a calcato soldati a cavallo, fieri nel loro portamento, in attesa dinanzi al palazzo della Signoria.
Sotto l'enorme portone il vociare concitato si faceva via via più potente, in attesa di qualcosa; o qualcuno.

Cosimo, nuovo duca di Firenze dopo la morte di Alessandro, uscì con abiti festosi e regali. Guardava con orgoglio il suo esercito. I soldati gli avevano donato la sua prima vittoria militare. Firenze avrebbe visto in lui un protettettore indiscusso.
Alessandro era morto per mano della gelosia di un suo amante, aveva abbassato la guardia, si era reso debole, invece lui avrebbe reso noto fin da subito il suo temperamento. Era un soldato, un uomo pragmatico, non una donzella di corte.
E Dio era sicuramente al suo fianco.

L'uomo guardò il cielo, limpido e fresco, sgombro di nuvole e ricco di piccoli volatili. L'inverno era alle porte.
E, come avvenne il miracolo dell'Annunciazione, nella piazza, Dio sembrò mostrare la sua potenza.
Il cielo si annuvoló con nubi chiare di velluto, il sole posò le dita delicate su un punto preciso, dove tutti guardarono subito con stupore.
Le grosse pietre del suolo si sollevarono fra luce e polvere, dando vita ad una pianta.
Tutti i presenti si inginochiarono all'evento, in attesa che il miracolo si rivelasse.

In fretta l'arbusto crebbe con eleganza, rivelandosi essere un magnifico e maestoso ulivo.
E, nel tronco cavo, il pianto di un neonato fu udibile da tutti.

Cosimo si avvicinó all'albero nato per intervento divino, raccogliendo tra le braccia una neonata.
Quel gesto generò un moto di grida adoranti che animarono tutta Firenze.
Cosimo aveva finalmente ricevuto il dono di Dio che tanto aveva atteso.

Mauren resistette fra la folla il tempo necessario per assicurarsi che il duca accettasse la piccola bambina.
I poteri conferitigli dagli antichi erano immensi, ma anche spossanti.
Il suo fisico non riusciva a sopportare il peso, soprattutto dopo un'alchimia di tale potenza.

Il ragazzo resistette solo il tempo di osservare Cosimo sollevare in alto la piccola bambina e di scoprirne il nome.
Bianca.
Bianca de'Medici.

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La battaglia a cui faccio riferimento avvenne nei pressi della rocca di Montemurlo il 1º agosto 1537. Purtroppo per mantenere la coerenza temporale della trama ho dovuto spostare lo scontro di qualche mese. Spero possiate perdonarmi.


✵Fiore d'inverno, cristallo grezzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora