Erano passati forse secondi, minuti, o addirittura ore. Non lo sapevo. Ero rimasto chiuso nella mia stanza in preda al panico a camminare avanti e indietro come se facendo questo la soluzione al problema mi si presentasse davanti agli occhi.
Avevo sempre pensato di essere diverso dagli altri, ne ero rimasto consapevole fin da piccolo, ho passato interi periodi della mia inutile esistenza a disprezzarmi e a soffrire pensando di essere un errore, un fottutissimo errore da eliminare, ma poi ho visto Tom, con quei suoi occhi intensi color nocciola, i capelli neri, la deliziosa spruzzatina di lentiggini sul naso e quel sorriso, quel maledetto sorriso in grado di farti perdere il contatto con la realtà, cosa che mi era appena successa.
Mi sentivo bene, ero innamorato e per una volta.... per una volta credevo di aver cambiato in meglio la mia vita, avevo sperato, ci avevo messo tutto me stesso. Ma era solo un'illusione, perchè dopo aver pensato di voltare pagina, mi sono reso conto che era finito il libro. Perchè l'amore puó essere un gioco o una trappola, dipende dai punti di vita. Quel messaggio mi aveva portato a percepire il fatto che in questo gioco ci fossero delle regole, e io non le stavo rispettando, trasformandolo cosí in una trappola, in un tunnel da cui non potevo piú uscire, perchè i miei sentimenti non erano normali. La mia relazione con un altro ragazzo non era normale. Io non ero normale.E alla fine, mi sono ritrovato di nuovo al punto di partenza. Avevo le lacrime agli occhi e non sapevo che cosa fare. Nella mia testa c'erano soltanto pensieri alla rinfusa e tanta, tantissima confusione.
Mi sentivo male, qualcosa mi stringeva lo stomaco e una sensazione di nausea poco piacevole invase il mio corpo.
Tenere il telefono acceso posato sul letto impostato ancora su quel maledettissimo messaggio, non faceva altro che peggiorare le cose.
Come ho fatto a non accorgermene? Che qualcuno era lí, e ci stava spiando?
Forse non esistono momenti felici. Forse siamo noi ad illuderci che siano felici, anche se in realtà non lo sono.
Mi piegai a terra, con le gambe incapaci di reggermi ancora un minuto, e con gocce d'acqua che mi rigavano il viso, fissai il pavimento. Non riuscii a formulare pensieri sensati in grado di restituire un po' di ordine a tutto questo, il cuore mi saltava in gola all'idea che un anonimo sapesse il mio segreto e avesse il potere di svelarlo agli altri, compresa mia madre.
Un respiro. Due respiri. Tre respiri.
Ero letteralmente nel panico, e molto probabilmente non ero mai stato tanto in ansia in vita mia.
Non ebbi scelta, avevo bisogno di qualcuno con cui parlarne, e qui non si trattava soltanto di me, c'era anche Tom in mezzo e non sapendo con quante persone avesse giá fatto coming out, dovevo andarci cauto, o saremmo finiti nei guai entrambi.
Cercai di nascondere gli occhi rossi gonfi per il pianto, e di darmi una sistemata per passare inosservato ed evitare gli sguardi curiosi di mia madre. Mi soffermai un attimo a guardare i segni sul collo che mi aveva lasciato Tom e li accarezzai con un paio di dita. Perchè doveva essere sbagliato?
Non volevo che tutto questo finisse, ma non avevo idea di come muovermi. Era bastato wuel semplice messaggio per ridurmi in uno stato cosí pietoso, ma quando succedono cose simili, ti senti in colpa. Come se amare una persona, fosse una malattia. Un qualcosa che non dovrebbe esistere. E quando te ne convinci pure tu, desideri solo che un vortice si apra sotto di te e ti risucchi via.
Tom era diventato speciale, ed io lo guardavo con occhi ben diversi da quelli con cui guardavo i miei amici. Lui era la persona di cui mi ero innamorato, ed era difficile rendersi conto dopo tutto ció che era successo fra di noi , di aver vissuto in un bellissimo sogno che stava andando piano piano a sgretolarsi a causa di qualcuno che l'avrebbe svelato al posto mio.
Non volevo perderlo, era la mia felicità, la gioia del mio cuore. Non l'avrei sopportato.
Uscii di casa salutando mia madre, e lei mi raccomandó di non tornare troppo tardi. Annuii, ma non le diedi nemmeno il tempo di finire la frase che chiusi il portone per la fretta.
Il sole aveva iniziato a tramontare e a breve sarebbe diventato buio. Chiunque con un una minima dose di buon senso avrebbe aspettato il giorno dopo, ma io in quel momento non ne avevo, ero accecato da un misto di emozioni talmente spiacevoli che non riuscivo neanche a distinguere.
Mi incamminai a passo veloce verso la confraternita, fra le strade deserte attraversate solo dalle ultime persone che rientravano a casa. A causa del freddo, avevo la punta de naso rossa, le mani congelate e ad ogni respiro una nuvoletta biancastra di vapore fuoriusciva dalla mia bocca semiaperta. Tirai fuori dalla tasca il telefono e per via delle dita congelate feci quasi fatica a digitare il numero di George.
"ciao Isak, da quanto tempo" disse, ironizzando sul fatto che ci eravamo visti appena qualche ora prima per pranzo. Mi faceva piacere sentire ancora il solito ragazzo allegro di sempre, ma quello era proprio l'ultimo momento in cui mi andava scherzare.
"George" dissi in tono molto serio "ti prego, vediamoci davanti a casa tua"
"è successo qualcosa?"
"s-sí" affermai con voce tremolante "ti racconto tutto appena ci vediamo"
"oh, d'accordo"
"a dopo"
Riattaccai subito senza dargli neanche il tempo di salutarmi. Mi dispiaceva, ma non avevo alternative, mi sentivo come se mi stesse crollando il mondo addosso.
Avrei voluto che questa storia andasse un po' piú lentamente, ma soprattutto decidere io stesso quando e come confessarlo, invece stava capitando tutto cosí in fretta e io iniziavo a pensare che fossi dalla parte del torto.
Non mi accorsi che immerso negli andri piú remoti della mia mente, ero arrivato davanti alla casa di George.
Lo vidi fuori, proprio accanto al muretto con le mani in tasca e un'aria piuttosto preoccupata. Appena mi vide, spalancó gli occhi e mi venne incontro.
"che cosa ti è successo?" mi domandó serio.
La sua eccessiva reazione non fece altro che peggiorare le cose dal mio punto di vista psicologico.
"i-io.... n-non.... qualcuno.... ha visto.... ci ha visti...." Non riuscivo a spiegarglielo, cosí tirai fuori il telefono e cercai di andare sulla chat il piú velocemente possibile, sentendo il suo sguardo puntarmi contro.
"qualcuno chi? Che cosa ha fatto?" mi chiese posando una mano sulla mia spalla. Non dissi una parola, e gli mostrai lo schermo del cellulare. All'inizio di parve stranito e sembrava non capire, ma poi lo prese in una mano e lo guardó con piú attenzione, fino a leggere il messaggio e focalizzare le foto.
"porca puttana, mi hai fatto preoccupare" Mi rispose, cogliendomi del tutto alla sprovvista.
A quel punto non sapevo se essere deluso o stupito dalla sua reazione. Mi infastidiva il fatto che l'avesse presa con tanta leggerezza, mi faceva sentire stupido e inutile, anche se probabilmente il mio stato d'animo aveva già toccato il fondo.
"come scusa?" gli domandai, scuotendo la testa.
"pensavo fosse successo qualcosa di grave" mi rispose come se fosse la cosa piú ovvia de mondo.
"ma che cazzo stai dicendo?! Qualcuno qui mi ha visto, fotografato ed ora è pronto a mostrare le foto a tutti se non rimedio al mio errore!" gli dissi, forse urlando troppo.
"Sono solo foto! tanto prima o poi avresti dovuto farlo coming out, no?"
"sí ma....." Non sapevo cosa dire. Mi misi le mani nei capelli, e mi chiesi come facesse George ad essere cosí tranquillo.
"Tu non capisci cosa significa trovare il coraggio di dire una cosa del genere a tua madre o ai tuoi amici!" gli dissi.
"a me l'hai detto!"
"con te è diverso! Mi sono sentito.... NON LO SO. Ad ogni modo, dovevo decidere io qundo e come farlo sapere a tutti gli altri, e non un anonimo del cazzo!" dissi infuriato. Qualche lacrima mi rigó la guancia.
"Questo anonimo non ha idea di quello che dice"
"invece ha ragione! Non è normale vedere due maschi che si tengono per mano o che stanno insieme! È un errore! Un fottutissimo errore!"
"Isak calmati!"
Avevo perso la ragione, ero tristissimo.
"IO..... IO....."
"rilassati! Senti.... hai ragione, io non so cosa significa essere nei tuoi panni, ma non c'è niente di sbagliato in te"
"NON È VERO!"
"Cazzo, smettila di dire cosí!"
"È sbagliato! Io non avrei dovuto!"
"stai sparando stronzate, calmati" mi disse per poi prendermi con la forza e rinchiudermi in un abbraccio.
Un abbraccio.
Proprio ció di cui avevo bisogno.
Per un attimo mi sembró che tutti i suoni della strada diventassero ovattati, e che a rimbombare nell'aria fosse solo il mio pianto e il battito del mio cuore.
Mi accovacciai sul petto del mio migliore amico, e per la prima volta dopo quella brutta esperienza, mi sembró di ritrovare un attimo di pace.
"va tutto bene" mi sussurró in un orecchio.
"io.... non voglio perderlo" gli dissi, stringendomi ancora alla sua maglietta.
"Ti ricordi quando hai fatto coming out con me?" riprese guardandomi negli occhi.
"sí.... perchè?" chiesi, asciugandomi un occhio con una manica.
"ti ho detto che non contavano le tue preferenze sessuali. Puoi essere gay, pansessuale o bisex, ma sei sempre tu. Il solito Isak di sempre. E non è sbagliato. Il tuo amore non fa del male a nessuno, ma l'odio di questo stronzo sí" disse riferendosi all'anonimo, e io, accennai un sorriso. Mi sentii davvero leggermente piú sollevato, ma quell'anonimo aveva comunque le nostre foto.
George mi riabbracció, e alla fine mi sentii ancora piú sereno.
"secondo te che cosa dovrei fare?" gli chiesi, soffiandomi il naso.
"parlane con Tom, dovete affrontare questa cosa insieme, deve saperlo anche lui"
"io..... non lo so....."
"Isak ti prego! Ascoltami una buona volta!"
Non davo mai ascolto alle persone che cercavano di darmi dei consigli. Ero cosí preso dall'essere chiuso in me stesso che tendevo a respingere chiunque cercasse di aiutarmi, ma questo lato di me stava cambiando.
Ero il solito Isak introverso e timido di sempre, quello che non ha mai il coraggio di fare il primo passo, che andava in crisi per le piccole cose e arrossiva di continuo, ma sentivo la necessità di avere qualcuno al mio fianco, che mi desse fiducia, perchè ad un certo punto, capii che continuare ad andare avanti da solo non avrebbe fatto altro che distruggermi. George aveva compreso la situazione e cercava in me un po' di collaborazione, e io, decisi che forse questa volta, era giunto il momento di dargli ascolto.
"ok...."
"hai detto ok?" mi chiese lui, quasi incredulo.
"sí.... l'ho detto. Non ce la faccio piú"
"ce la farai, fidati. Tom ti fa uno strano effetto, ma riesce a farti fare di tutto"
"n-non.... non è vero...."
"sí invece. Prima che tu lo conoscessi non ti avrei mai immaginato a baciare con tanta passione qualcuno" disse lanciandomi uno sguardo perverso, riferendosi a quelle foto.
"George!" lo rimproverai, arrossendo tremendemente.
"rilassati, scherzavo, e comunque non è necessario che diventi un peperone ogni volta che si parla di lui"
"io non.... BASTA"
"ok ok, la smetto" disse infine sorridendomi "prova a parlargli e deciderete poi insieme"
Annuii con la testa.
"grazie" dissi infine, ricambiando il suo sorriso.
"figurati"
"ora vado a casa, si sta facendo tardi"
"d'accordo, poi mi racconti"
"ciao"
Lo salutai, poi mi avviai verso casa. Stava già calando il buio, ma rispetto a quando ero venuto, mi sentivo piú leggero, come se mi fossi svuotato di qualcosa. In effetti parlarne con qualcuno, aveva fatto i suoi effetti e se raccontarlo a Tom sarebbe servito a trovare una soluzione e non perderlo..... beh, l'avrei fatto.
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PICCOLO TULIPANO🔐❤️
Short StoryLa madre di Isak, un ragazzo dai capelli biondo platino timido e introverso, subisce un incidente e lui è costretto a sistemarsi in una confraternita insieme al suo migliore amico George. Qui, divide la stanza con Tom, un ragazzo a modo suo misterio...