Capitolo II
"Mi delizio nel celare cosa mi è vietato narrare, e dire cosa in molti non è osato riferire".
-J.Kai-
Al centro dell'enorme stanza bianca, stava una ragazza. Legata mani e piedi su una vecchia sedia di legno, quasi come se avessero a che fare con un animale pericoloso.
Portava lunghi capelli castani: la chioma sporca, spettinata, tanto da sembrare che non vedessero una spazzola da diverse settimane; pertanto, il suo viso, la sua faccia, per quanto sembrasse pallida e non curata era allo stesso tempo incantevole. Profondi occhi scuri, di un castano scuro da sembrare nero. Un piccolo naso e due sottili labbra rosee molto screpolate.
Una visione mozzafiato quanto inquietante.
-Castiel ?-
Dave mi sventolò la mano davanti riportandomi alla realtà. Portai i miei occhi su di lui e poi di nuovo su di lei.
-Mi mette i brividi-mi sussurrò Dave chinandosi all'altezza del mio orecchio.
Deglutii dandogli ragione.
-Vuoi ancora aspettarmi fuori ?- gli domandai cosciente degli occhi della ragazza su di me.
-Sì penso che ti aspetterò fuori. Non preoccuparti, chiamami e sarò subito da te-replicò Dave.
-Cazzo! Sembra vedere tutti i miei peccati-aggiunse sentendosi a disagio.
Mi diede una pacca sulla schiena prima di sparire.
Restai fermo per qualche istante. Immobile con gli occhi verso la direzione che aveva intrapreso il mio migliore amico.
Da una parte sapevo che Dave aveva da sempre odiato lo scontro visivo. Specialmente con gli estranei. Lui diceva di sentirsi spesso a disagio, e di voler evitare situazioni del genere. Mentre dall'altra parte, la sua affermazione era alquanto bizzarra, dato che lui stesso aveva scelto di fare questo lavoro.
Scossi il capo leggermente divertito, riportando l'attenzione davanti a me, inchiodando gli occhi sulla ragazza, ovvero sulla giovane donna.
Non aveva smesso di fissarmi e non aveva battuto ciglio.
Presi una sedia mettendomi a una certa distanza raccomandata.
-Salve... Io sono Castiel Smith. Sono un detective e sono qui per farle delle domande. Spero che lei mi aiuti a collaborare, va bene ?-
Mi introdussi passando una mano nervosa tra i capelli, ciò nonostante, andò avanti a fissarmi senza proferire parola.
Merda! E ora come facevo a incitarla a parlare?
-Si chiama Ariana Clark... Giusto?-
Come risposta strinse gli occhi scuri in due fessure inclinando lievemente la testa di lato.
Successivamente si inumidì le labbra screpolate e prese a fissarmi da capo a piedi.
Ero sempre stato un giovane sicuro di me stesso e per niente esitante.
Dicevo ciò che pensavo in modo chiaro e diretto, ero molto estroverso e non mi facevo mai intimidire da nessuno.
Ma oggi, non riuscivo a capire cosa mi stava succedendo e né perché mi sentivo così nervoso...
-Va bene Follies? Mi risponde se la chiamo Follies?-chiesi, cercando di ricompormi e di sembrare meno turbato.
La ragazza si sporse leggermente in avanti con il busto, fin dove le manette glielo permettevano, dato che era seriamente segregata alla sedia.
Perché segregarla in quel modo?
In tutto quel silenzio sembrò studiarmi attentamente, esercitando un potere di mutismo e ambiguità.
-Sa qualcosa dei recenti omicidi accaduti in questo luogo ?-la interrogai incerto.
Abbozzò un sorrisino misto tra la malizia e il disgusto.
Dovevo prenderlo come un sì?
- E' morto un certo Gavin Harper... Lei ne sa qualcosa? Lo conosceva?- domandai, sperando che stavolta mi desse una risposta.
Alzò gli occhi al cielo per poi posarli sull'unica finestra nella stanza alla destra della sua spalla.
-Non mi risponderà?-chiesi stringendo i braccioli della sedia con aria di sfida.
Tornò a fissare i suoi occhi su di me scendendo verso le mie mani con lo sguardo.
Era inevitabile pensare di quanto mi rendesse nervoso.
E potevo scommettere che sapeva di farmi quell'effetto perché poi prese a sorridermi di nuovo.
Un sorriso sinistro.
-Non vuole proprio rispondermi ? Vero?- domandai nuovamente, ormai sconfitto dal suo carattere taciturno.
Volse lo sguardo di nuovo alla finestra, ignorandomi del tutto.
Lasciai andare un sospiro che non sapevo di trattenere, asciugando le mani sudate sui miei jeans scuri; crescendo una certa irritazione all'idea di essere totalmente ignorato.
La stanza era davvero spoglia e orribile. Il colore bianco sulle pareti dava un senso di angoscia e solitudine.
Chissà come doveva sentirsi.
-Cosa c'è là fuori... Cosa attrae la sua attenzione?-chiesi appoggiando il gomito sul bracciolo della sedia. Sembrò sorpresa dalla mia domanda, tanto da rimanere immobile per vari secondi a guardarmi con occhi nuovi.
-Libertà...-disse all'improvviso con tono stanco e friabile.
-Voglio la mia libertà- ripeté più a se stessa che a me.
Mi alzai dalla sedia venendo a chinarmi davanti a lei, alla sua altezza.
-Potrei aiutarla a trovarla... Se solo in cambio mi aiuta a capire cosa sia successo tra queste mura-dissi cercando di scendere a compromessi. Mi percorse con lo sguardo fino a posarsi nuovamente sui miei occhi.
Le sue labbra si allargarono in un altro sorriso malizioso.
Stavo ancora cercando di decifrare la sua sofisticata persona quando la porta della stanza fu spalancata, catturando la nostra attenzione verso l'intruso.
Oh Dave.
-Tutto bene Casty ?-
Dave si passò ripetutamente la mano tra i capelli corti con aria allarmata.
-Sì, sto bene tranquillo-risposi rassicurandolo.
-Okay! Sbrigati, a breve dobbiamo andare -disse riservandomi un sorriso prima di richiudere la porta.
Tornai a fissare lo sguardo sulla ragazza, notando il suo sguardo fermo sulla mia figura.
- Le darò tempo per pensare alla mia proposta, tornerò domani mattina... Per favore ci pensi su-
Aspettai che parlasse o dicesse qualcosa ma non disse nulla come previsto.
-E' stato un piacere conversare con lei -dissi infine, alzandomi e sistemandomi la cravatta.
"Conversare" era un termine inappropriato, dal momento che non aveva aperto bocca.
-Arrivederci Follies- le diedi le spalle, dirigendomi a passo svelto verso la porta.
-Aurevoir Castiel- sussurrò lei all'ultimo secondo, quando fui davanti alla porta pronto a girare la maniglia.
Una voce asciutta e pericolosamente divertita.
Mi voltai sorpreso verso di lei solo per vederla tornare a fissare lo sguardo verso la finestra.***
-Com'è andata?- mi chiese Dave, una volta lontani dal manicomio, chiusi all'interno di un bar caldo.
Sorseggiai il mio caffè lasciando che la mia mente vagasse ancora a quella chioma spettinata, a quegli occhi penetranti.
-Bene... Non ha parlato molto e non mi ha detto nulla-confessai al mio collega.
-Cavolo! Davvero, non riuscivo a stare più di un secondo in quella stanza. Sembrava che mi stesse giustiziando al patibolo con quello sguardo-disse Dave ancora sorpreso. Mi scappò un sorriso alla sua espressione disagiata.
Il cellulare di Dave vibrò in quel momento, facendo in modo che una bella smorfia adornasse il suo volto.
-I gemelli stanno per uscire da scuola, Erika non può venirli a prendere-disse Dave alzandosi e buttando le bustine vuote dello zucchero nel cestino.
Mi alzai dirigendomi verso il bancone per pagare le due tazze di caffè.
Una volta fuori, fummo battezzati da un venticello abbastanza violento. La pioggia incessante si era finalmente placcata.
-Non mi ricordavo che facesse cosi freddo-attestò Dave, aprendo la portiera della macchina parcheggiata per metà sulla strada e per metà sul marciapiede.
Entrai a mia volta.
Dave accese il motore riscaldandoci, mentre intento cercava il pacchetto di sigarette che aveva lasciato sul sedile.
-Non fa niente, le cercheremo dopo, sei piuttosto in ritardo-dissi riferendomi ai gemelli.
Due diavoletti di sei anni.
-Ti lascio a casa e da lì proseguo. Mi raccomando, tieniti pronto per domani mattina, vengo a prenderti alle 8.00 -mi informò Dave facendo finalmente partire l'auto.
Abitavo da solo in un appartamento abbastanza spazioso e carino; dove capitava spesso che mio fratello William, di diciott'anni, venisse a farmi visita inaspettatamente.
Ma non mi lamentavo, perché anche se odiavo la solitudine, non potevo farne a meno.
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✴ THE SICK GIRL ✴[Prima Parte]
Romans3°posto in Nuovi Talenti 2019 4°posto in Rose Award Contest 2019 ~COMPLETA~ [ATTENZIONE: TEMATICHE DELICATE; CONTENUTI FORTI] Ariana Clark è una ragazza folle. Rinchiusa in un manicomio alquanto sinistro; sinistro come quelle ultime case in fondo al...