Chapter fourteen.
Credi di essere forte. Struttura di ferro che non cede. Freddo,caldo acqua,neve. Tu stai li. E resti. Perchè è l'unica cosa che sai fare. Sei forte fino a quando ti accorgi che era tutta una montatura. Una farsa,per non affrontare la realtá. Per non guardare in faccia il fatto che sei più fragile di una piuma. Puff! Anche la struttura di ferro. Quella imbattibile,crolla. Quella tanto ammirata per la sua tenacia,viene abbandonata. Fine a se stessa. Come un castello di carte. Come un villaggio che aspetta il monsone. Si protegge. Ma sa,che inevitabilmemte pioverá per mesi. E tutto il raccolto,quello per cui tu avevi lavorato va in frantumi. Con uno schiocco di dita. Ma ti dici che non fa niente. Ti dici che l'anno prossimo andrá meglio,che il raccolto sará più fruttuoso. Quando invece sai che pioverá. Per mesi. E tu guarderai il cielo,bagnarti la faccia. E guardando quella radura infinita,crederai che la vita non ha senso. Perchè dovrai riniziare. Tutto daccapo. Dieci volte meglio.
"L'amore è una sorta di pregiudizio. Ami quello di cui hai bisogno. Che ti fa comodo. Ami ciò che hai a portata di mano. Come fai a dire di amare una persona,quando nel mondo ci sono migliaia di persone che ameresti di più,se solo le incontrassi? Solo che non le incontri."
-Charles Bukowski
"Ciao Sam. Spero di vederti presto. Ciao." Bugia. Sorriso finto e vogliando andarsene.
"Si,anche io spero di vederti Wendy. Ora devo andare." Bugia. Sorriso finto e voglia di andarsene. È il quattro gennaio,ragazzi. Capodanno lo passato da sola a Belfast. E il sei rinizia la scuola. Che cosa avete fatto nelle vacanze ragazzi? Avete letto? Bhe vede Prof, ho fatto sesso con la persona che amo. È stato bellissimo. Poi però non so bene di chi è stata la colpa,ma è andato tutto a puttane. Sono andata a Londra,ho conosciuto un ragazzo,bellissimo. Mi faceva dimenticare le sue labbra. Però era fidanzato. E mi ha lasciato in un aereoporto diretto qui. Non so ora dove sia. Allora sono andata a Belfast,in preda a una depressione in ottimo stile Jhonson. Non affronti la cosa. Mio padre,a testa bassa quando mia madre morì. Mio fratello quando lo chiusero in collegio. Mia sorella quando il tipo la picchiava. Rhys che era depresso. Abbassiamo il capo,ci torturiamo le unghie. Ci mordiamo con forza il labbro,per non scoppiare a piangere. Per non sembrare fragili quando invece siamo pezzi di vetro giá in frantumi. Ora caro Prof,sto andando verso l'aereo. L'Hostess mi sorride. Prof,perchè sorride? Non capisco. Mi indica il posto e mi faccio largo tra le valigie. Mi accascio sulla poltrona,e abbasso anch'io la testa. Anchio mi mordicchio le unghie. Anch'io tremo. A guardare giù dal finestrino,però,non riesco. E non fa niente quanto io mi stia mordendo il labbro. Una lacrima gialla,scorre e cade sulle mie ginocchia. Guardo la macchia sui pantaloni e penso quanto sarebbe bello che restasse,quel segno. Un piccolo e impercettibile simbolo. Di quello che hai passato. Di quello che ho passato. Di come il mio cuore è in pezzettini,sparso per il petto. Se ho letto,caro prof? Questo sta a lei dirlo. So solo che odio Dickens. Ecco tutto.
Il motore si accende. I gemiti sommessi,i respiri profondi. Le mani che strotolano i braccioli e le ciffiette nelle orecchie. Quest'ultima sono io.
Let it be, let it be, let it be, let it be.
Whisper words of wisdom, let it be.
Chiudo gli occhi. Per niente pronta ad affrontare i suoi.
*****
"11 september street."
Casa mia. Casa nostra. Lui chissá,pronto ad aspettarmi. Sul divano,mentre guarda la partita dei Red Socks in televisone. Mentre fa vagare lo sguardo in tutte le direzioni. Luke è sempre stato uno che osserva. Si guarda intorno,prima di lanciarsi in qualche cosa. Osserva attentamente. Ogni singolo particolare. Non si lascia sfuggire niente.
"Ecco. È arrivata. Sono dieci dollari. Buonaserata." Il tassista mi sorride. Gli porgo venti dollari e non mi preoccupo neanche di prendere il resto. Ho fretta. Ma allo stesso tempo vorrei che il tempo si fermasse.
Scendo dal taxi giallo. Che stona così tanto. In una cittá grigia,buia. Non siamo nella grande mela. Non siamo nella cittá che non dorme mai. Qui è meglio se non ti svegli più. Faccio un respiro profondo,e metto un piede davanti all'altro. Cammino,sotto la neve che mi accarezza il capelli. Davanti ai miei occhi,come un film,le scene di questo dannato viaggio.
"Sei bellissima."
"Sai mentire molto bene Stuart."
"Ahaha. È vero. Che grande bugia. Sei perfetta."
"Hei Sam. Addio."
"Addio."
"Ricordati di me."
"No. Mi rifiuto di dimenticare una cosa che è presente."
"Ciao Bukowski.."
"Mi sei mancato Dickens."
Un' altra. E un'altra ancora. Altre macchie invisibili sui Jeans. Altri tremori. Altre labbra scosse. Un altro pezzettino del mio cuore,sparso. Sempre più in lá. Sempre più irraggiungibile.
Apro la porta del condominio. Con il dorso della mano mi asciugo le lacrime e metá del trucco. Sono sfinita. Se ora incontrassi i suoi occhi potrei crollare. Salgo le scale. L'ascensore è occupato. Scalino,un altro scalino,e un altra lacrima che non riesco a fermare in tempo. Mi forma un solco sulla guancia. Come fosse acido. Ti brucia l'anima.
Arrivo alla porta blu. Abbasso la maniglia.
"Sam?"
"Sean?"
"Sam!"
"Sean!"
Entro. In quella casa che sa di me. Sai di noi. Di quell'odore di cui non ti stanchi. Ispiro forte. Determinata a non lasciare più questo posto. Questa è casa.
"Sam." Un lieve sussurro. Una bocca schiusa,uno sbuffo d'aria calda. Degli occhi stanchi. Rossi. Delle ciglia lunghe,nere. Le mani lungo i fianchi che tremano. I capelli spettianti e le gambe lunghe. Il corpo asciutto. La maglia nera degli AC/DC e la tuta dell'Adidas.
"Luke."
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Shit! I love you
Fanfiction"E quindi?" "Quindi ora sei mia" Due amici. Un passato di cui entrambi farebbero volentieri a meno. Sam è una ragazza con tante ,troppe, paure. Cerca di rimediare a troppe cose. La sua testa è un compleato caos. Per non parlare del suo cuore. Spezza...