Chapter Twentyfour

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  • Dedicata a A te,che te ne sei andato sorridendo
                                    

Chapter Twentyfour

"Ci vado io."

"Sam, ho dormito per quasi tutto il viaggio. È ora che io faccia qualcosa. Come lo vuoi?"

"Secondo te?"

"Nero. Grande. E senza zucchero."

"Bravo."

Il Nebraska fa proprio schifo. E la città di Omaha ancora di più. Omaha è sul confine con l'Iowa ,un posto dimenticato da Dio, sulle colline più sconfinate della terra, e nessuna anima viva. Fantastico, no? La macchina aveva brontolato e poi si era definitivamente fermata. Sulla strada principale di Omaha che naturalmente, è l' unica strada della città. Il sole di inizio Febbraio picchiava forte, sul tettuccio della macchina. Gli occhiali da sole, comprati a Chicago per quattro dollari, non servivano a niente. La strada era deserta. Solo un bar era aperto e Luke era lì dentro da almeno dieci minuti, per prendere due dannati caffè. Cercavo di vedere il lato positivo della cosa. La macchina ci si era fermata, in mezzo al nulla. L' unico uomo che sembrava capire la nostra lingua era un uomo con una canottiera bianca, le braccia tatuate e una inquietante somiglianza con Chuck Norris. Non molto promettente, diciamo. La nostra destinazione finale, per oggi era Lincoln ed eravamo a più o meno tre ore da lì. Non avevamo un soldo in tasca e il cellulare non prendeva. Ora, ditemi se trovate il lato positivo di tutto ciò.

"Amore, ho la soluzione ad ogni nostro problema." Qualcosa aveva fatto suonare una campanella e quel fastidioso suono mi ricordò Londra, Rhys e il suo bar. Luke sorseggiava un caffè che sembrava più acqua sporca che altro. Era uscito dal bar, con in mano un sacchetto bianco. Capii subito cosa c'era dentro. Il mio sorriso si allargò e in qualche modo tutta questa situazione non mi sembrava così male. Bagel alla cannella, frutta candita e zucchero a velo. Si può avere di meglio? Bhe logicamente una macchina che funzionasse sarebbe stato molto meglio di un bagel, ma mi accontentai.

"Ah si? E quale sarebbe la soluzione al fatto che siamo rimasti a piedi?"

Lui sorrise e con un l'anulare indicò un punto lontano. Seguii il suo dito ma il risultato fu solo un parcheggio, con una macchina parcheggiata. Un SUV, o almeno era quello che sembrava ai miei occhi inesperti. Luccicava, nella sua tinta rossa fuoco. Spostai lo sguardo dal bestione a Luke che sorrideva entusiasta.

"No. Ho capito cosa vuoi fare. Assolutamente no. Sei impazzito? Non ruberò una macchina. E non lo farai neanche tu. Piuttosto prenderemo un pullman, ma sognati che io rubo una macchina." Scossi la testa incredula, lasciandomi sfuggire un gemito di frustrazione. Saremmo dovuti restare a Baltimora, e prendere un dannato aereo, come ogni persona normale. Luke però, non parve sorpreso e continuava a sorridere, come se le mie parole non lo toccavano neanche. Si sistemò gli occhiali a montatura spessa sul naso e ammiccando si incamminò verso la macchina. Io andai in panico. Iniziai a respirare velocemente, e andai a nascondermi dietro un albero. Era incredibile. Luke non mi aveva neanche preso in considerazione. Sentii un brivido lungo la schiena e l'adrenalina mi risuonò nelle ossa. Sentivo Luke imprecare e armeggiare con dei cavi. Non avevo idea di dove Luke avesse imparato a mettere insieme i cavi d'accensione, e sinceramente non mi interessava saperlo. Tremavo come una foglia, per la paura che ci avrebbero scoperti. In quel caso ci avrebbero portato a Baltimora. Ci avrebbero riportato a casa. Ad un certo punto, un motore potente ruggì in lontananza e pochi secondi dopo, Luke era seduto alla guida del bestione. Sgranai gli occhi, e cercai di svegliarmi da quel sogno, perché sarebbe potuto solo essere quello.

"Sam, mia cara. La vita è una sola. Vivila.

****

"Sul serio? Andiamo non è possibile. "

"Pura verità"

"Cioè, questa è Lincoln?"

"Non è fantastica?"

"No. Per niente."

Era sera. Saranno state massimo le otto. Avevamo lasciato il bestione, fuori città, subito dopo esserci accorti che aveva un GPS. Abbiamo camminato per due miglia, al freddo. La calura di Omaha sembrava scomparsa, lasciando spazio al vento gelido. E ora con le gambe doloranti, e gli zaini in spalla, gli occhi sgranati, assistevamo a uno spettacolo assurdo.

"Ma, che cose è successo qui?" Non riuscivo a crederci. Sapevo che Lincoln era stata colpita dall'urugano Katrina nel 2013 ma, questa città era proprio morta. Sembrava il set di una nuova puntata di The Walking Dead. Negozi chiusi, ristoranti sigillatil, hotel abbandonati.

"è impossibile! Questa è la capitale di uno stato" cercavo di dare una spiegazione a tutto ciò , ma non ne trovavo neanche questa. Luke sorrise, calmo. Si godè il panorama, e poi si girò nella mia direzione. Si avvicinò lentamente e mi prese per le spale. Le sue labbra sfiorarono delicatamente la mia tempia, che pulsava senza voler smettere.

"Bellezza, siamo lontani da casa. Lontani dai problemi. Noi due, felici. Siamo in una città dove nessuno ci conosce, e sa la nostra storia. Abbiamo tutto quello che vogliamo. Noi. Quindi, amore mio, smettila di pensare. Qiudi gli occhi e rilassa le spalle. Lascia che la mente si liberi..."

"Sei un maestro zen?"

Lui scoppiò a ridere baciandomi con passione, così tanto da lasciarmi leggermente confusa.

"Ragazza questo è il Nebraska, qui nasce l'America."

"Non nasce nel Texas?"

"Ehi Yankee! Non possiamo avere tutto, accontiamoci di questo. ""Ti amo, è strano. Perchè ormai solo un idiota non lo capirebbe. Te ne stai andando e, io non so che fare. "

"Allora rendiamo questi momenti d' oro. Ah, Sam. Io non me ne andrò mai. Sarò sempre qui." Sorrise puntandomi l' indice al petto. Esattamente dove batteva il cuore, pieno di lui.

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