Sons & Daughters (2/2)

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Capitolo LXI

"... Non c'è niente di più difficile nell'amore, che nel dover esprimere per iscritto ciò che non si sente...".

[Il n'y a rien de si difficile en amour que d'écrire ce qu'on ne ha mandato pas.]

-Dangerous Liasions 1984

Il mio capo poggiava sul suo grembo, mentre le sue mani disegnavano il mio viso

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Il mio capo poggiava sul suo grembo, mentre le sue mani disegnavano il mio viso. E nello stesso modo, la luce dei lampadari illuminava i nostri profili.
-Quindi te ne vai?-
Ariana si spostò una ciocca dietro l'orecchio. La sua mente distratta, l'espressione vaga.
-Sì Hansel-
Chiusi gli occhi, respirando a fondo.
Non era ciò che avrei voluto sentire. Tuttavia, erano sempre le cose meno piacevoli che finivano per ascoltare.
-Mi abbandoni di nuovo?-
Trascinò gli occhi su di me, inchiodandoli nelle mie pupille. E lì resto per un pò.
Senza parlare. Senza muoversi.
In quei brevi secondi, la guardai attentamente, soffermandomi sulla luce nei suoi occhi. La complessità delle sue espressioni illeggibili. Il mistero e il fascino nascosto in quelle iridi profonde. Nere come la peste.
-Dovresti esserne abituato-
Parlò con voce sommessa.
-Sei una bastarda-ribattei, irritato dal suo modo insensibile di parlare.
Ariana rivelò un sorriso malizioso da sotto i baffi.
-E perché mai?- mi derise.
Una mano nei miei capelli. L'altra sulla mia guancia.
-Contando tutte le volte che sei stato abbandonato, dovresti essere familiare a questo dolore...-
Serrai la mascella, i denti di conseguenza.
Ariana sapeva mettermi a dura prova.
-Giuro che ti colpirei se non fossi una donna- sillabai freddo. Mi alzai dandole la schiena.
-Fallo. Chi mi colpiva prima di te non faceva distinzioni-
La lingua più affilata. Velenosa.
Non che non avessi mai colpito una donna. In passato ero stato un ragazzo turbolento. Un pessimo esempio, annegato nel proprio rancore. Un sentimento cavernoso coltivato nel deserto. Servito in un piatto per ogni essere umano.
Col tempo però, ero cambiato e avevo imparato a pesare le mie azioni.
E così anche le mie parole.
-Allora? Non vuoi sfogarti?-
Mi morsi le labbra, scegliendo d'ignorare il suo commento provocatorio.
L'attenzione ora ferma sul mio torace, verso le piaghe in via di estinzione.
Eravamo seduti sul letto e la notte era scesa. Un'aria fredda permaneva per gli spazi della stanza in cui alloggiavamo. E il gelo pareva essere alle porte.
Socchiusi gli occhi, aggrottando la fronte.
-Anastasia non essere patetica-
Il materasso si piegò sotto di me e prima che potessi accorgermene, Ariana mi sorprese, allungando le sue braccia attorno al mio torace.
Le gambe ai lati delle mie.
Le labbra sulla mia schiena.
Fui scosso da brividi di piacere, risvegliato da forti tremori su tutta la spina dorsale.
Per come i suoi baci toccavano le mie cicatrici. E le sue mani suonavano le corde del mio cuore.
-La mia angoscia ti diverte?- domandai, cercando di sottrarmi a quella tremenda tortura. Anche se il mio corpo mi pregava di restare com'ero.
Le sue dita artistiche seguivano il perimetro della mia pelle, in un salire e scendere vorticoso. Il piacere cresceva tra le mie gambe, nelle viscere del mio stomaco e così anche la voglia, la passione di possederla. Di lavorarla come il fabbro faceva con il ferro.
Ariana salì verso la mia spalla, premendo i suoi denti sulla carne, sul collo.
La soddisfazione fu tale da farmi perdere le redini. E in poco tempo mi voltai verso di lei, spingendola sotto di me. La sua massa corporea contro la mia. Il suo profumo dentro le mie narici. Divorai le sua bocca con trasporto. Le mie mani sulle sue cosce, e poi sui suoi glutei.
Vinto da tale istigazione. Sconfitto dai modi in cui riusciva a farmi perdere il controllo.
Convinto che i suoi baci fossero come pioggerelle estive, ovvero, Ariana assomigliava a una pioggia estiva che versava su di te. Capace di strapparti l'aria dai polmoni. In grado di toglierti la terra da sotto i piedi. Quasi come se avesse il potere di portare via e restituire la vita.
Affondai il viso tra l'unione del collo e la sua spalla. Le sue dita tra i miei capelli.
E così, appagato, restai appoggiato sulla sua figura.
-Perché ti sei fermato?-
Erano tante le risposte a quella domanda. Partendo dal presupposto che ora non eravamo solo noi, ma esistevano anche gli altri. E poi, come avrei spiegato a Castiel che avevo scelto di farmi la donna che lui amava? Non che il mio amore fosse inferiore, bensì, amavo questa perfida donna con tutta l'anima. Eppure, qualcosa era sbagliato nel modo in cui lo stavamo facendo.
-Che direbbe Castiel se mi vedesse?-
Ariana apparì leggermente infastidita.
I capelli lunghi sparpagliati sulle lenzuola.
-Cosa? Ora ti importa di cosa pensano gli altri?-
Si mise a sedere, scostandomi dal suo petto.
Rimasi sdraiato. La mente in conflitto.
-Anastasia, non è quello il punto...-
Lei portò una mano sul mio collo, avvolgendo le dita in una morsa.
-Hansel, vuoi farlo o no?-
Non era una richiesta da poco, siccome mi stava chiedendo qualcosa che avrei fatto volentieri, che anzi, bramavo da una vita.
-Ana non voglio farlo se poi mi dai buca. Non voglio possederti per una notte soltanto...-
Afferrai la sua mano, tirandola su di me.
-Non voglio morire di gelosia nel sapere che altri uomini ti toccano! Se sei mia. Sei solo mia e di nessun'altro!-
Ariana si rabbuiò in un lampo, e in pochi secondi fu distante da me. Lontana dal mio corpo.
Mi accigliai, fissandola con aria torva.
-Non capisco perché ti stai arrabbiando...-
Non mi rispose subito, sembrò pensare per qualche secondo. Gli occhi fermi su un punto della stanza.
-Cos'é? Castiel ti ha messo in testa i suoi principi del cazzo?-chiese acida.
Quali Principi?
Non capivo perché si stesse arrabbiando così tanto. Che cosa pretendeva? Davvero credeva che mi sarebbe andata bene così?
-Castiel non centra! Anastasia...-
Mi drizzai a sedere, cercando d'incontrare il suo sguardo.
-Come te, non voglio la tua compassione e non voglio la tua pietà. Non pensare che una notte sola basta a ricucire le mie cicatrici-
Mi avvicinai a lei, sfidando i suoi occhi minacciosi, assassini.
-E se vuoi aggiustarmi allora dammi tutta te stessa! Perché io non ti voglio condividere-
Né con Castiel e nemmeno Uriel...
Ariana mi scrutò con visibile curiosità, forse sorpresa o adirata dalla mia determinazione. La bocca semi-chiusa. La luce arcana di nuovo lì.
E poi senza dire niente si alzò dal letto. Si preparò, infilando le scarpe.
Quella notte, portava una canottiera e dei pantaloni attillati. Indumenti completamente neri. Anche le scarpe lo erano. I vestiti delineavano perfettamente il fisico snello e prestante, lasciandoti fantasticare su cosa giacesse sotto di essi.
La fissai andare in bagno e tornare, fare tutti i suoi preparativi in assoluta quiete.
E per un secondo mi sentii in colpa per averla turbata, ma era la verità.
Se Ariana fosse stata mia, avrei spazzato chiunque sul mio cammino.
-Vado-
Caricò il borsone che aveva abbandonato al centro della stanza.
Non osai parlare. Ormai avevo detto tutto. Pertanto, mi faceva male non poterla fermare.
Nonostante la rabbia ancora visibile, coprì la piccola distanza, fermandosi davanti a me.
La sua mano si chiuse a coppa sotto la mia mandibola, alzandomi il mento.
-Mi raccomando. Guardati le spalle Hansel. Non voglio asciugare il tuo sangue-
Si chinò quel poco, ma abbastanza da sfiorarmi la bocca.
-E ricorda...-
Fece una pausa, i nostri respiri attorcigliati uno contro l'altro. Il suo calore in soavi ventate su di me.
-Io sono "Terra di Nessuno".-

✴ THE SICK GIRL  ✴[Prima Parte]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora