Capitolo XLVI
" Tuttavia, erano sempre i nuotatori migliori ad affogare...".
-Visconte De Valmont-
La mia mente riposava ancora nel tormento.
In balia della luce sonnolenta e del gelo onnipresente.
Seduto al centro della stanza, sul pavimento.
Intento a guardare le due bambine dormire beate una abbracciata all'altra.
Avevo fatto il possibile. Le avevo dato tutte le medicazioni di cui potevo disporre.
La mia più totale e completa attenzione.
E ora restava soltanto che si rimettesse in sesto; che la febbre l'abbandonasse.
Oltre a ciò, non avevo molto da dire. Nulla su cui ponderare. Niente di concreto, poiché trovavo la situazione inconcepibile.
Inammissibile.
Per come un padre potesse lasciare le proprie figlie in quello stato pietoso. Dimenticarle in uno scantinato senza nome, e senza protezione.
Sospirai, ormai un'abitudine, un vizio continuo da quando avevo conosciuto Ariana, Hansel e Uriel.
E di nuovo mi sembrava di aver girato il mondo senza mai fermarmi. Senza mai prendere una pausa.
Allungai una mano rimboccando le ragazze con le coperte lasciate da Geyser.
Pertanto, avevano divorato il cibo che avevo conservato. E lo avevano mangiato con foga e parecchia fretta.
Affamate e prive di energia.
- Tu non dormi...?-
Trasecolai, colto di sorpresa. Nairobi stava in piedi davanti alla soglia dello scantinato. Le braccia conserte. Un sorriso tirato sulla bocca.
- Quando sei arrivata?- domandai, tornando a respirare con più scioltezza.
- Domanda errata...-
Nairobi sì avvicinò, venendosi a sedere di fianco a me.
La guardai ancora più confuso, perplesso e stupito. Avevo pensato che una donna come lei amasse solo la lussuria e la perfezione. E che non si sarebbe mai permessa di sedersi su un suolo freddo e scomodo.
- Sei tu quello che non mi ha sentito arrivare- affermò lei, allacciando le braccia attorno alle gambe. Il mento sulle ginocchia.
Annuii con la testa, rimanendo in silenzio.
Potevo sentire i suoi occhi bucarmi il lato della faccia. Eppure, non osai ricambiare.
- Grazie per avermi difeso... Prima...- buttai giù lì, cercando di riempire il silenzio tombale.
Nairobi non rispose subito.
Anzi, prese a studiarmi per qualche secondo in più. E poi alzò una mano sui miei capelli, spostando le ciocche ribelli dalla mia vista.
- Non devi ringraziarmi. Non farlo-
Afferrai la sua mano, stringendola nella mia.
Allontanandola dalla mia figura.
- Perché no?-
Stavolta la guardai. Fissai le mie orbe in quelle di lei. E per un secondo i suoi occhi parvero scuri. Proprio come quelli di suo fratello.
- Non so ancora perché l'ho fatto. Non riesco nemmeno a spiegarlo a me stessa-
Strinse gli occhi con aria afflitta.
Lontana. Aggrottai la fronte, scrollando il capo.
I ciuffi ribelli di nuovo davanti ai miei occhi.
Non capivo le sue parole. E penso che la mia frustrazione fosse palese.
- Quando sono tornata nella mia stanza, pensavo di trovarti ancora lì. Sul letto o nella vasca. Ma poi, quando ho saputo che Uriel ti aveva fatto chiamare, mi sono spaventata.-
Nei suoi occhi a mandorla, lampeggiava una luce misteriosa. Ambigua.
- Stranamente ho pensato che... Io non volevo...- si fermò per un istante. Lo sguardo perso su un punto indefinito del mio volto.
- Non volevo che Uriel ti uccidesse e non volevo ucciderti neppure io, capisci?-
Scossi il capo, stordito dalla confusione. Dai mille e trecento dubbi nella testa.
Che cosa stava cercando di dirmi? E perché mi trattava con molto riguardo?
Non riuscivo a pensare a niente di sensato.
- Insomma... Ho pensato molto ieri sera. Ho pensato a mio fratello e poi a me stessa...-
La sua espressione parve leggermente seccata, delusa.
- Ho tentato di mettere insieme i pezzi.
Di capire perché ti ho risparmiato? Perché non ti ho dissanguato come ho fatto in passato...-
I pugni serrati e gli occhi distaccati.
- E sai cosa...? Ho capito che non sono io, non è Uriel. E nemmeno Anastasia. Sei tu. Tu sei quello strano... -
La guardai incredulo. Senza parole.
Dal momento che era alquanto ridicolo sentirsi chiamare "strano" in un luogo dove regnava la violenza e la follia.
Loro erano quello strani, folli e bizzarri.
Come merda potevo essere io quello strano?
- Castiel... E' come se noi vivessimo per ucciderti, e proprio perché viviamo per quello, tu non puoi morire... Perché se dovessi, allora tutto il resto non avrebbe senso...-
- Per favore basta-
La interruppi, prendendomi la testa tra le mani.
Mi girava la testa.
Giuro che mi sentivo male.
Assopito da una solcante frustrazione nel non riuscire a comprendere una virgola di quello che stava dicendo.
Un pianto interno. Un'atroce insoddisfazione.
- Mi spiace...- disse lei velocemente. - Non era mia intenzione confonderti in questo modo-
Scossi nuovamente il capo.
- Tranquilla. Non sei la prima- commentai, riferendomi ad Ariana. A come ella spesso, si divertisse a fottermi il cervello.
Mi sforzai di sorridere, come se non fosse successo nulla.
Come se in verità non stessi scoppiando.- Castiel...-
Questa volta fu il suo corpo a essere più vicino, appressato accanto al mio.
Tanto da sentirne il calore e il profumo speziato.
- Tu l'ami? -
Dovetti fissare il suo volto per altri secondi in più, per rendermi conto della domanda che mi aveva appena fatto.
Storsi la bocca e poi sbuffai.
Cazzo... Era tremendamente difficile pensare a quello che provavo, in una situazione così complessa. Non sapevo nemmeno da dove iniziare.
Strinsi gli occhi, liberando un lungo e lento sospiro. Il fiato corto. Il cuore in subbuglio.
- Se dico di sì, mi condanno a morte da solo. Dato che non sono sicuro che lei provi forti sentimenti per me ma...-
Non capivo perché glielo stessi raccontando, né perché stessi condividendo tali insicurezze con una persona come lei.
Avrei dovuto tenere tali informazioni per me.
- Ma se dico di no, inganno solo me stesso. Quindi preferisco non pensarci...- risposi, abbassando lo sguardo.
Le nostre voci si perdevano nel vuoto in deboli echi per la stanza.
- Che peccato...-
Mi accigliai al suo commento , osservando la sua espressione afflitta.
Nairobi era davvero una bella donna, il genere capace d'indurre qualsiasi uomo a fare quello che voleva. La lunga chioma ramata mi portava con la mente agli oggetti in rame che costruiva mio nonno quando ero bambino. A come a volte, sulla mensola, catturassero la luce del sole.
Lei avrebbe potuto avere ogni persona al mondo. Chiunque avesse voluto.
Quindi perché sembrava offesa dalla mia confessione?
- E se ti dicessi che mi piaci?-
Le lanciai un'altra occhiata incredula, e poi scossi la testa.
- E' impossibile... Insomma... Neanche mi conosci?- obiettai, non trovando un senso logico.
Il mio ragionamento sembrò farla arrabbiare. Il volto inondato da una rabbia tangibile.
Distolsi gli occhi dai suoi, guardando le bambine ancora addormentate. Il respiro dolce e silenzioso.
- Non vuol dire niente!-
Senza preavviso afferrò i lati della mia faccia nelle sue mani, avvicinando il mio volto al suo.
I suoi occhi grigi nei miei. Le labbra a pochi centimetri dalle mie.
- E poi non hai mica detto di amarla! Quindi cosa ti costa fare spazio anche per me?-
Mi distanziai dalla sua posizione, respingendo le sue mani con uno strattone.- Che diamine stai dicendo?! -
- Se dici di non amarla totalmente allora puoi accettare il mio amore!- Infierì con cattiveria.
Gli occhi lampanti. Quasi come se mi stesse minacciando di ricambiare i suoi sentimenti.
- Tu sei matta da legare!- dichiarai irritato.
Seccato dai loro atteggiamenti infantili.
Uriel e Nairobi vivevano nell'assurda idea di poter comandare i cuori delle persone a loro piacimento. Nairobi si avventò su di me cercando di sopraffarmi. Le sue mani si muovevano velocemente verso il mio collo.
E non capivo quale fossero le sue intenzioni.
Voleva strozzarmi? O sperava di fare altro?
Invaso da una rabbia improvvisa, dovuta a uno stress emotivo e fisico, mi feci avanti catturando i suoi polsi nelle mie mani.
E con un colpo secco ribaltai le nostre posizioni.
- Levati!- esclamò infastidita, furibonda all'idea di essere stata sconfitta. Alzai le sue braccia al dì sopra della sua testa, inchiodando le sue mani sul pavimento.
Seduto a cavalcioni sul suo grembo.
I nostri respiri affannosi e dimezzati.
Cercai di fare il minor rumore possibile, lanciando un'ulteriore occhiata alle ragazzine ancora in letargo.
Menomale che avevano un sonno pesante.
Nairobi seguì il mio sguardo, fissando le due bambine come se non le avesse ancora notate.
A momenti, come se lei non fosse la loro zia.
- Va farti fottere!- irruppe con acidità, tornando a fissare lo sguardo su di me.
- Dopo di te- commentai alquanto stizzito.
Lei sospirò rumorosamente per poi tentare di divincolarsi.
Però stavolta furono solo sforzi inutili dal momento che l'avevo ancorata praticamente al suolo.
Nairobi sbuffò e poi sospirò.
- Allora proverò con tutte le mie forze a fartela dimenticare. Così Uriel avrà lei e io avrò te- aggiunse con aria decisa.
La lasciai andare, alzando gli occhi al cielo.
- Per favore risparmiatemi le vostre idiozie...-
Mi sistemai vicino alle gemelle, non volendo più sentire altro. Stanco di aver la testa riempita di letame.
- Non mi prendi sul serio?-
Nairobi sembrò fortemente offesa dalla mia reazione. Gli occhi focosi dalle emozioni che serbava.
- No-
Questa volta non alzai nemmeno lo sguardo.
- Bene! Sappi che non finisce qui! -
Si alzò dal pavimento, marciando infuriata verso la porta, per poi sbatterla con parecchia violenza.
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✴ THE SICK GIRL ✴[Prima Parte]
Romance3°posto in Nuovi Talenti 2019 4°posto in Rose Award Contest 2019 ~COMPLETA~ [ATTENZIONE: TEMATICHE DELICATE; CONTENUTI FORTI] Ariana Clark è una ragazza folle. Rinchiusa in un manicomio alquanto sinistro; sinistro come quelle ultime case in fondo al...