We Meet Again

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Capitolo VI

" Sapevo di essere artisticamente folle".

J.Kai

Passarono ben tre settimane dopo l'ultima volta che vidi Follies

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Passarono ben tre settimane dopo l'ultima volta che vidi Follies.
Anche perché Dave aveva costretto me e convinto il nostro capo, a farmi prendere una lunga pausa di tre settimane.
Lui credeva che con ciò, avrei riflettuto e rivisto le mie scelte.
Pensava che avrei spento i miei improvvisi sentimenti per Ariana e dimenticato ogni cosa.
E dovevo ammettere che aveva quasi funzionato.
Per occupare il tempo ero andato a interrogare altri pazienti e psichiatri all'interno del manicomio. Tutto per tenere la mia mente lontana e occupata da tutto quello che riguardava Ariana.
Mi ero persino chiuso in casa a studiare e analizzare il caso e tutte le informazioni ricevute.
Stava andando tutto a gonfie vele, almeno finché non la scorsi in corridoio e lei ovviamente, mi aveva nuovamente plagiato con quello sguardo da assassina e quei occhi penetranti, per poi voltarmi le spalle con indifferenza.
Era in collera.
Una collera folle e pericolosa.
Dopodiché ero tornato a casa sentendomi completamente colpevole. Non riuscendo più a guardarla in faccia.
Nulla poteva andare peggio di così, o almeno era quello che avevo pensato prima di sentirmi dire dal mio capo che dovevo rioccuparmi della paziente Clark.
E giusto per peggiorare drasticamente la situazione, un mio "non caro" collega aveva proposto che portassi la paziente fuori dal manicomio, con lo scopo di mettermi in difficoltà.
L'idea era di farla ripercorre e rivedere certi luoghi da lei vissuti, per vedere se avessero qualche effetto sulla sua amnesia.
Giustamente, il mio capo mi aveva assicurato che saremo stati sorvegliati ogni istante.
Ebbene, in questo momento mi trovavo a percorre l'ormai familiare corridoio bianco verso la stanza numero nove.
Che Dio mi aiuti.
-Oh Detective Smith! Da quanto tempo-
La dottoressa Carly mi venne incontro con un sorriso smagliante.
-Sì, sono stato molto indaffarato ma sono tornato- risposi con naturalezza.
- E' qui per vedere Follies? -
Si sistemò una ciocca bionda dietro l'orecchio.
- Sì, esattamente - risposi, con l'ansia nello stomaco e le mani sudate per il grande nervosismo.
- Mi segua -
Seguii la dottoressa Carly verso la stanza nove, contento di non dover entrare da solo.
- Follies Guarda chi è tornato! -
Una volta dentro venni subito ipnotizzato dalla figura fredda e distaccata di lei.
Non si era nemmeno voltata.
Né aveva risposto alla dottoressa Carly.
- Non badare a lei, è spesso di cattivo umore- spiegò la dottoressa cercando di spezzare l'atmosfera silenziosa.
-Mi avverta quando vuole portarla fuori, così vengo a slegarla-
Slegarla?
Spostai velocemente lo sguardo su di lei, sorpreso di vedere la sua caviglia legata a una lunga catenella che partiva dalla gamba del letto.
Cos'era successo in mia assenza?
La dottoressa sembrò cogliere la mia espressione confusa.
-E' stata più manesca e pericolosa del solito- mi riferì Carly sottovoce.
Era rannicchiata sul letto con lo sguardo assente e perso nel vuoto.
-Vi lascio soli-
La dottoressa chiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi immerso in quel
silenzio assordante.
Mi diressi con cautela verso il suo letto, mantenendo lo sguardo sulla sua figura.
- Ciao Follies come sta? E' passato un po' di tempo-
Non si mosse e non alzò lo sguardo.
- Sono stato davvero indaffarato con altri casi, per questo non mi ha visto ultimamente-
Mi avvicinai ulteriormente vedendo che non dava nessun segno di voler rispondere.
- Follies sta bene?-
Feci per allungare una mano verso la sua spalla, quando si voltò di scatto,  tentando di mordermi.
- Cazzo!-
Mi tirai indietro in tempo, con il cuore in gola.
Mi aveva letteralmente spaventato.
- Che ti prende!- esclamai irritato.
Socchiuse gli occhi in due fessure guardandomi con odio.
Due paia di pozzi senza fondo inchiodati su di me; in grado di farmi dubitare di me stesso e della mia indomabile autostima.
- Perché sei cosi arrabbiata?- domandai curioso, anche se mantenendo lo sguardo fermo e impassibile.
- Non vedo perché dovrebbe interessarti, non sei forse qui per farmi domande inerenti al caso?-
Rimasi stupito dalla sua voce piena di veleno, quasi come se avesse a che fare con un acerrimo nemico.
- Devo portarti fuori dal manicomio, a fare una passeggiata-
Alle mie parole parve quasi interessata, forse perché anch'io sapevo di quanto bramasse la libertà.
- Quindi ora chiamerò la dottoressa Carly, così potrà slegarti- dissi, pronto a incamminarmi verso la porta.
- Vieni qui un momento-
Mi accigliai fermandomi sui miei passi.
Un pò titubante dell'improvvisa richiesta.
Ariana era sempre imprevedibile.
Mi decisi comunque di avvicinarmi a lei, ora seduta e composta sul letto.
- Abbassati-
-Cosa?-
- Muoviti- asserì spazientita.
Ancor prima che potessi abbassarmi completamente, mi arrivò una forte testata sulla fronte, e mentre lanciavo una serie d'imprecazioni su quanto fosse stupida, mi sorprese afferrandomi per la cravatta e unendo la sua bocca alla mia.
Le sue mani salirono velocemente sulla mia schiena, con l'intento di spingermi giù contro di lei.
La mia coscienza di nuovo stava gridando di staccarmi subito e allontanarla, per non ripetere lo stesso errore.
Eppure, una volta che si impose senza permesso dentro la mia bocca non riuscii a fermarla.
Anzi, portai le mie mani sui suoi fianchi stringendoli saldamente.
- Non evitarmi- disse contro la mia bocca.
- Non ti stavo evitando!-
Un'altra testata mi arrivò sulla fronte, costringendomi a darle della scema.
- Non mentire- disse, intrecciando le gambe snelle attorno alla mia vita.
- Mi costringi a evitarti, proprio perché fai certe cose imprevedibili- confessai, togliendo le sue gambe allacciate ai miei fianchi.
Un sorrisino fioco apparve sulle sue labbra.
- E quali sono queste cose imprevedibili? -
La sua espressione quella di una volpe astuta e furba.
Lei sapeva bene di cosa parlavo.
- Il tuo accurato lavoretto sul mio collo mi ha fatto quasi rischiare il lavoro- confessai sottovoce.
Lei rise appena, divertita dalla mia espressione interdetta.
- Ne vuoi un altro?-
Tenni gli occhi su di lei, osservando come si stesse prendendo gioco della mia situazione critica. Ariana inclinò il capo di lato per scrutarmi meglio.
- Non sei divertente- tagliai corto,
incrociando le braccia sul petto.
- Non stavo cercando di essere divertente- ribatté, allungando una mano sulla mia camicia per attirarmi di nuovo su di lei.
- Follies smettila! Stai giocando su un campo minato- la rimproverai, allontanandomi dal letto.
Rimase per un instante in silenzio,
riflettendo sulla mia affermazione.
Le sue lunghe ciglia nere non facevano altro se non intensificarle gli occhi penetranti e pungenti.
Una bellezza inquietante.
- A dir la verità Castiel, non c'è un giorno in cui non abbia giocato su un campo minato-

✴ THE SICK GIRL  ✴[Prima Parte]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora