23. guardie e ladri e belle ragazze di milano

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Agosto non mi è mai piaciuto come mese

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Agosto non mi è mai piaciuto come mese.
La fine dell'estate si avvicina, si sente la pressione della scuola e fa decisamente troppo caldo.
Qua in montagna, poi, fa caldo e piove, nel senso che non si capisce bene quale sia il tempo. Come oggi, che fuori sta grandinando e siamo tutti costretti a stare in casa.

Solitamente non sono così triste quando arriva Agosto. Per me questo mese significa meno tempo da passare qui a Rivalago e meno giorni che mancano al mio rientro a Milano.
Quest'anno però le cose sono cambiate.
Molto cambiate.

"Secondo me delle belle viole come centrini non sarebbero male."
Decreta zia Giuditta, mordicchiando una bic nera mentre il farmacista sfoglia le riviste di matrimonio. Mancano più o meno venti giorni al loro matrimonio e stanno sistemando quelli che sono ormai gli ultimi dettagli. Ovviamente ogni cosa è controllata per filo e per segno dal Freezer, che però ha mollato un po' la presa dopo che la zia è svenuta ed è dovuta andare in ospedale.
Il farmacista è sempre più contro la vecchia e questo gli fa ovviamente guadagnare punti con mia madre, che è più euforica della stessa Giuditta per questo matrimonio.

Io sento il loro vociare in sottofondo, le battute del farmacista e le risatine di zia Giuditta, ma i miei occhi sono troppo concentrati verso quella parte del salotto dove gli altri ragazzi stanno giocando ad Uno.
Io non ci gioco mai perché faccio schifo, ma è una sorta di ricorrenza quella di giocare sempre a questo solito e noioso gioco di carte.
E ovviamente è inutile dire che Dario, come tutte le volte, sta palesemente barando.
Incredibile come nessuno tranne me sia mai riuscito a capire che se vince è solo perché bara.

"Uno!" Grida infatti il deficiente, per poi piazzare sul tavolino di ciliegio l'ultima carta e far sbuffare sonoramente quella testa calda di Agnese.
"Stronzo!" Grida infatti la biondina, e la voce di Ines tuona sopra tutte le altre.
"Agnese!" Risponde la portoghese e per un sottile attimo mi sembra di essere tornata ai vecchi tempi, quando questa villa era riempita di battutine e di risate e non di sentimenti schiacciati e rimorsi.

Guardo Dario, che se la gongola tutto contento perché ha vinto di nuovo, per la terza volta di fila, e mentre osservo il suo sorriso spietato mi chiedo perché ci abbiamo messo così tanto.
Se ci fossimo svegliati un po' prima forse avremmo avuto più tempo per fare tutto, per capirci meglio e cercare di migliorarci.
Eppure abbiamo buttato all'aria troppi anni, passati a inseguirci senza mai prenderci a vicenda.

Ora, però, dopo diciassette anni, ho finalmente capito che forse avevo completamente sbagliato rotta con Dario Gori.
Istintivamente la mia mano sfiora la mia clavicola, dove sono sicura ci sia ancora un segno violaceo che non è altro che la prova vivente e bem visibile di una notte passata a fare cose che i miei genitori spero non vengano mai a sapere.
Anche lui ha i segni delle mie labbra sparsi per tutto il petto, nonostante io avessi voluto lasciarglieli su quel collo affascinante che si ritrova.
Mi sento peggio di Edward Cullen a fare questi pensieri ma Dario riesce a mandarmi in tilt, a fondermi quei pochi neuroni che ho.

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