13. lo sguardo di una madre e cosa passa nella sua testa

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È passato un giorno

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È passato un giorno.
Un solo giorno e le acque ancora non si sono calmate.
La tensione è talmente palpabile che ho persino paura di uscire dalla mia stanza, visto che sono tutti tesi come corde di violino e basta un solo passo falso per aizzare tutti gli abitanti di questa casa gli uni contro gli altri.

È per questo che ho deciso di sgattaiolare in cucina verso metà mattina (quasi tutti gli adulti dormono, stranamente) per prendere un tazza di cereali e tornare in camera mia, a rimuginare per i fatti miei.
Ho tante cose a cui pensare, prima tra tutte l'offerta di mia madre.
Ieri, dopo che papà ha passato due ore a farmi smettere di piangere, mamma ha chiamato per chiedere come stessimo.
Papà ovviamente le ha spifferato tutto ciò che è successo e mamma è partita in quinta.
Mi ha chiesto di tornare a Milano per quattro giorni, giusto il tempo dei corsi di recupero, per sbollire un po' la rabbia e far calmare le acque.

Le ho risposto che verrò e che papà mi porterà a Milano domenica, visto che mamma è al lavoro e non ha tempo per venire a prendermi.
Papà è stato subito d'accordo, probabilmente perché si tratta di scuola e soprattutto perché ha visto quanto io sia emotivamente instabile in quest'ultimo periodo.

Ieri, non appena Ines ha fatto il suo ingresso, l'attenzione di tutti si è concentrata su di lei e io l'ho ringraziata mentalmente per aver distratto tutti da me, che ero ancora intenta a piangere tra le braccia di suo figlio.
Inutile dire che Dario, Clarissa ed Enea erano già a conoscenza dell'arrivo della madre (Dario e Clarissa sono andati a prenderla all'aeroporto) e quindi non hanno dato un minimo segnale d'interesse.
La nonna ha rischiato di svenire una seconda volta, con zia Giuditta a sorreggerla, io invece sono stata bruscamente staccata dalle braccia di Dario e trascinata su in camera mia da mio padre.

Io e papà abbiamo passato due ore nella mia stanza, seduti sul pavimento, a parlare di cosa c'è che non va. Gli ho detto che mi sento completamente esclusa da tutto quello che sta succedendo alla mia famiglia e che non sopporto il fatto che nessuno di loro si sfoghi con me e ho passato un'altra ora a piangere sulla spalla di papà.

Quando finalmente mi sono calmata lui è sceso per portarmi il pranzo e ho passato il resto del pomeriggio a guardare film e le mie vecchie partite di pallavolo che papà registrava tutte le volte.
Strano a dirsi ma ero pure brava e ho deciso che da settembre tornerò a fare pallavolo, scuola permettendo.

Per cena sono scesa giù con gli altri e la tensione era mascherata da zia Giuditta, che cercava inutilmente di farsi aiutare nel preparare il matrimonio: l'hanno fissato per quest'estate, per il ventotto agosto.
Non so come faranno ad organizzare tutto in poco più di un mese, ma nonna dice che ha molte conoscenze utili.
Per il bene di zia Giuditta e per la salute mentale di tutta la famiglia spero che queste conoscenze si rivelino essere davvero utili.

"E se succede anche a me?" Mi ritrovo a sobbalzare quando zia Giuditta entra in cucina, un quaderno ad anelli sottobraccio e tutta l'aria di chi è sul punto di mandare tutti affanculo.
"Mh?" Chiedo, ingurgitando i miei cereali alla velocità della luce per ritornarmene nel mio posto sicuro (aka camera mia).

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