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A passo lento e strascicante si addentrò nel silenzioso cimitero con un grande mazzo di gerbere rosse tra le mani.
Il cielo borbottò sopra il suo capo mentre un venticello tiepido sferzò il suo viso facendola, inspiegabilmente, rabbrividire sul posto. Il tempo sembrava stesse condividendo il suo stato d'animo.
Camminò con occhi vacui sulla stretta stradina in ciottoli grigi in mezzo a quel campo verde pieno di lapidi e tombe monumentali qua e là.
Le passavano accanto gente di ogni età, dai più piccoli con in mano pensierini e fiori per i nonni, ai più anziani venuti a trovare il compagno defunto, un amico o qualche volta anche un figlio. Qualcuno di loro le gettava un occhio, talvolta curioso, altre più preoccupato a causa dell'espressione sciupata e sconvolta della ragazza e del suo andamento da fantasma, e altre ancora triste a causa del capo spoglio che non passava certamente inosservato e faceva ben intendere di che malattia soffrisse, ma Minjee non degnava loro di uno sguardo, forse nemmeno si rendeva conto della loro presenza.

Pareva sorda in mezzo al rumore, cieca in mezzo alla luce.
Incapace di percepire tutto e tutti.

Dondolava sulle sue gambe molli mentre le braccia iniziarono a stringere con sempre più forza il mazzo di fiori contro il suo petto, forse per assicurarsi che fosse ancora viva e che i suoi sensi non fossero del tutto intorpiditi, o forse per alleviare il dolore che continuava a gravare sul suo petto. Fatto sta che continuò a schiacciare i fiori contro il suo busto, arrivando a rovinare qualche petalo inconsciamente, quasi come se avesse voluto assimilare quei meravigliosi e luminosi colori nel suo corpo magro e debole, quasi come se avesse voluto rigenerare il suo corpo con quella bellezza.
La sua testa sembrava aver smesso di funzionare, non riusciva a pensare che al nulla, mentre il suo corpo si muoveva come un automa, una macchina in cui era stata impostata la destinazione. Senza nemmeno accorgersene, infatti, le sue gambe la portarono nell'area desiderata, davanti la lapide che aveva inciso il nome di un bambino che non era riuscito a diventare uomo e a realizzare i suoi sogni.
Aveva chiesto indicazioni non essendoci mai stata e il custode, gentilmente, le aveva mostrato la via, riservandole uno sguardo amareggiato. Aveva pensato che magari le era da poco morta una persona a lei cara, non immaginando lontanamente che sarebbe stata lei quella a morire a breve.

Solo quando fu di fronte alla liscia e fredda lastra di marmo del bimbo defunto, Minjee riuscì a riacquisire un po' della lucidità perduta in precedenza, sebbene non vi riuscì del tutto.
I suoi occhi spenti leggendo involontariamente le scritte incise sulla lapide, riportarono alla mente della giovane, che sembrò risvegliarsi dal suo lungo coma, numerosi ricordi, belli e brutti, riguardanti il bimbo dal sorriso caratteristico e indimenticabile. Minjee tremò sul posto, scossa dal dolore dei ricordi e dalla sua debole volontà nell'accettare tutto quello che era accaduto poche ore prima e di accettare il fatto di vedere Taehyung sotto quelle sembianze. Tremò nella sua disperazione, appesantita del suo animo ancora sotto shock e schiacciata dall'incombenza della morte che sentiva ridere in lontananza, sembrava quasi che si stesse facendo beffe di lei e del suo stato di totale perdizione.
Non bastava la vita, ora anche la morte aveva iniziato a giocare con lei sadicamente, illudendola di fragili speranze mentre la faceva camminare sul filo del rasoio che aveva la lunghezza di appena tre mesi da cui lei, però, sarebbe potuta cadere prima. Pareva lo stesso gioco malato a cui Minjee aveva cercato di partecipare quando aveva sedici anni, sventando per un soffio la perdita della partita grazie a Namjoon e alle sue sottili dita che la strattonarono via da quella folle volontà. Pareva lo stesso se non che la partecipante, questa volta, era stata trascinata con la forza a prendervi parte, contro il suo volere.
Questa volta la partita sarebbe stata più adua e drammatica, c'erano di mezzo molte più persone, molti più affetti e molto più dolore e Minjee era così stanca e spaventata, così stufa, che avrebbe preferito morire a sedici anni piuttosto che incontrare gente meravigliosa come Hoseok e Lisa e amori così forti come Jungkook...
Appena la sua attenzione si spostò sull'amato un vuoto lancinante le straziò il petto facendole provare le stesse emozioni di quando si era ritrovata nell'ufficio di Seokjin qualche ora prima. Lo stesso vuoto e lo stesso dolore la investirono nel pensare al suo sorriso, che certamente avrebbe distrutto, ai loro momenti felici che sarebbero sbiaditi diventando lontani e strazianti ricordi e al suo amore che lo avrebbe fatto soffrire più di ogni altra cosa.
Gli occhi di Minjee si riempirono di lacrime mentre, piegata dal dolore, strinse con più forza a sé i bei fiori tra le sue braccia. Le labbra sottili tremarono mentre le gambe quasi cedettero.
Ora capiva. Lei non aveva paura di morire, la sua vita era stata un'intera agonia e forse il riposo eterno sarebbe stata la pace tanto cercata, quel dolore che continuava a lacerarla, perciò, era dovuto ad altro e non appena i suoi occhi lessero nuovamente le scritte sulla lapide tutto si fece più chiaro nella sua mente.
Minjee aveva paura di creare una ferita tanto profonda nell'animo delle persone a lei più care da non poter essere più rimarginata, proprio come Taehyung aveva fatto con Yoongi, il quale, molto spesso, si dilungava ancora in lunghi pianti rintanatosi in luoghi dove né Jimin né altri potessero udirlo.
Una parte di Yoongi era morta che con Taehyung e il dolore che Minjee provava in quel momento, insieme alle lacrime nei suoi occhi, non poteva che testimoniare quanto la paura di uccidere Jungkook la stesse divorando. Non si era mai appesantita di elogi verso se stessa, non si era mai creduta una persona importante per altre, né si era mai reputata una persona che ispirasse affetto, simpatia o amore eppure quando si trovava in compagnia del maggiore non poteva che percepire un legame tra loro, un qualcosa che li univa e che rendeva l'uno indispensabile per l'altro o almeno questo era ciò che Minjee pensava timidamente e in quel momento non poté che sperare, a malincuore, nel contrario per Jungkook, perché se no, se lei fosse morta, cosa che lei già dava per scontato, sarebbe stato un duro colpo da parare e il corvino, stando alle parole del fratello, non era mai stato un gran portiere.
Minjee avvolta da questi pensieri iniziò quindi a dannarsi l'anima su cosa avrebbe dovuto fare da quel momento in poi e cosa avrebbe dovuto dire a Jungkook, l'unico che era ancora all'oscuro della terribile notizia di quella mattina.

Spring Day//J.Jk.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora