CAPITOLO 2

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Mia madre non c'era, mi aveva lasciato un bigliettino attaccato con dello scotch al frigo dove mi ricordava che mi voleva bene e di mangiare qualcosa.
Lei lavorava in un ufficio, e molto spesso ritornava la sera tardi per fare anche i turni straordinari, per questo non ci parlavamo spesso. La vedevo indaffarata a raccogliere idee e a compilare moduli che poi lasciava sparpagliati sulla scrivania o sul tavolo, riuscire a malapena fare i servizi in casa e ritornare subito davanti al computer.
Nonostante ciò però, col passare degli anni ho imparato ad apprezzarla, nonostante non avesse tempo per me.
Ero solo in casa, e avevo iniziato a prepararmi dopo aver finito i compiti. Non avendo trovato vestiti adatti ad una festa, alla fine optai per una camicia nera abbinata a dei jeans e rimasi fermo seduto sul divano a fissare il vuoto.
Non avevo per niente voglia di andare a fare casino nella maledettissima casa di George, avevo un'ansia assurda e mi domandavo in continuazione come mi sare dovuto comportare. Avevo architettato un piano per andarmene via di nascosto il prima possibile, pensando che nessuno si sarebbe accorto della mia assenza.
Dopo qualche ora, suonó il campanello e il mio cuore balzó in gola. Era giunto il momento. Andai ad aprire, e mi ritrovai davanti George che aveva lasciato alle spalle la macchina.
Lui non aveva ancora la patente, ma sapeva guidare abbastanza bene e il piú grande dei suoi coinquilini, gli permetteva volentieri di usare la sua auto.
Dai finestrini riuscivo ad intravedere le sagome di Fred e Alice.
"ciao George" gli dissi.
"ciao Isak" mi salutó lui "sei pronto? Alice e Fred sono già in macchina"
"oh ehm.... sí, andiamo"
Mi fece salire a bordo e salutai anche gli altri, poi, con la musica a tutto volume, partimmo.
Ricordavo ancora dove si trovava la casa in cui si sarebbe tenuta la festa, anche se non ci andavo da tanto, inoltre erano tutti piuttosto emozionati.
I capelli rossi di George svolazzavano al vento del finestrino abbassato, Alice e Fred cantavano a squarciagola e io mi sforzavo di sorridere. Arrivammo davanti ad un appartamento a due piani, con un cortile illuminato dalle luci e gente che parlava, ballava e rideva.
"bene, siamo arrivati" disse il rosso una volta sceso dalla macchina.
"wow, non ricordavo che vivevi in una casa cosí bella" esclamó Fred.
"grazie, vi avrei invitati piú spesso, ma sapete... con altri quattro coinquilini non è semplice..."
"rilassati, lo capisco. Ora divertiamoci un po"
Iniziammo ad entrare. Mentre percorrevo il vialetto che portava all'ingresso, guardavo la gente, avevano tutti un bicchiere o una bottiglia di birra in mano, sorridevano e chiaccheravano, sembravano felici e tranquilli. Proprio il contrario di me.
La musica mi rimbombava nelle orecchie e iniziai a sentirmi male.
Ma perchè avevo deciso di venirci? Potevo benissimo fingere di non stare bene e rimanermene a casa sotto le coperte a guardare un bel film, e invece ormai ero bloccato lí.
Entrammo nell'edificio, dentro c'erano altre persone, e mi stupii di come una sola casa potesse contenerne così tante. Gran parte di esse non le avevo mai viste,  si scatenavano, vari gruppi di ragazzi  giocavano e un tizio abbastanza grasso era sdraiato su un divano. Non mi erano mai piaciuti i luoghi troppo affollati, e infatti mi sentivo tremendamente a disagio.
"ciao George" disse allegramente un ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli biondi ricci, probabilmente doveva essere il cugino. Ogni tanto avevamo pranzato insieme, e il giorno in cui lo conobbi rimasi stupito dal sapere che due ragazzi così esteticamente diversi come loro potessero essere imparentati. Notai che indossava una camicia floreale dai colori molto vivaci, sembrava che gli fosse saltato addosso un arcobaleno.
"ciao Ethan" gli rispose il mio amico "questi sono i miei amici: Fred, Alice e Isak"
"oh sì, me li ricordo. Posso offrirvi qualcosa?"
"beh, ora possiamo fare da soli"
"va bene, divertitevi ragazzi"
pregai mentalmente che gli altri rimanessero con me, ma si sparpagliarono in giro per la casa.
Fred andó a bere qualcosa, Alice si fermó a ballare con un piccolo gruppo di ragazze e George riconobbe alcuni suoi vecchi amici ed andó a salutarli.
Io ero rimasto solo. Come sempre.
Camminai per un po', esplorai la casa per passare il tempo, e ovunque c'erano persone. Mi sentivo osservato, anche se sapevo che nessuno stava realmente badando a me.
Presi un bicchiere di alcool, poi un altro, e poi un'altro ancora, sperando che mi facessero dimenticare di essere in quel posto il prima possibile, come quegli uomini di mezza età che si deprimono bevendo in solitudine nei film americani.
Mi sentii girare la testa, ma nulla di piú, e decisi che era arrivata l'ora di trovare un luogo tranquillo, lontano da tutto quel casino, se volevo mantenermi vivo fino alla fine della serata.
Salii le scale, andando a sbattere un paio di volte contro delle coppie che scendevano, e arrivai in un corridoio non particolarmente affollato. Era incredibile come cambiasse l'atmosfera andando semplicemente da un piano all'altro, ma si sentivano comunque i suoni ovattati di sotto. Avevo caldo, mi sentivo soffocare. Vidi due ragazze bere l'ennesimo bicchiere di birra e ridere a crepapelle, poi un tizio intento a litigare con qualcuno al telefono e un signore sulla cinquantina palesemente ubriaco, e infatti, quando lo vidi avvicinarsi nella mia direzione, lo scansai subito.
Aprii una porta mantenendomi in piedi a fatica ed entrai.
Era una camera con un letto matrimoniale disfatto al centro, una scrivania piena di fogli sparpagliati, una sedia con sopra appoggiata una pila di vestiti e un comodino dove sopra erano presenti tabacco e sigarette varie.
La parete era decorata da un piccolo gruppo di foto, tutte ritraevano un bambino dai capelli neri ricci e un sorriso molto carino. Nella prima immagine era davanti ad un lago e teneva in mano un pesce, nell'altra si copriva il viso con le mani, in un'altra ancora era seduto su un'albero in un posto che sembrava essere un bosco e nell'ultima sorrideva e pareva che stesse tenendo per mano qualcuno, ma la foto era stata tagliata.
"che cosa ci fai qui?" disse una voce alle mie spalle. Mi voltai con il cuore in gola, e di fronte a me vidi un ragazzo che sembrava avere piú o meno la mia età, con i capelli neri corti ondulati e grandi occhi color nocciola. Indossava un paio di jeans neri decorati con una catenella, una t-shirt molto semplice e un paio di vans consumate. Le spalle erano ricoperte da una camicia a maniche corte rossa floreale sbottonata, e sul naso si poteva intravedere una piccola spruzzata di lentiggini.
Se non fosse stato per l'ansia che provavo in quel momento, mi sarei volentieri messo ad osservarlo per un po', era piuttosto carino.
"i-io.... ehm..." balbettai qualcosa ma con scarsi risultati, mi limitai ad arrossire per l'imbarazzo e ad abbassare la testa.
"la porta era chiusa per un motivo" continuó lui. In seguito notai che era anche piú alto di qualche centimetro.
"s-scusa" sussurrai, ingoiando la poca saliva che mi era rimasta in gola.
"non fa niente" disse infine "sei un amico di George vero?"
annuii con la testa.
"non mi aveva detto che eri un tipo curioso"
"non sapevo fosse la tua stanza..... avevo solo un po' di..... " esitai per un attimo. Non volevo dirgli che odiavo le feste, che avevo bevuto un numero notevole di alcolici e che in quel momento volevo solo starmene tranquillo per farmi passare via il mal di testa. "lascia stare, adesso me ne vado" risposi infine rassegnato. Me ne sarei dovuto andare fin da subito, perchè mi trovavo ancora lí a parlare con uno sconosciuto in una stanza che non era nemmeno la mia?
"Vai al piano di sotto?" Mi domandó poi, cogliendomi alla sprovvista.
"ehm.... credo di sí"
"vengo anch'io" disse raggiungendomi sulla soglia della porta.
Usciti sul corridoio, la chiuse alle nostre spalle e senza dire una parola, scendemmo le scale e arrivammo nel piano sottostante.
La musica riprese a rimbombare nelle mie orecchie e il mio corpo fu invaso da un'improvvisa voglia di sprofondare nel terreno.
Ero cosí disinteressato alla festa, che sentii addirittura il mio telefono vibrare, perció risposi quasi subito.
Era un numero sconosciuto, e nonostante il fracasso riuscii a sentire perfettamente quello che mi dissero, e io, riuscii appena a sussurrare un "oh merda".......

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora