Ceremony(1/2)

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Capitolo XLIX

" Lo credete incatenato a voi! Ma siete voi a essere incatenata a lui. Lui dorme tranquillo, mentre voi vegliate per i suoi piaceri. Che farebbe di più un suo schiavo?"

- Relazioni pericolose 1988-

- Siamo arrivati- Annunciò il taxista, fermandosi davanti ad un palazzo modesto

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- Siamo arrivati- Annunciò il taxista, fermandosi davanti ad un palazzo modesto. Vasi enormi costeggiavano i portoni della struttura.
Un sacco di gente se ne stava in piedi all'entrata, aspettando di entrare con il loro invito.
Donne e uomini vestiti con minuziosa eleganza. Lo sguardo altezzoso e il petto gonfio. Come non riconoscere la gente della classe alta.
E Uriel doveva sicuramente trovarsi nel loro mezzo.
Sospirai voltando lo sguardo verso il profilo silenzioso di Hansel.
Pareva in Ansia, irrequieto. Come se non volesse mettere piede là dentro. E come lui, nemmeno io volevo rivedere Uriel. Non volevo spolverare i mostri nel mio armadio, eppure, lo stavo facendo.
- Hansel, qualunque cosa accada. Tu resta con me. Capito?-
Mi riservò uno sguardo confuso, profondo. Le labbra serrate e le mani ferme.
- Siamo in territorio nemico...-
Abbandonai la vettura, seguita dalla figura nervosa di lui.
- ... ed il campo è minato-.

 ed il campo è minato-

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🔸Castiel🔸

Il fianco mi doleva così tanto da farmi impazzire. Uriel mi aveva assestato un colpo feroce con il dorso della pistola che teneva all'interno della cintura. Tanto da smorzarmi il respiro e recidermi l'aria. Temevo di avere una costola fratturata.
- Accidenti Castiel! Non potevi evitare di insultarlo!-
Nairobi stava appiccicata alla mia figura sofferente. Un braccio attorno alla mia vita. E con disappunto osservava la situazione. Al contrario di Uriel, il quale invece dialogava tranquillamente con altri uomini del suo calibro. Camminava davanti a noi, seguito da persone importanti. O almeno, avevano l'aria di essere senatori. Organi del governo.
- Uriel! Penso che abbia bisogno di un dottore!-
Nairobi cercò di farsi sentire in mezzo alla calca. Trascinandomi tra la massa di invitati.
Gli sguardi curiosi. Altri invece affascinati dalla presenza di Uriel. Una qualche divinità ancestrale. Un dio per gli uomini.
- Che cosa hai detto Nairobi?-
Uriel alzò una mano verso gli ospiti, chiedendogli di scusarlo per qualche secondo. E poi rallentò il passo per noi.
- Sta male, non riesce più a fingere!-
Uriel mi aveva ordinato di camminare retto, di far finta di niente. E nonostante il male inflitto, mi aveva obbligato a venire con loro. A una stupida e soffocante cerimonia.
Avevo il fiato corto, un forte senso di vertigini alle gambe.
- E' così Castiel?-
Si rivolse a me, appoggiando una mano sulla mia spalla. Gli occhi divertiti fermi sulla mia faccia.
Quasi come se volesse gustarsi la scena: La fatica che sembrava trasparire dal mio sguardo. Il mio respiro accorto. La fredda sudorazione.
L'ansia e l'instabilità dei miei movimenti.
E poi sorrise. Un ghigno ampio e smagliante.
- Non vedo l'ora che lei ti veda in queste condizioni!- esclamò soddisfatto.
In pochi gesti imprevedibili, mi sciolse la cravatta. E sempre con la stessa mano sbottonò i primi due bottoni.
- Lascia che veda pure questi- aggiunse, riferendosi ai marchi rossastri sul collo.
I morsi indesiderati che mi aveva regalato sua sorella.
- Ariana è qui...?-
Lo guardai con la bocca aperta. Gli occhi sconvolti ma al tempo stesso speranzosi.
In cuor mio, contento di vedere una faccia famigliare. Qualcuno che non appartenesse a questo inferno.
- Non pensare di scappare-
Mi scrutò attentamente, dandomi una lieve pacca sulla spalla.
-Tu sei mio, e presto lo sarà anche l'altro tuo amico-
Si fermò per qualche secondo, con fare pensieroso.
- Hansel... Giusto? Si chiamava così?-
Socchiusi gli occhi, scuotendo la testa; e per
un attimo, mi dimenticai delle fitte al fianco sinistro.
- Non ti azzardare bastardo!-
Uriel mozzò le mie parole, parlando sopra di me.
- Non mi devo azzardare a fare cosa Castiel?! Non osare darmi ordini!-
Il suo viso a un millimetro dal mio.
Sembrava pronto a mettermi le mani addosso.
Un essere che perdeva la calma in pochissimi secondi.
- Uriel! Ha bisogno di un medico per favore!-
Nairobi lo cinse per un braccio allontanandolo da me. Lo sforzo che avevo fatto mi strappò un altro gemito involontario. E stavolta dovetti tenere una mano sul fianco, appoggiandomi alla parete più vicina.
- No! Nessun medico-
I suoi occhi erano adirati. La bocca storta in una smorfia seccata.
Mi lanciò un'ultima occhiata di rimprovero, per poi guardare sua sorella.
- Tieni a bada la tua bestia Nairobi! O la prossima volta farò in modo di punirla per bene!-
Ci abbandonò lì sul lato del corridoio. Unendosi alla folla come se nulla fosse.
A momenti, come se non mi avesse appena umiliato, sotto gli occhi sorpresi degli altri invitati.

Bestia? Ero forse visto come un animale adesso?

Nairobi infilò le mani tra i capelli, mordicchiandosi il labbro.
- Diamine Castiel! Come cazzo fai a farlo infuriare ogni volta?-
Trattenni un respiro, cercando di patire in silenzio. La frattura faceva molto male. E mi sembrava di avere un pugnale conficcato nel fianco.
- Cazzate...- replicai - Solo cazzate...-
Quello si infuriava solamente perché respiravo.
Manco lo avessi insultato. Non avevo nemmeno detto una parola.
- Avanti andiamo-
Infilò il suo braccio dietro la mia schiena, aiutandomi a rimanere retto e a non destare sospetto.
Nairobi mi arrivava al petto. Ed essendo alto, sembrava che la stessi schiacciando sotto il mio peso.
Camminammo in silenzio fino alla reception e poi verso la sala grande.
- Eccoci, siediti qui-
Mi aiutò a sedermi sulla sedia, dispiaciuta quando un'altra imprecazione lasciò le mie labbra.
- Vado a cercare Geyser, non ti muovere-
Mi stampò un bacio frettoloso sulla fronte, prima di sparire come suo fratello, fra il mare di corpi.

[...]

Davanti a me stava una tavola imbandita. Presunsi fosse il buffet dedicato agli ospiti della festa. Un banchetto sontuoso da far venire l'acquolina in bocca. E mi ritrovai presto con lo stomaco brontolante. Conscio di essere a digiuno; per via del poco che riuscivo a mangiare. Poiché il mio organismo ripudiava persino l'atto di ingoiare.
Nel mio asfissiante tormento, notai qualcuno passare di tanto in tanto.
Ogni tanto mi rivolgevano qualche sguardo perplesso. Invadente.
Di rado, compassionevole.
Forse turbati dal mio colorito pallido e spossato. Sofferente e affaticato.
Tuttavia, nessuno osava avvicinarsi. E come erano venuti così se ne andavano.
Per loro ero soltanto una bella opera d'arte da ammirare ma non toccare.
Avrei voluto gridare aiuto.
Chiedere di avere qualche cellulare.
Ma apparivano tutti così indifferenti. Distanti.
E presto mi arresi, sentendomi ancora più male.
Trafitto dall'orribile realtà che sussisteva nel mondo.

"Non tutti erano qui per aiutarti, ma solo per aiutare se stessi".

Chiusi gli occhi, i denti contro le labbra. La testa annebbiata. E così restai per altro tempo ancora.
Finché non provai una piacevole sensazione lontana. Un odore famigliare. Un profumo soave che invase il mio sistema ed offuscò il resto del mio corpo.
Dopodiché, una mano parve accarezzarmi la guancia, prima gentilmente e poi con trasporto. Afferrando entrambi i lati del mio viso.
- Castiel?-
Socchiusi gli occhi, incontrando due orbe incantevoli.
Due abissi senza fondo.
Il volto immacolato. Lo sguardo afflitto.
E ne fui totalmente sconvolto. Devastato.
Così tanto che mi tremarono le labbra e potei chiaramente udire il nodo in gola.
Vi erano solo due possibili spiegazioni: stavo seriamente guardando la mia voragine negli occhi, o la pazzia mi stava letteralmente dando alla testa.
Per il dubbio, sbarrai di nuovo gli occhi solo per aprirli nuovamente.
Lei era ancora lì. Chinata su di me.
Il mio respiro contro il suo. Il calore della sua pelle sulla mia.
Non stavo affatto sognando...
- Ariana...?-

✴ THE SICK GIRL  ✴[Prima Parte]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora