Ariana Clark

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Capitolo III

"non mi è mai venuto in mente che senza di te, di me, non sarebbe rimasto niente."

-J.kai-

Fui svegliato dal rumore della televisione accesa

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Fui svegliato dal rumore della televisione accesa. Gli occhi socchiusi alla luce mattutina.
Non ci potevo credere.
Mi ero promesso di finirla, di smetterla di addormentarmi in sala dopo i film. E per peggiorare la situazione, Will era comodamente addormentato con la testa sul mio braccio.
Mi liberai con cautela, cercando di fare il minor rumore possibile.

***

Sistemai la cravatta davanti allo specchio, e riordinai i capelli usando del gel.
Infine presi il pettine per pettinarli all'indietro.
Mi guardai soddisfatto allo specchio, essendo riuscito ad assumere un'aria da gentleman.
-Narciso il tuo amico ti aspetta giù -annunciò Will comparendo sulla soglia della mia stanza da letto.
-Che ore sono?-chiesi allarmato, sgranando lievemente gli occhi.
-Sono le 8:10-disse Will sbadigliando senza degnarsi di coprire la bocca.
Deposi una sigaretta tra le labbra accendendola velocemente e infilando il cappotto.
-Castiel!-
Mi voltai verso mio fratello con un piede già fuori dalla porta, rivolgendogli un'espressione esasperata.
-Ci vediamo coglione!-disse ancora nel suo pigiama, dondolandosi sui talloni.
Imprecai scuotendo la testa al suo strano modo di dire "Ti voglio bene".
Era ovvio che volesse dire quello.
Mi ricordo quando a cinque anni si fermava sulla soglia della porta a gridarmi dietro:"Ti voglio bene".
Lo faceva con tutti in famiglia, non si sa perché pensasse che una volta usciti di casa non avremmo più fatto ritorno. Però allora, parlavamo di un Will molto tranquillo e adorabile.
Ora invece era diventato soggetto indefinito.
Alzai lo sguardo verso l'auto della nostra cooperativa "FBI", parcheggiata davanti a casa mia con Dave al suo interno.
Preparandomi mentalmente per un altro giorno lavorativo.

***


Nel bel mezzo del tragitto che conduceva alla stanza di Ariana, Dave annunciò che non sarebbe entrato, volendosi invece occupare di altre mansioni.
Non mi lamentai perché da lui c'era da aspettarselo.
Arrivato davanti alla porta bianca feci per bussare, dimenticandomi per un fratto di secondi che Ariana era legata alla sedia e non si sarebbe sicuramente alzata per aprirmi.
Arrestai il pugno a mezz'aria per poi spingere la maniglia verso il basso.
Ariana stava in piedi vicino alla finestra, completamente assorta nel guardare qualcosa di lontano.
Non ebbi nemmeno il tempo di aprir bocca o di salutarla. Si voltò di scatto, facendo si che le lunghe ciocche le ricadessero disordinatamente sul viso.

Alzò la mano per spostarsi i ciuffi ribelli con un gesto lento e stanco.
I polsi e le caviglie arrossate a causa delle manette.
La pelle diafana marchiata da segni rossastri e pronunciati.
Ariana tornò a rilassarsi non appena intuì che ero io.
-Buongiorno Follies come sta oggi?-
Mi guardò.
Ancora quello sguardo.
Ancora quegli occhi penetranti e profondi, capaci di scavarti l'anima e il cuore.
Si spostò dalla finestra venendo a sedersi sul letto spoglio e abbandonato.
Era a piedi nudi e portava una tunica bianca, simile a un pigiama che scendeva fino alle ginocchia.
Presi una sedia sistemandomi davanti a lei.
Ariana alzò le gambe sul letto appoggiando il mento sulle ginocchia.
-E' pronta?-domandai, sperando che oggi fosse disposta a parlare.
Continuò a fissarmi in silenzio come se non avessi detto niente.
-Per favore parli, dica qualcosa- la pregai frustrato.
-Posso toccarti?- domandò lei inaspettatamente, con una certa luce in quei occhi scuri.
Dire che ero stupito non era abbastanza, anzi non definiva per niente il mio stato d'animo in quel preciso istante.
Toccarmi?
Strinsi i braccioli della sedia mordendomi il labbro inferiore.
Da una parte volevo capire a cosa stesse alludendo, ma nello stesso momento non volevo proprio saperlo.
Dovevo scegliere se ascoltare la mia coscienza o la mia curiosità.
- A condizione che poi però risponderà a tutte le mie domande, d'accordo?- dichiarai seriamente, lasciandomi sopraffare dal desiderio di sapere.
Ariana si era già alzata e si stava dirigendo verso di me.
-Non mi ha ancora risposto- dissi irrigidendomi sul posto.
Non era una buona idea, non sapevo nemmeno quali erano le sue vere intenzioni e né perché avessi deciso di assecondarla.
Si fermò davanti a me.
E prese a guardarmi dall'alto con fare arcano.
Non osai alzare lo sguardo per non incontrare i suoi occhi.
Dove cazzo era finito il Castiel sicuro di sé?
Cominciò a tracciare ghirigori sulla mia fronte con le dita, scendendo sulle guance e percorrendo il mento per poi risalire.
Sembrava tracciare costellazioni immaginarie e non esistenti.
La mia mente gridava di fermarla, di allontanarla immediatamente, ma invece, non era come rispondeva il mio corpo al suo tocco.
Mi sfiorò i contorni degli occhi e il profilo del naso, prima di scendere sulle mie labbra. E lì rimase.
Non riuscivo a capire cosa stavo provando. Né perché non la fermai quando infilò una mano all'interno della mia camicia, sfiorandomi i muscoli del torace.

✴ THE SICK GIRL  ✴[Prima Parte]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora