12. l'allievo supera il maestro ma non il nemico (parte II)

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Quando un ragazzo ti dice una frase tipo io un'idea ce l'avrei quando tu tu chiedi ora cosa faccio? tu ti immagineresti tutti gli scenari possibili

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Quando un ragazzo ti dice una frase tipo io un'idea ce l'avrei quando tu tu chiedi ora cosa faccio? tu ti immagineresti tutti gli scenari possibili. Il che include anche cose decisamente strane.

Peccato che Dario Gori non sia mai stato una persona prevedibile e che io caschi sempre nelle sue trappole come un cane che si morde la coda.
Lui è la trappola.
Anzi, la trappola è il nostro odio.
Lui è il formaggio, e io sono lo stupido topolino che si avvicina al formaggio senza rendersi conto della trappola.

"Pensavo che avessi un'altra idea, se devo essere sincera."
Siamo a casa da soli.
Se ne sono andati tutti a fare una passeggiata in giro per Rivalago ( a prendere un gelato, così hanno detto, un'oretta massimo e torniamo indietro, hanno detto), e sono andati letteralmente tutti, compresi Mattia e Agnese, che sono stati obbligati perché papà non si fidava a lasciarli sotto la nostra custodia, visto che pensa ancora che io e Dario nella stessa stanza significhi esplosione di massa.
Il che è vero, in effetti, ma direi che visti gli avvenimenti delle ultime ore i nostri incontri sembrano più un'esplosione di ormoni.

Certo, in casa ci sono anche Alberto ed Enea, ma stanno dormendo, e se non stessero dormendo sarebbero troppo occupati a sboccare, vista la quantità di vino che hanno bevuto.

E quando Dario è venuto verso di me con quel ghigno strafottente giuro che mi sono immaginata i peggio scenari.
Scenari che, ci scommetto qualunque cosa, sognerò da ora fino alla fine dell'estate.
Tutti i miei castelli immaginari sono però crollati quando ha tirato fuori le carte di Uno dalla tasca dei pantaloni.

E ora eccoci qui, sul tavolino persiano di nonna, seduti per terra, a giocare ad Uno.
"Te piacerebbe." Dice fulminandomi con lo sguardo, prima di mettere la carta cambia colore e piazzare un tre rosso.
Bastardo, io ho solo carte gialle.

"Mi piacerebbe di sicuro più che giocare ad Uno."
Non è vero, giocare ad Uno mi piace, però ho voglia di stuzzicarlo un po', farlo arrabbiare, magari, visto che ha passato tutta la serata a stuzzicare me.
È ora di darci il cambio, o no?
"Finiamo la partita."
Dice, senza staccare gli occhi dalle carte.
Pesco dal mazzo, trovando una +4.
Bingo.
Gliela piazzo davanti e lui grugnisce.
Ben ti sta, scemo.

Ma prima che io possa gioire Dario mette sul tavolo tutte le sue carte.
"Mi sono stufato."
Tipico.
"Come tutte le volte in cui abbiamo provato a giocare. Ti stufi sempre quando non vinci."
"Non mi piace perdere."
"Nemmeno a me."
Se i nostri occhi potessero lanciare fiamme ora saremmo entrambi un cumulo di cenere.
Spero che capisca tutti gli insulti che gli sto lanciando.
Scemo, cretino, testa di cazzo, deficiente, senza palle.

Io di sicuro sto capendo i suoi.
Stronza, infame, rompicoglioni, idiota, imbranata.

Anch'io lancio le mie carte sul tavolo.
Mi ha fatto girare i coglioni.
Incrocio le braccia al petto e lui mi guarda quasi schifato.
Gli alzo il dito medio, ma lui non fa altro che girare la testa dall'altra parte.
Mi alzo, decidendo che ne ho abbastanza di lui e dei suo complessi da ragazzino in fase pre-puberale. Capirei se li facesse Mattia, ma ha quasi diciotto anni queso scemo, Cristo!

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