CAPITOLO 8

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Quella notte non riuscii a dormire particolarmente bene.
Tom non c'era, dopo la fine di quella rissa non era più tornato alla confraternita, e sentivo la sua mancanza.
Non fraintendete, non avevo paura di dormire da solo, ma la sua presenza mi trasmetteva sicurezza. In un certo senso, quando stavo accanto a lui evitavo di pensare a tutto ció che mi stava succedendo, come ad esempio l'incidente di mia madre.
A volte, quando non chiudevo occhio, mi giravo nella sua direzione e lo guardavo: aveva i capelli neri scompigliati, le lentiggini sulle guance e la bocca che sembrava sorridere. Aveva sempre quell'aria un po' da bambino, cresciuto troppo in fretta ma ancora in grado di essere spensierato e fare sogni tranquilli. Mi veniva quasi voglia di ricoprirlo per bene con la coperta e abbracciarmi a lui.
Mi sentivo come se avessi potuto proteggerlo per sempre, ma lasciavo perdere ogni volta.
Io non ero nulla in confronto a Tom.
Ero piú basso, meno forte, troppo timido ed eccessivamente introverso, se tra noi due ci fosse stato qualcuno che avrebbe protetto l'altro, sicuramente non sarei stato io.
Lui non aveva bisogno di me, lui non aveva bisogno di nessuno.
Quella notte, rimasi per la maggior parte del tempo a girarmi e rigirarmi nel letto osservando il soffitto. Il tempo trascorreva lentamente e con la testa affondata nel cuscino, riflettevo.
Mi chiedevo come mai Tom se ne fosse andato, ma soprattutto perchè nessuno dei suoi coinquilini se ne sia preoccupato.
Pensavo a dove potesse essere, dove se ne fosse andato, con chi, e se gli fosse capitato qualcosa di brutto.
Non sarei riuscito a sostenerlo.
Il giorno seguente, mi ritrovai seduto sul letto con George. Eravamo circondati da libri e stavamo facendo i compiti come ogni pomeriggio. Beh.... non proprio. Ci facevamo mandare le foto da Alice e copiavamo da lei.
"che palle, non ce la faccio piú" disse il mio migliore amico gettando il libro di scienze davanti a lui.
"mercoledí abbiamo il test" gli ricordai io.
"sono stanco, ci danno troppi compiti"
"vero" concordai.
Girai la testa, e involontariamente, mi ritrovai a guardare le foto di Tom appese alla parete.
"Era un bambino carino, vero?" Mi domandó George accorgendosi di ció che stavo facendo.
"Ehm.... sí" gli risposi arrossendo.
Solo a vederle, il mio cuore fece una doppia capriola all'indietro. Concentrandomi a studiare, ero riuscito a smettere di pensare a lui per un po', ma dato che avevamo tirato in ballo quel discorso, la mia preoccupazione nei suoi confronti riprese a farsi sentire.
"Ti va di uscire? Posso chiamare Fred e Alice" propose poi.
"sí va bene, ne ho abbastanza di questa roba" confermai, cercando di sembrare il più disinvolto possibile.
"ok"
Mentre George avvisava i nostri amici, io avevo finito di prepararmi e anche se non ero dell'umore adatto, decisi comunque di uscire con loro.

"che cos'hai?" mi domandó George poco dopo essere usciti di casa.
Camminavamo verso il parco fianco a fianco, con la neve ghiacciata ai margini delle strade e un cielo nuvoloso grigio sopra di noi.
Io tenevo la testa bassa e le mani nelle tasche, quindi non mi sorprese che il mio migliore amico notó che non stavo bene.
"niente, perchè?"
"cammini a testa bassa e non parli"
"faccio sempre queste cose"
"lo so, ma oggi è diverso. Se è per tua madre possiamo andare a trovarla, non c'è problema"
"Tanto non ci fanno ancora entrare..... ma grazie" dissi, ma non ero preoccupato per mia madre. Anzi, in effetti ero in pensiero, ma non era quello il motivo principale del mio umore.
"Comunque non è per lei" confessai dopo qualche secondo.
"oh... ehm... ok, allora qual è il motivo?"
"perchè nessuno ha fermato Tom? Cioè.... quando se ne è andato"
"è questo il problema? Tom?"
A quelle parole mi resi conto della cavolata che avevo appena fatto. Perchè avevo chiesto di Tom? A nessuno dei suoi coinquilini importava, quindi perchè me ne sarei dovuto interessare io? Odiavo quando succedeva. Quando finivo per parlare senza pensare, e pentirmi in seguito di ció che dicevo.
Tuttavia, annuii con la testa abbassando nuovamente lo sguardo e fissando le mie converse consumate fare un passo dopo l'altro.
"Sí insomma.... non è che mi interessi, ma è stato..... strano vederlo in quelle condizioni" gli spiegai sperando di non sembrare troppo patetico.
"Non è la prima volta che succede, capita ogni tanto quando vivi con altri quattro ragazzi che ti rompono le scatole ventiquattro ore su ventiquattro, ma alla fine ritornano tutti dopo qualche giorno"
"Oh...."
"Prima o poi lo farà anche lui"
"o-ok...."
"non ti devi preoccupare"
"Non mi stavo preoccupando...." dissi cercando di convincere piú me stesso che lui.
"è solo che... è stato strano"
"lo so, in quella casa sono tutti strani" mi disse sorridendo.
"senti chi parla" detto ció, ricambiai il suo sorriso.
"cosa vorresti dire con questo?"
"niente" risposi con finta ingenuità.
Alle nostre spalle, ci venne poi incontro Fred. Aveva il fiatone, molto probabilmente aveva corso per raggiungerci, e dietro di lui c'era Alice, che camminava tranquillamente sospirando.
"vi.... vi ho.... eravate...." cercó di dire.
"riprendi fiato amico" gli suggerì George.
"ha voluto fare una corsa nonostante fossimo solo sull'altro marciapiede lí infondo" disse Alice alzando gli occhi al cielo.
"lo vediamo" dissi io.
"venite, sediamoci lí, devo farvi vedere una cosa"
"mh... d'accordo" proseguí George, e ci sedemmo sulla panchina più vicina.
"cosa devi farci vedere?"
"nella mia classe è venuta una nuova ragazza, si chiama Sally"
"ne ho sentito parlare, e allora?"
"beh, è una gnocca da paura, l'ho trovata su Instagram, vi faccio vedere" disse estraendo dalla tasca dei jeans il suo cellulare e cercando fieramente il profilo della ragazza in questione. Speravo che nessuno avrebbe tirato fuori il discorso "ragazze", ogni volta che ne parlavamo mi sentivo escluso, come se non fossi veramente in grado di dire la mia su quell'argomento. La maggior parte delle volte concordavo con ció che dicevano i miei amici a riguardo, anche se ogni tanto capitava che non li ascoltassi nemmeno.
Alla fine, arrivó il momento in cui ci mostró lo schermo del suo telefono, con le foto di una ragazza dai capelli rossi molto lunghi e occhi marroni, dove nella maggior parte dei casi metteva in mostra il fisico. Mi pareva di averla già vista a scuola, ma non ci avevo mai fatto molto caso.
"eccola"
"hai scelto bene Fred" affermó George incoraggiante,io invece non dissi nulla, mi limitai a fingermi interessato.
"Lo so, e poi guardala, ha un fisico cosí fottutamente perfetto"
"le parlerai?"
"penso di sí, useró la scusa dei compiti e poi la inviteró ad uscire"
"sei cosí superficiale" parló Alice, che per tutto quel tempo non aveva detto niente. Quando la nostra attenzione fu rivolta verso di lei, abbassó lo sguardo come se si fosse pentita delle sue stesse parole.
"beh... sí cioè.... non dovresti guardare solo il fisico"
"perchè?"
"una ragazza è molto piú di questo!"
"ma lei è molto bella" affermó Fred, ancora con quel sorriso soddisfatto stampato in faccia.
"e allora?"
"e allora le andró a parlare"
"a te piace solo per il suo aspetto"
"ma qual è il tuo problema?!" disse poi irritato.
"nessuno!"
"e allora non impicciarti!"
"ho detto solo quello che pensavo!"
"se quello che pensi sono solo critiche, allora stai zitta perchè nessuno te l'ha chiesto!"
"stronzo"
"ma che cazzo vuoi?!"
"VOGLIO SEMPLICEMENTE...." Disse urlando forse più del dovuto, ma poi si fermó un attimo a riflettere. Lo facevo anche io, quando mi rendevo conto che stavo per pronunciare una frase senza senso o che non dovrei dire.
Restavo in silenzio, feci un bel respiro e immaginavo un altro modo di strutturare le mie parole, e cosí fece anche lei.
"lascia stare!" disse infine, per poi raccogliere la sua borsa, siatemarsela sulla spalla, alzarsi e andarsene via.
Osservammo la sua sagoma farsi piano piano piú sottile davanti ai nostri occhi, fino a quando non svoltó l'angolo e scomparve dietro a un grosso albero.
Fred era perplesso, in effetti capire le persone non era mai stato il suo forte, e capii che per lui, era stata solo una litigata senza senso.
Io invece, pensavo che quello era un modo per comunicare qualcosa. È vero, Alice non aveva detto esplicitamente ció che intendeva davvero, ma glielo si leggeva in faccia, bastava guardarla semplicemente negli occhi, per capire la sua sofferenza. Anche George aveva capito, ne ero certo.
"che cosa è appena successo?" domandó Fred confuso.
"tu e Alice avete appena litigato" rispose George.
"fin qui ci ero arrivato" disse infastidito.
"lasciala stare, avrá avuto qualche problema ed era nervosa"
"perchè cazzo si è infuriata cosí"
"doveva sfogarsi con qualcuno.... sai.... donne"
"sono cosí complicate"
"già, forse dovresti scusarti, piú tardi"
"ma io non ho fatto niente!"
"lo so, ma... è la dura legge di noi uomini. Ci tocca chiedere scusa"
"è cosí ingiusto"
"eh già"
"non lo faró, non me ne frega niente"
"come vuoi" disse George sospirando.
Per lo meno avevamo smesso di parlare di ragazze su Instagram. Era già un miglioramento.

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