CAPITOLO 43

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POV'S NOEMI

Come ci sono finita qui?
Sino a questo punto.
Mesi fa non avrei mai immaginato ciò che sarebbe successo, ho sempre pensato che la mia vita fosse semplice, noiosa, monotona e poi...
Be' poi ho incontrato Niccolò, non sono sicura che sia stata lui la causa del mio cambiamento, magari mi sarei "evoluta" ugualmente, ma molto probabilmente con più lentezza.
Lui invece è piombato in quella vita monotona e l'ha completamente stravolta.
Ha fatto scoprire a me stessa una parte di me, che non ricordavo più di avere.
Il riuscirmi a fidare di nuovo di un uomo, di non aver paura di provare e lanciarmi nelle situazioni con tutto il mio corpo.
Questo mondo vale poco e dona solo altre paure ed in fondo è vero.
Non sappiamo cosa ci riservi il destino, ammesso che esso esista, ma l'unica cosa che so, è che davanti ai miei occhi ho dei futuri nonni e zii che stanno per scoprire qualcosa che cambierà anche le loro vite.

< amò mi passi la coca cola? > chiede Niccolò interrompendo i miei pensieri, prendo la bottiglia e gliela passo.
È alla mia destra ed è già un bel po' di tempo che sta parlando con mio padre e Valerio.
A me gira un po' la testa, sarà un qualcosa dovuto anche all'ansia, ma per qualsiasi esso sia il motivo, la cosa certa è che non ho ancora aperto bocca da quando ci siamo seduti a tavola.
Forse sto solo risparmiando il fiato per la grande notizia.
< tutto bene? > sussurra al mio orecchio Nicco mentre posa una mano dietro alla mia schiena.

< sì non ti preoccupare, vado un attimo in bagno >

< ok, ma per qualsiasi cosa chiama > annuisco e subito dopo sorrido.
Mi piace quando è preoccupato per me, mi fa sentire speciale e importante.
Non è una cosa del tutto scontata, per molti potrà esserlo, ma non per me.
È una cosa che mi rende felice e mi fa stare bene, detta così e adesso può sembrare anche un controsenso.
L'ansia mi sta realmente logorando piano piano da dentro.
Sento che sta mangiando un pezzo di me, uno dopo l'altro senza sosta, come se fosse insaziabile.
Vorrei gridare, forse mi aiuterebbe a scacciare via un po' di quella tensione che c'è in me.

Entro in bagno e chiudo a chiave la porta, mi guardo allo specchio.
Il mio viso è pallido, sembro un fantasma, persino Anna è venuta chiedermi se stessi bene poco fa.
Fortunatamente la nausea viene e va via, anche se a suo piacimento.
Apro il rubinetto dell'acqua e mi sciacquo il viso, velocemente.
Sembro stremata.
Prendo il telefono che ho in tasca, cerco in rubrica il nome di Elisa, ho bisogno di parlare con lei che per ora non si trova completamente dentro questa situazione.
Il telefono squilla, ma nessuna risposta.
Quando ormai sto per rinunciare, dall'altra parte sento la sua voce allegra e mielosa.

< ehi amica, da quanto tempo, saranno due giorni?! > chiede tra il dolce e l'arrabbiato o forse sarebbe meglio dire il suo finto tono arrabbiato, quello che di solito usa per rimproverarmi o farmi capire che ho fatto qualcosa di sbagliato.
< ci si comporta così?! >

< ehm... scusami, ma... > provo a parlare anche se i respiri affannati mi bloccano in continuazione.

< che succede? > stavolta il suo tono di voce è preoccupato.

< è che io e Niccolò stiamo per dire
tutto > spiego mentre lei annuisce rumorosamente < ci sono entrambe le nostre famiglie e sono nel panico più totale > inizio a camminare avanti ed indietro, nonostante il bagno non sia decisamente una stanza gigantesca e che mi permetta di fare tanti passi da una parete all'altra.

< be' dovresti essere felice no?!! >

< non lo so Eli, se non dovessero prenderla bene? > le chiedo preoccupata, continuando la mia finta maratona.

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