CAPITOLO 25

3.8K 242 59
                                    

Probabilmente, in tutta la mia vita, non ero mai stato cosí in ansia.
Avevo svuotato l'intero armadio alla ricerca di qualcosa da mettere, fallendo miseramente visto che per un motivo o per un'altro, l'alternativa migliore erano i miei soliti felponi di sempre.
In preda al panico, chiamai George e feci una videochiamata con lui per mostrargli meglio la situazione disperata in cui mi trovavo.
Ormai sapeva tutto, anche dell'invito ad uscire di Tom, perció non dovetti raccontargli proprio ogni particolare del nostro incontro al campo di calcio.
"È l'ansia del primo appuntamento, è normale" mi disse nella speranza di calmarmi, ma ottenne solo l'effetto contrario.
"Per te è facile parlare, sei già uscito con qualcuna"
"con Lisa. Esco anche stasera, l'ho invitata a mangiare fuori cosí se venite alla confraternita tu e Tom avrete un rompiscatole in meno"
"ecco appunto. Vuoi darmi una mano o no?"
"perchè non ti metti quei jeans stretti, la camicia e la t-shirt che abbiamo comprato tempo fa e che non hai mai messo?"
"non lo so.... mi mettono troppo in risalto, non fanno per me"
"ma dai, a Tom piacerai di sicuro"
"ma non sono vestiti che metto di solito..."
"Appunto! Dovresti valorizzarti un po'. Prova a cambiare, metterti qualcosa di piú carino al posto di quei felponi da vecchio"
"grazie eh"
"sei stato tu a chiamarmi per consigliarti"
"è vero. Quindi dici che mi dovrei mettere quella roba?"
"sí. Fidati di me"
"che palle. Li provo"
"se non te li metti sono guai"
"d'accordo mamma" dissi ironicamente "ora finisco di prepararmi che sono in ritardo"
"ok signorina" scherzó lui.
"Hey! Non sono io la donna"
"dici questo perchè non conosci ancora bene Tom"
"vai da Lisa"
"ok" ridacchió "fammi sapere, buona fortuna"
"va bene, ci sentiamo. Ciao"
"ciao"
Riattaccai e rimasi per un bel quarto d'ora a contemplare gli abiti che avevo buttato con disprezzo sul materasso nella mia stanza, incapace di scegliere qualcosa da indossare.
Forse avrei dovuto seguire davvero il consiglio di George, in fondo lui conosceva da molto piú tempo di me Tom, ma quei jeans erano stretti e mi facevano risaltare troppo le gambe, per non parlare della camicia bianca decorata con fiori neri. Non mi donava particolarmente per i miei gusti. Se fossi rimasto immobile ancora un'altro po' avrei rischiato seriamente di fare tardi, cosí decisi di dargli retta e mettermi gli indumenti consigliati. Cercai di sistemarmi i capelli insistendo piú del solito e spruzzai sul collo qualche goccia di profumo.
Forse in occasioni del genere le persone normali provavano la classica "ansia del primo appuntamento", come l'aveva definita George, ma io ero letteralmente nel panico.
Non avevo idea di come mi sarei dovuto comportare e soprattutto dovevo cercare di non scaldarmi troppo e tranquillizzarmi.
Il mio stomaco fece una capriola all'indietro quando sentii il campanello suonare, e ancor prima che mia madre, già al piano di sotto,potesse aprire, mi precipitai giú per le scale dicendo "apro io".
"Wow Isak! Ma sei davvero tu? Devi uscire con una ragazza per caso?" Mi domandó sorridendo stupita mentre mi guardava dalla porta della cucina, con davanti tutte le verdure che stava tagliando ancora da cuocere.
"ehm.... n-no" risposi nervosamente "con un mio amico"
"oh, d'accordo. Stai benissimo comunque. Ricordati la giacca, e non rientrare troppo tardi"
"sí, tranquilla"
Indossai sopra la camicia la giacca piú pesante che avevo, lasciandola comunque slacciata, e dopo averla salutata, aprii la porta.
Appena mi vidi la sagoma di Tom davanti, sorridente e carino come al solito, venni pervaso da una strana energia calda e felice, come se anche solo la sua presenza fosse in grado di risollevarmi l'umore e sistemare tutto.
"c-ciao" lo salutai, sorridendo timidamente e chiudendo il portone alle mie spalle per evitare che mia madre potesse sentirci.
"ciao principessa"
Arrossii ancora di piú, e abbassai leggermente lo sguardo per la mia timidezza.
"ho una cosa per te"
"davvero?"
"sí" disse, porgendomi un tulipano rosso che teneva nascosto dietro la schiena.
Lo presi imbarazzato, con il cuore che batteva a mille e la sensazione di poter morire dalla felicità. Si puó morire dalla felicità?
Presumo di no, visto che se fosse stata una cosa possibile l'avrei già fatto.
"non dovevi, grazie"
"sai Isak, a volte penso che tu sia come un piccolo tulipano"
"perchè?" dissi guardandolo incuriosito.
"normalmente ti avrei dovuto regalare una rosa, no?"
"io.... presumo di sí"
"Ma le rose sono fiori per tutti, la gente se le regala in continuazione. Tu invece non sei per tutti, sei speciale e.... ehm.... io sono fortunato ad averti conosciuto"
Lo vidi dondolarsi sui talloni e grattarsi il retro della testa, e pensai che non ero l'unico ad essere eccessivamente emozionato.
Giuro che se avessi potuto, mi sarei sciolto liquidandomi al suolo.
"g-grazie"
Dovevo avere un'aria piuttosto goffa perchè mi guardó, sorrise e ridacchió leggermente.
"allora, te preferisci cenare in un ristorante oppure.... boh, fast food?"
Trovavo quasi innaturale la sua spontaneità nel parlare.
"Va bene anche fast food" dissi, poichè avevo paura di esagerare troppo dicendo ristorante. In fondo non eravamo fidanzati, quella poteva benissimo essere una tranquilla uscita tra amici.
"d'accordo, allora andiamo ad ingrassare!" disse, iniziando ad incamminarsi, e io, ridacchiando leggermente per la sua battuta, lo seguii.
Andammo in taxi, che insistette per pagare lui, e durante il viaggio che passammo quasi in silenzio chiaccherando solo per decidere in quale fast food andare, entrambi imbarazzati di parlare troppo in compagnia dell'autista, Tom mi mise una mano sulla gamba e la avvicinó a sè, rivolgendomi un sorriso affettuoso e facendomi arrossire e scaldare piú di quanto lo fossi già.
Scendemmo e alla fine optammo per cenare al Mc Donald. Una cosa semplice, niente di stravagante, ma con Tom accanto era tutto piú bello e il panico da primo "appuntamento", svaní piano piano tra hamburger, patatine e risate.
Era arrivata la sera, ma essendo ancora abbastanza presto prima di tornare a casa mia, camminammo fianco a fianco per le strade deserte del paese, con il cielo stellato che ci sovrastava e il dolce suono del vento.
"Mi dispiace di non aver potuto fare di piú" disse poi, con la sua solita aria spensierata che tanto invidiavo.
"perchè?" gli domandai.
"Avrei voluto che la nostra prima uscita fosse piú speciale di cosí"
"per me è stata speciale"
"davvero?"
"sí"
"mh... ok, se lo dici tu. Ma si puó ancora fare qualcosa per migliorare"
"tipo?"
"hai mai visto Harry Potter?"
"io.... ehm.... no, non l'ho mai visto"
"andiamo a casa mia allora, lo iniziamo oggi"
"ma-"
"niente ma. Non esiste che tu non abbia mai visto Harry Potter"
"ok" Gli risposi sorridendo. Ero felice di tornare alla confraternita, anche se il fatto che c'erano gli altri coinquilini, mi metteva un po' in imbarazzo.
Camminammo verso l'edificio, parlando e ridendo sulla scuola, gli amici, e la nostra quotidianità. Scoprii che non aveva molti amici, e la cosa mi stupí abbastanza perchè dalle prime apparenze mi sembrava un tipo molto socievole e alla moda, uno di quelli che desiderano tutti. Inoltre amava leggere e scrivere, infatti fin da piccolo inventava alcune storie e possedeva diari segreti che con il passare del tempo aveva bruciato. Non fece riferimenti specifici al suo passato, e anche se ero piuttosto curioso, mi accontentai di ricevere le informazioni che mi raccontava. C'era tempo, e avrei scoperto dettagli di lui un po' alla volta.
Gli raccontai che anche a me piaceva leggere e che anche io non avevo molti amici.
Mi chiese della mia amicizia con George e io gli dissi che ci eravamo conosciuti durante la nostra infanzia e che da lí non ci eravamo piú separati. Mi dispiaceva invece non accennargli del fatto che io e Jo non eravamo amici, ma fidanzati, e che ci siamo lasciati perchè mi ero reso conto di non provare nessun tipo di sentimento nei suoi confronti.
Alla fine pensai che non era il momento di raccontare dettagli tristi della mia vita e quindi decisi che forse glielo avrei confessato piú in là.
Arrivammo alla confraternita, e lui aprí la porta invitandomi ad entrare per primo.
"hey Isak" Mi salutó Dakota, seduto sul divano intento a fare una partita di scacchi con Ethan. Alex non si era fatto vedere, perció supposi che doveva essere fuori come faceva spesso.
"ciao ragazzi" dissi loro con un sorriso, cercando di nascondere il mio imbarazzo.
"George è uscito con una ragazza, quindi non c'è"
"lo so..."
"strano vero? George che esce con qualcuna" ridacchió Ethan.
"Eddai, non fare lo stronzo, sei suo cugino" lo rimproveró Dakota, accennando peró, un sorriso pure lui.
"rilassati, scherzavo. Come mai sei qui?"
"È con me" disse freddamente Tom posizionandosi accanto a me.
"e che cosa dovete fare a quest'ora?"
"non sono affari tuoi Ethan. Andiamo" disse prendendomi per il braccio e trascinandomi in camera sua, chiudendo la porta a chiave.
"io... ehm...." cercai di dire qualcosa, per rompere quel silenzio che era calato, ma non mi venne in mente niente di interessante da dire.
"scusami, non volevo, è solo che ultimamente Ethan.... diciamo che.... tende ad impicciarsi troppo, e mi da fastidio"
"tranquillo, lo capisco" dissi e mi sforzai di sembrare il piú comprensivo possibile.
Lo vidi sospirare e sedersi sul letto, e preoccupato, mi sedetti accanto a lui. Vederlo in quelle condizioni mi spezzó letteralmente il cuore, anche perchè non ne comprendevo il motivo e desideravo fare qualcosa per aiutarlo. Per lui, avrei fatto di tutto.
"vuoi parlarne?" gli chiesi dolcemente.
Mi sorrise, e lí mi sentii meglio anche io.
"sei adorabile quando cerchi di aiutarmi"
Arrossii.
"comunque, ho un problema" mi spiegó, e mi sorpese ancora di piú la facilità con il quale ne parlava.
"di che tipo?"
"beh.... c'è questa persona, che mi piace veramente tanto, ma non so come dirglielo"
Non ricordo le emozioni che provai in quel momento. Forse rabbia e delusione.
In che senso c'era una persona che gli piaceva?
E io? E il tulipano? E il nostro bacio?
Forse per lui non avevano contanto niente, ma per me..... per me erano diventati veramente tutto. Lui, era diventato veramente tutto, e credevo.... sí, insomma..... credevo di piacergli, almeno un po'.
"Secondo te cosa dovrei fare?"
mi domandó qualche minuto dopo, quando mi resi conto di non aver detto assolutamente niente, troppo impegnato a riflettere sulle mie illusioni.
"boh. Diglielo e basta" gli risposi, sforzandomi di non essere troppo freddo.
"e se non gli piaccio?"
"capita nella vita. E poi è difficile che qualcuno rifiuti uno come te, sei carino, spiritoso, e insomma.... tutto il resto"
"wow, sono onorato che tu mi veda in questo modo" disse sorridendomi maliziosamente.
"quindi glielo dico?" mi chiese, per una ulteriore conferma.
"sí" dissi alzando le spalle.
"ok"
Si alzó di scatto, e io non capii. Quel ragazzo era veramente complicato.
Si posizionó davanti a me, e si abbassó per raggiungere la mia altezza, visto che mi trovavo ancora seduto.
"Isak" inizió guardandomi negli occhi. Vidi le sue pupille dilatarsi e percepii un brivido sopra la schiena. Anche se non ero proprio dell'umore, l'eccessiva vicinanza con il suo corpo mi provocava questa reazione. Era bellissimo, come potevo essere arrabbiato con lui per piú di due secondi?
"mi piaci tanto"

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora