17. bonjour bitches e tu da fatto non mi hai mai visto

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"Bonjour, bitches."
Non ho bisogno di girarmi per capire che la proprietaria di questa voce fastidiosa è Chiara Sava, perché mi basta vedere Andrea, il capitano della squadra blu, alzare gli occhi al cielo.

"Ciao, Chiara." Borbotta qualcuno mentre cerca di tenere a bada dei bambini, probabilmente senza rendersi conto che la biondina ci ha appena chiamati tutti bitches.
Bitch ci può chiamare sua nonna, ma le ho già arrecato troppo dolore e mi sento già troppo in colpa per farglielo notare, quindi deciso di starmene zitto.

L'ho fatta piangere, due giorni fa.
Quando mi ha detto che voleva una possibilità le ho risposto di andarsene a fanculo e di aggrapparsi a qualche altro rompicoglioni perché io non avevo tempo per le sue cazzate.
Si è messa a piangere, per poi sibilarmi che ero un insensibile del cazzo.
Per un attimo mi sono sentito male, un misero attimo in cui mi sono chiesto quanto le lacrime di Chiara fossero vere. Ho passato abbastanza tempo con lei da sapere che è maledettamente brava a convincere le persone a fare quello che vuole lei.
Le ho riso in faccia, credendo che mi stesse prendendo in giro e a tal punto lei si è messa a pestarmi i piedi, fino a quando la Rossella ed Enea non sono usciti di casa basiti.
Hanno dovuto spostarmela di dosso con la forza, altrimenti la biondina non mi si sarebbe staccata.

Credo che sia ancora incazzata con me e non le faccio una colpa: anche io sono perennemente incazzato con me, soprattutto se sono obbligato a dover trascorrere le mie giornate in un campo sterrato a curare dei bambini che faccio finta di non odiare.
"Ciao, Dario." Sputa la vipera, chiaramente arrabbiata. Io non mi giro nemmeno, continuando a formare la mia squadra di calcio.
Sì, quello scemo di Don Roberto organizza ogni anno tornei sportivi per i ragazzi più piccoli e persino per quelli più grandi e io, da capitano della squadra rossa, devo formare la mia squadra di calcio e quella di pallavolo.
Grazie a Dio ho dei bimbetti abbastanza forti in entrambi gli sport.

"Ti ho detto ciao."
Non ho bisogno di alzare lo sguardo per capire che Chiara è di fronte a me.
Mi basta vedere le sue Vans.
Il fatto che si sia messa un paio di Vans mi fa capire che oggi è una giornata di merda per lei.
"Ho sentito."
Replico, il che fa incazzare Chiara talmente tanto che si mette a calciare i sassi dello sterrato.
La cosa mi sorprende, ma continuo comunque a farmi i cazzi miei.

Sono seduto sul muretto del campo da calcio, e Chiara è in piedi proprio di fronte a me.
Io sono intento a decidere quale ragazzo piazzare come punta sinistra nella squadra di calcio, ma mi accorgo quando lei si muove e si accuccia proprio di fronte a me.
"Dario, mi puoi guardare per favore?"
"No."
La sua mano finisce sul mio mento.

Mi obbliga a fissarle gli occhi azzurri, contornati da un paio di occhiaie violacee che mi fanno venire la pelle d'oca.
È colpa tua, mi dice una voce nella mia testa, e io non posso fare altro che concordare.
Scaccio la sua mano dal mio mento con prepotenza, ma lei non si scosta di un millimetro.
Si alza, per poi sedersi accanto me, vicino quanto basta per parlare ma abbastanza lontano da non far scontrare le nostre spalle.

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