8. nonna pettegolezzo e siete arrivati insieme

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Mi sveglio con il suono del mio cellulare che arriva da sotto al mio cuscino

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Mi sveglio con il suono del mio cellulare che arriva da sotto al mio cuscino.
Ci metto cinque minuti buoni a rendermi conto di ciò che sta succedendo e tra sbadigli vari riesco a prendere in mano il cellulare.

Spengo la sveglia, osservando bene cosa c'è scritto sul mio schermo.
Alzati cogliona, devi andare in oratorio.
Oh, cazzo.
Sbuffo, nascondendo la testa sotto alle coperte, con tutta l'intenzione di non andarci in quel maledetto oratorio, ma qualcuno che bussa alla porta della mia camera rovina i miei piani.

"Chi è?" Biascico con la faccia nel cuscino e ciò che mi arriva in risposta non mi migliora di certo la giornata.
"Chi è secondo te? Spero che tu sia già in piedi o ti faccio cadere il tetto addosso, sciura."
Oh, bene, la vecchia si è ripresa.
A quanto pare il colpo che le ha fatto venire zia Giuditta è servito solo a farla diventare ancora più acida.
Ha passato due giorni a letto a lamentarsi che siamo tutti una delusione ed ora sta per sfondare la mia porta (anzi, la sua porta visto che questa è casa sua) a suon di pugni.

"Arrivo! Non distruggerò i tuoi buoni rapporti di vicinato con Don Roby, stai tranquilla!" Grido con la stessa rabbia del Freezer e quando la sento scendere le scale borbottando che sono un'ingrata mi alzo da letto, aprendo l'armadio e piazzandomici davanti.
Bene.
Non ho niente da mettermi.

Tutte le volte che vengo a Rivalago trasporto praticamente il mio armadio di Milano e lo piazzo qua. Ho portato letteralmente tutto, eppure non so davvero come vestirmi.
Sicuro come l'oro non mi metterò una gonna. Non è adatta per correre dietro ai bambini iperattivi.
Passo in rassegna i pantaloncini, prendendone alla fine un paio di jeans, comodi e pratici.
Guardo un po' le mie magliette, per poi optare per una semplice canotta rossa con le spalline strette, abbastanza larga da farmi stare comoda.

Afferro anche il mio cappellino rosa perché oggi non ho voglia di parlare con nessuno e mettermi questo coso in testa mi sembra l'unico modo per far capire ai miei parenti che non voglio avere nulla a che fare con loro, almeno per oggi.
Sono contenta di dover andare in oratorio, certo, vedrò Chiara Sava e quel svitato di Don Roberto, ma almeno starò lontano da questa casa per qualche ora, il che non fa mai male, vista la gente che vive qui dentro.

Infilo il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e rifaccio il letto alla bell'e meglio, poi apro la finestra giusto per far circolare l'aria ed esco dalla mia camera, dirigendomi in sala da pranzo.
Attraverso le scale e poi il corridoio con rabbia, facendo sbattere i piedi sul pavimento.
Quando arrivo alla mia meta nessuno ha bisogno di alzare lo sguardo per capire che sono io.

"Buongiorno, Nina." Zia Giuditta è l'unica che mi guarda e io le rivolgo un sorriso. Non ho intenzione di parlare.
Le indico il cappello e lei annuisce, facendomi l'occhiolino. Zia Giuditta è l'unica Balti che non vorrei picchiare a sangue, ora come ora.

Prendo il mio solito posto a tavola, tra Alberto e Mattia.
Spalmo il burro e poi la marmellata di ciliegia sulla mia fetta biscottata, masticando in silenzio, mentre i miei parenti sono tutti intenti a conversare tra di loro.
Papà sembra rinato dopo la chiamata di mamma di ieri sera e chiacchiera allegramente con Giulio del più e del meno.
Alberto è ancora in uno stato di trance: ha già detto a Don Roberto che non ha intenzione di aiutarlo con l'oratorio quest'anno, che è troppo grande e bla bla bla. I gemelli Gori hanno detto la stessa cosa, quindi siamo rimasti solo io e Dario, come due coglioni, a dover assecondare quel Don dalle idee di merda.

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