CAPITOLO 9

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Tom non ritornó, nè nel pomeriggio nè nella mattina seguente.
Dopo scuola, andai con George in ospedale a trovare mia madre, visto che in giornata avevo avuto la comunicazione di poterla andare a trovare, e passando davanti alla sala d'attesa mi vennero in mente i momenti passati con i miei amici seduti su quelle sedie ad annoiarci e ad aspettare qualche notizia riguardo all'incidente.
Mi venne la malinconia a guardare quel posto, c'erano anziani che facevano la fila per sapere in quale studio dovevano andare, infermiere che camminavano a destra e sinistra e persone preoccupate per i loro cari in cura. Camminammo per i corridoi, per poi raggiungere una camera che mi sembrava abbastanza familiare. Per la prima volta mi fu concesso di vederla, quindi aprii la porta ed entrai, con il cuore che batteva forte nel petto e ansioso di sapere come stava.
Era sdraiata sul letto, con varie parti del corpo fasciate e piccole ferite sul viso. Stava dormendo, e sul comodino lí accanto era posato un libro rovinato. Si chiamava "Cime Tempestose" ed era uno dei suoi preferiti, a casa nostra lo aveva letto parecchie volte.
Non volevo svegliarla, quindi rimasi in piedi a tenerla d'occhio per un po', in silenzio. Era strano vederla in quelle condizioni, desideravo starle accanto, ma sapevo che se avessi saltato la scuola e tutti i miei impegni, una volta guarita si sarebbe arrabbiata.
In realtà non sapevo nemmeno se sarebbe guarita.
Per una volta volevo reagire nel migliore dei modi, fare la cosa giusta, rendere felice qualcuno senza fare di testa mia e non avere rimpianti.
Le misi la coperta fino al bacino, e le accarezzai la testa. Non ebbi la forza di fare piú niente, non sapevo come muovermi, era come se le mie gambe volessero restare lí ferme per sempre.
"sta bene" disse rassicurante George, venendomi accanto e appoggiando una mano sulla mia spalla.
"già" sussurrai io. Avrei voluto crederci davvero.
Nel ritorno incontrammo Fred, non aveva ancora chiarito con Alice e stava andando a prendere qualcosa da mangiare.
Poco prima di entrare a casa, sperai di ritrovarmi Tom davanti, con il suo sorriso e la sua insolita camicia rossa a fiori, che fumava una sigaretta e mi prendeva di nuovo in giro per la mia biancheria intima colorata, e invece, aperta la porta, c'era solo Ethan che apparecchiava la tavola e Dakota ai fornelli che cercava di preparare qualcosa per cena.
"wow, vi siete messi d'impegno eh?" disse George, mentre si toglieva la giacca e l'appendeva sull'appendino all'ingresso.
"Dakota voleva cucinare" gli rispose il cugino.
"ok" disse sorridendo "non vedo l'ora"
"e fai bene, ho preparato una carbonara stupenda" disse Dakota uscendo dalla cucina portando dei piatti e una pentola.
Anche io sorrisi, mi piaceva vedere i coinquilini andare d'accordo ogni tanto. Volevo solo che a godersi quell'atmosfera particolarmente piacevole, ci fosse anche Tom.
Tom. Tom. dovevo smetterla di ripetermi questo nome nella mia testa. Tom. Lo pensavo in continuazione, e non era normale.
Mangiammo la pasta, era squisita. Erano giorni che non mangiavo qualcosa di diverso da panzerotti e pizza, e per di piú, avevo cenato in una casa e non seduto su un marciapiede come nelle serate precedenti. In quel momento, capii George. Tutta la sua voglia di andarsene a vivere da solo in un'appartamento esclusivamente suo. Niente regole, niente programmi per le faccende di casa, niente litigi,... Secondo lui sarebbe stato molto meglio. Gli piacevano i coinquilini, diceva che erano molto simpatici, prima che arrivassi io mi aveva già parlato di Alex, suo cugino Ethan, Tom e l'ultimo, ovvero Dakota, ma era difficile stare insieme andando sempre d'accordo. Mentre eravamo lí seduti, lo vidi chiaccherare allegro e con un sorriso spontaneo stampato sul viso. Era felice.
Stavamo parlando dell'ultima partita di calcio che aveva giocato Dakota, un argomento che avrei evitato volentieri.
Non mi è mai piaciuto quello sport, da piccolo mia madre mi incitava a giocare con gli altri bambini, ma a me non mi andava mai. Preferivo starmene in disparte, seduto in un angolo a lanciare i sassi con George o correre ai margini delle strade con lui. L'idea di far parte di una squadra, allenarmi costantemente e inseguire una palla a calci non mi attirava molto.
Ad un tratto, squilló il telefono di George che aveva lasciato sul divano in salotto, per fortuna riuscii a evitarmi un altro racconto su quello offrendomi di andare a rispondere al posto suo. Lui mi ringrazió e uscii dalla cucina.
Andai con l'intenzione di riagganciare, ma appena vidi un numero che non conoscevo e che non era memorizzato nella sua rubrica, risposi per davvero.
"pronto?" dissi.
"ciao, mi chiamo Lucy, sono un'amica di Tom" mi rispose una voce femminile.
"ok" dissi, in attesa che continuasse il suo discorso spiegandomi perchè aveva chiamato.
"Ho trovato questo numero nella sua rubrica, sei un suo coinquilino vero?"
Non ne ero certo, ma mi sembrava leggermente preoccupata.
"ehm.... sí" risposi. Non ero un suo vero e proprio coinquilino, ma temporaneamente ero il suo compagno di stanza, che pensavo fosse piú o meno la stessa cosa.
"volevo solo chiedere se..... se era lí con voi"
"no, perchè?" chiesi, con una nota di panico.
"beh ecco lui.... è venuto da me ieri sera..... ha dormito e....." mi sentii come se il mondo mi fosse crollato addosso. Ero contento che fosse andato in un posto sicuro, ma non con una ragazza. Cioè..... credevo che gli piacesse stare in camera con me..... beh..... ehm..... ok, ero un po' geloso.
"e poi stamattina se n'è andato, dicendo che avrebbe trovato un altro posto, mi sembrava arrabbiato ma mi ha detto di non preoccuparmi" continuó lei.
"non è venuto qui...." il cuore mi riprese a battere forte nel petto. Chissà dove se n'era andato. Volevo andare a cercarlo. Dovevo farlo per lui.
"sai dove puó essere?"
"N-no... ma stai calma...."
Come potevo dire a qualcuno di stare calmo se il primo ad andare nel panico ero io?
"lo troviamo noi" riuscii a dirle infine.
"ma-"
"siamo i suoi coinquilini, lo conosciamo"
"va bene...."
"grazie per avermi avvisato"
Non le lasciai il tempo di salutarmi che le chiusi in faccia. Non c'era tempo da perdere, Tom era là fuori e qualcuno doveva riportarlo a casa.
Andai in cucina dove erano rimasti gli altri cercando di mantenere la calma.
"chi era?" mi domandó George mentre finiva di masticare il suo ultimo boccone di spaghetti.
"un'amica di Tom"
"che voleva?"
"mi ha chiesto se Tom fosse venuto qui..... era andato a dormire da lei ma poi se n'è andato"
"ah..."
"era piuttosto preoccupata" aggiunsi, sperando di fargli capire che dovevamo uscire a cercarlo.
"non è da Tom" disse Dakota.
"di solito ritorna sempre il giorno dopo, non se ne va in giro cosí a caso"
"forse.... dovremmo andare a cercarlo" propose George, e io dentro di me, speravo di farlo il piú in fretta possibile.
"fate come volete" disse Ethan "io con voi non ci vengo, anzi, me ne vado a dormire" disse, alzandosi di colpo infastidito dalla nostra conversazione e andandosene in camera sua, sbattendo la porta.
George sospiró. "È sempre il solito"
"bene, andiamo subito" disse Dakota.
"andiamo solo io e Isak, tu rimani qui a sparecchiare" propose il mio amico, mentre si sistemava la giacca sulle spalle.
"oh.... d'accordo" rispose non troppo entusiasta, ma ubbidì ugualmente.
Ci sistemammo per bene e uscimmo salutandolo. Inutile dire che anche se non amavo fare sport, mi sarei messo tranquillamente a correre pur di rivederlo, ma non volevo sembrare eccessivamente preoccupato.
Faceva freddo, le strade erano quasi deserte e il cielo buio giaceva sopra di noi.

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora