CAPITOLO 5

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Quella notte non chiusi occhio.
Rimasi tutto il tempo fermo, immobile a fissare il soffitto rannicchiato al bordo del letto per non dare troppo fastidio a Tom, che dormiva accanto a me con la testa affondata nel cuscino.
Pensavo a ció che era accaduto in quei giorni, ero triste e nemmeno le solite battute di George riuscirono a consolarmi.
Durante il giorno quasi tutti i ragazzi se ne stavano fuori, chi andava a scuola e chi gironzolava per le strade della città, immaginai che nessuno voleva passare 24 ore su 24 nella casa assieme ai propri coinquilini. Alex la mattina andava al lavoro, aveva iniziato facendo il cameriere in un locale lí vicino, tornava nel pomeriggio quando aveva terminato il suo turno e se ne stava in salotto o andava da qualche parte con i suoi amici. Me l'aveva detto George, che nonostante volessi restare a deprimermi sotto le calde coperte quel giovedí mattina, una volta che si era assicurato che Tom fosse uscito, entró nella camera e mi buttó giú dal materasso. Letteralmente.
In risposta, lo buttai sul letto e iniziai a tirargli addosso varie cuscinate, che lui ricambió. In poco tempo ci ritrovammo sdraiati per terra esausti a ridere come dei bambini. Ricordo quando eravamo piccoli, mia madre non poteva permettersi una vacanza e quindi passai l'estate in sella alla mia bicicletta a girare per le strade del quartiere senza una meta, poi, un giorno, incontrai un bambino dai capelli rossi nella mia stessa situazione, e diventammo subito amici.
Facevamo gare, lotte, giochi, passeggiate,... e finivamo sempre per fermarci con il fiatone in gola e scoppiare in una risata, proprio come in quel momento. Mi mancava farlo.
Mi mancava tornare indietro, a quando eravamo ingenui ed eravamo convinti che tutto si sarebbe sempre risolto, che tutto sarebbe cambiato, che tutti i problemi, un domani, si sarebbero sistemati.
È incredibile come in una situazione simile, basti una sola persona per rallegrarti.
George mi aveva aiutato, mi era stato vicino fin da subito e non ha mai smesso, non lo ringrazieró mai abbastanza per questo.
Ci preparammo, io indossai una delle mie felpe nere e lui una delle sue solite t-shirt scure.
Fuori faceva freddo, uscimmo ricoperti di giacche, sciarpe e con gli zaini in spalla.
Ci incamminammo dal vialetto che partiva da sotto casa sua, e proprio davanti a noi, vidi con stupore una ragazza, aveva i capelli neri, corti e gli occhi marroni. La fissai per qualche secondo, probabilmente stava aspettando qualcuno visto che controllava spesso il telefono che teneva in mano, e la riconobbi quasi subito: era la mia ex ragazza dell'anno prima, si chiamava Jo.
L'avevo conosciuta ad una festa, ci scrivevamo e avevamo iniziato ad uscire insieme, ero convinto di essermi innamorato di lei, era bella e simpatica, prendeva ottimi voti a scuola e amava il gelato, gliene offrivo sempre uno durante i nostri incontri.
Ero molto goffo, arrossivo quando mi guardava e mi rivolgeva la parola, abbassavo spesso la testa e il mio stomaco faceva una capriola ogni volta che mi passava accanto.
C'era qualcosa, che peró non mi convinceva. Non capivo che fosse,quindi lasciai perdere. Ovviamente, il primo passo per metterci insieme l'ha fatto lei, io non ne avrei mai avuto il coraggio, e finalmente credevo di aver ottenuto quello che desideravo, una persona che mi amasse per come ero, che mi desse fiducia, una con cui confidarmi, ridere e scherzare, ma non era cosí. In sua compagnia provavo una strana sensazione, come se non fossi davvero interessato a stare con lei. Si lamentava piú volte dicendo che si sentiva trascurata e che non le davo abbastanza attenzioni, ma io non feci niente per migliorare. Non ci riuscivo.
La lasciai con un messaggio, e per questo si era arrabbiata parecchio, ma non la biasimavo neanche.
Poi si è trasferita, e non ci siamo piú parlati. Ne una telefonata, ne un'email, ne un messaggio. Niente.
"Ma quella è...." dissi a George, colpendolo delicatamente sul gomito per attirare la sua attenzione.
"Jo" disse lui, come se fosse ovvio, concludendo la frase per me.
"c-che.... che cosa ci fa qui?"
"non lo so, credo abbia degli amici che abitano in zona, ultimamente la vedevo spesso da queste parti"
"chi sono?" gli chiesi, ma non mi importava davvero saperlo.
"boh, non ci ho ancora parlato"
"non ci ha ancora visti, cambiamo strada"
"ok"
Cambiammo strada, e riuscii a evitarmi un'altro dei suoi insulti tipo "senza cuore" o "stronzo". Nonostante sia passato molto
tempo me lo rinfacciava appena ne aveva l'occasione, e ora che sapevo che si trovava nei paraggi, dovevo stare attento a non beccarla in giro.
Ero preoccupato.
Arrivammo davanti al cancello, dove già si trovavano i soliti gruppetti di studenti in attesa della campanella, poi vedemmo Alice e Fred in lontananza e andammo da loro.
"finalmente vi fate vivi" disse Fred.
"come stai Isak?" mi domandó Alice.
"ehm.... bene" risposi. In effetti andava leggermente meglio, ma non avevo molta voglia di ritornare a scuola.
"abbiamo incontrato Jo" affermó tutto d'un tratto George.
"Jo? Quella Jo?" chiese Alice sgranando gli occhi. Avevo previsto una reazione di quel genere, lei la odiava, l'ha sempre odiata, fin da quando era la mia fidanzata. "Non me la racconta giusta, ha la faccia da strega" mi ripeteva sempre. In effetti aveva ragione,
aveva sempre quell'aria malvagia, come se stesse architettando un piano per far star male qualcuno, sempre alla ricerca di un'occasione per dimostrare di essere la migliore e spettegolare degli altri. Quando l'ho conosciuta non era cosí, lo è diventato dopo. Alice la chiamava "doppia faccia", ma io non le davo mai retta, ero convinto di amarla e non sopportavo che le venissero assegnati certi nomignoli. Poi ho scoperto in seguito che aveva ancora una volta, ragione.
"sí, quella Jo"
"dov'era?"
"vicino casa mia, l'ho vista altre volte con un gruppo di ragazzi, penso abbia degli amici di questa zona"
"come fa ad avere ancora degli amici?!" rispose lei seccata all'idea che fosse di nuovo nelle vicinanze.
"cosa vi ha detto?" chiese qualche secondo dopo.
"niente, non le abbiamo parlato, l'abbiamo
evitata"
"avete fatto bene" rispose con soddisfazione "non merita la nostra amicizia"
"adesso non esageriamo" disse Fred cercando di posare la mano sulla sua spalla, ma lei lo fulminó con lo sguardo e ritiró subito il braccio.
"ok ok, calma" continuó "comunque, io e Alice abbiamo preso appunti per voi"
"da quando tu prendi appunti?" domandó George divertito. In effetti nemmeno io avevo mai visto Fred fare qualcosa di produttivo a scuola come ad esempio prendere appunti, mi aveva stupito.
"solo per questa volta" rispose lui, sorridendo.
"grazie" sussurrai, un po' in colpa.
"figurati.... ehm.... si sistemerà tutto, fidati" mi consoló Alice.
"lo spero"
Lei mi sorrise. Apprezzavo davvero tutto quello che stavano facendo per aiutarmi.
La campanella suonó, e iniziai l'ennesima giornata di lezioni.

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora