CAPITOLO 15

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La mattina seguente, Tom non c'era.
Non rimasi deluso piú di tanto, in fondo me lo aspettavo, non poteva mica passare tutto il suo tempo a restarmi appiccicato.
Ero certo che si fosse svegliato prima per uscire e vedersi con Lucy, e questa cosa mi innervosiva non poco, anzi, parecchio, ma non potevo farci nulla.
Chissà se quel bacio aveva significato qualcosa anche per lui. Da quando aprii gli occhi, non smisi di pensare ad altro.
Eravamo soltanto noi, in un bosco, abbracciati e con le labbra unite.
Non so cosa farei per riviverlo un'altra volta. Speravo con tutto me stesso che non lo avesse dimenticato, altrimenti non sarei riuscito a reggere una simile delusione.
Comunque, alla fine ci aveva pensato George a darmi il buongiorno, svegliandomi dal mio sonno tranquillo sgattaiolando vicino al letto e iniziando a tirarmi cuscinate in faccia urlandomi ripetutamente che era ora di svegliarmi.
In risposta, lo trascinai per un braccio facendolo cadere sul materasso e prendendo un'altro cuscino, gli restituii ogni colpo. Non potevo lamentarmi, anche quello era un bel modo di iniziare la giornata.
Non c'era nessuno in casa, Ethan e Alex erano andati fuori a portare la spazzatura e a farsi un giro, mentre Dakota era seduto a gambe incrociate sul divano e messaggiava con qualcuno al telefono.
"con chi ti scrivi? Un ragazzo?" gli disse George, quando uscimmo dalla mia stanza e andammo in salotto.
Aveva detto ragazzo?
"ma va, è Tom" rispose lui, arrossendo e sorridendoci, alzando lo sguardo.
"e che ti racconta di bello? Quello neanche dopo una festa si sveglia tardi"
"è dovuto andare in lavanderia a ritirare la sua divisa da calcio. Dalla prossima settimana ricomincerà gli allenamenti"
Non sapevo giocasse a calcio. Già me lo immaginavo, in t-shirt e pantaloncini, a correre per il campo mentre si spostava all'indietro il suo ciuffo nero per evitare che gli ricadesse sulla fronte. Ma perchè ci pensavo continuamente? Quando avrei smesso? Quando sarei tornato ad essere il solito Isak di sempre?!
Questa storia continuava a mandarmi in crisi, non ci capivo nulla.
"va bene" rispose il mio migliore amico, mentre versava in due tazzine del caffè, poi me ne porse una.
In mattinata, andammo a trovare mia madre.
Fui al settimo cielo quando la vidi sorridermi dal letto in cui doveva stare, la abbraccai e la rassicurai del fatto che mi ero trasferito momentaneamente a casa di George.
Vidi i suoi occhi lucidi e lacrimare leggermente, ringrazió il mio migliore amico stringendogli forte la mano e mi raccontó di come procedeva lí la vita. Non smise un solo attimo di ricordarmi quanto facesse schifo il cibo dell'ospedale e che, sebbene non fosse la cuoca migliore del mondo, cucinava di gran lunga meglio lei. Mi raccomandó di essere prudente e non ridurmi sempre all'ultimo per fare i compiti, inoltre non dovevo andare troppe volte in feste e locali vari. Mi disse che le sue cure stavano procedendo abbastanza bene, e che per fortuna, non era stato un incidente grave. Le arrivavano notizie del soggetto che aveva guidato in stato di ebrezza, ma le avrebbe controllate meglio una volta tornata a casa. Al momento, non desideravo altro che rivederla stare bene e in salute. Avrei anche voluto dirne quattro a quel tizio, che si era rivelato molto irresponsabile e avrebbe potuto causare un incidente ben peggiore, ma mia madre mi calmó dicendomi che ci stava già pensando la polizia. Non ero molto convinto, ma mi bastó rivederla un'ultima volta prima di uscire da quella stanza per rendermi conto di quanto sia una donna forte e piena di speranza. In fondo,mi ha cresciuto praticamente da sola, visto che mio padre si era dato per disperso ormai da anni.
Mai una sua notizia, mai una sua lettera, mai una sua chiamata o un suo messaggio.
Niente di niente. Ma ormai non ci dó piú troppo peso. Anche se duramente, la vita va avanti.
Nel pomeriggio invece, George aveva appuntamento con Lisa, la ragazza che aveva conosciuto durante la festa di compleanno della serata precedente. Era contento ed emozionato, mi chiese almeno una decina di volte quale camicia, profumo, pantaloni e scarpe si sarebbe dovuto mettere e come si sarebbe dovuto comportare.
Mi stupiva come un ragazzo carino e divertente come lui, potesse essere nervoso per una situazione simile.
Beh... io sarei andato letteralmente nel panico, quindi non dovevo giudicarlo più di tanto.
Io decisi di farmi lo stesso un giro nei dintorni, magari chiedendo a Fred e Alice se erano disponibili, visto che alla festa avevamo parlato davvero poco.
Accompagnai il mio migliore amico ad un negozio che vendeva vestiti eleganti per cerimonie dietro casa mia. Quando ci passai davanti, mi resi conto che non ci ero piú passato da quando mi ero trasferito da George.
Una volta che lui ebbe trovato il coraggio di entrare, io, telefonai a Fred, che mi disse che si trovava con Alice al parco. Li raggiunsi abbastanza velocemente, visto che il mio migliore amico una volta giunto a destinazione e avvistato la ragazza mi aveva costretto ad abbandonare il negozio piú velocemente possibile per evitare che lei venisse a scoprire che si era fatto accompagnare da qualcuno per la troppa ansia.
"ciao" li salutai. Erano seduti in uno dei tavoli nell'area pic nic immersi fra gli alberi.
"ciao Isak" mi salutó Fred radiante.
"che cosa fate?" gli domandai, sedendomi accanto.
"niente, parlavamo"
"avete rifatto pace?"
"cosí sembra" mi annunció Alice, e dalla sua voce capii che era anche abbastanza contenta dell'accaduto.
"vi ho visti insieme ieri, alla festa" dissi, lanciando uno sguardo complice a Fred e facendo finta di non sapere che in realtà eravamo stati proprio io e George a convincerlo ad andare da lei.
"non mi aspettavo che Fred venisse a parlarmi"
"ma l'ho fatto, vedi? Non sono superficiale come dici te"
"ero arrabbiata, non lo pensavo veramente"
"comunque, alla fine ci siamo chiariti e ora eccoci qui" concluse il mio amico.
"sono contento"
"e George dov'è?" mi chiese poi la ragazza, notando la sua assenza.
"non ve l'ha detto?"
"che cosa?"
"oggi si vedeva con una ragazza che ha conosciuto"
"ahh, e non ci ha accennato assolutamente niente"
"se ne sarà scordato, scommetto che ve lo dirà. Era troppo emozionato per avvisarci tutti"
"a te l'ha detto" mi fece notare il mio amico.
"ti ricordo che abitiamo insieme adesso"
"oh, giusto"
Alice alzó gli occhi al cielo, come per dire "sei sempre il solito" e io le sorrisi.
"e tu? Ieri sei scomparso. Hai conosciuto qualcuna?" mi domandó Fred guardandomi maliziosamente.
"oh, io? ehm... no" risposi colto alla sprovvista.
"e con chi sei stato tutta la serata?"
"sono uscito con un... amico"
"sicuro che sia solo un amico?" mi domandó Alice, lanciandomi un'occhiata perversa.
"i-io... ehm... sí!" dissi, cercando di convincere piú me stesso che lei. Cos'eravamo io e Tom? Ci eravamo baciati, ed era stato in assoluto il momento piú bello della mia vita, ma non ci eravamo mai dichiarati apertamente di essere fidanzati o comunque più che semplici amici.
E poi lui frequentava molte ragazze, era sicuramente etero.
E anche io lo ero.
Forse.
Non sapevo nemmeno se mi piaceva davvero o se magari ero confuso. Ma perchè ci stavo pensando? Per me lui non era nient'altro che un amico, o almeno, questo era quello che credevo.
"non prenderla come un'offesa, ma sei sicuro di non essere gay?" mi dissero, facendo fare una capriola all'indietro al mio stomaco.
"perchè questa domanda?"
"beh... ehm... non lo so, oltre a Jo non ti abbiamo mai visto con una ragazza e poi, ti ricordo che l'hai lasciata perchè non ti interessava"
"e allora? Non tutti si fidanzano con una persona diversa al giorno"
"lo so ma... quando parliamo di ragazze non dici mai la tua, concordi sempre con ció che diciamo io e George, inoltre-"
Non lo lasciai finire di parlare che mi feci prendere dall'istinto e lo bloccai.
"NON LO SONO!" dissi alzando la voce piú del previsto. Non avevo niente da nascondere, ero sicuro della mia eterosessualità. Ma allora perchè ci stavo dando cosí tanto peso?
"o-ok, va bene ma stai calmo" mi rispose Fred, e guardando entrambe le loro facce, percepii che erano scioccati quanto me.
Normalmente, quando c'era qualcosa che non andava, mi sfogavo da solo, fingevo davanti agli altri che andasse tutto bene e poi piangevo affogando la testa nel cuscino del mio letto, ma stavolta non ero riuscito a controllarmi. Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo.
"sono calmo.... senti...." non mi venivano in mente le parole giuste per strutturare una frase sensata.
"non fa niente Isak, non è successo nulla" mi disse Fred, probabilmente cercando di convicere piú se stesso che me. I sensi di colpa iniziavano a divorarmi internamente, non mi era mai capitato di interrompere qualcuno in un modo cosí brusco.
"scusatemi" riuscii a sussurrare infine, abbassando lo sguardo.
"non importa, capita" mi consoló Alice, mettendomi la sua mano sul mio braccio.
"vado a casa"
"ma-"
"scusatemi, voglio stare da solo" gli dissi chiaramente, alzandomi dal tavolo e salutandoli con un cenno del capo, per poi allontanarmi.
Sentivo i loro occhi puntati su di me e osservarmi attentamente mentre me ne andavo. Sapevo quanto erano rimasti sconvolti dalla mia eccessiva reazione, ma avevo bisogno di chiarirmi le idee e non potevo ritornare indietro.
Dato che George mi aveva lasciato le chiavi, ero potuto entrare nella confraternita tranquillamente senza il bisogno di andare a cercarlo.
Appena entrai, sentii molto silenzio, e inizialmente mi preoccupai perchè pensai che non ci fosse nessuno, invece mi accorsi che in cucina c'era soltanto Dakota insieme ad un'altro ragazzo piuttosto carino, alto e dai capelli castani. Sembravano nel bel mezzo di una conversazione divertente, perció decisi di non disturbarli troppo e li salutai semplicemente prima di rinchiudermi in camera.
Mi sedetti sul letto,presi il pc, lo aprii e iniziai a digitare "gay test".
Lo stavo seriamente facendo?
Beh, nessuno ne sa piú di internet, quindi decisi di iniziare da lí.
Cliccai sul primo risultato che mi uscí, e non sapendo esattamente il motivo per cui lo stessi facendo, risposi a tutte le domande cercando di essere il piú sincero possibile.
Non mi ero nemmeno preoccupato di accendere la luce o aprire la finestra, e piano piano cominciai a sentirmi in ansia per il risultato che avrei potuto ottenere.
"sei gay al 56%" mi risultó infine.
Non era la risposta che mi aspettavo, insomma... era poco più della metà.
Feci un sospiro e mi sdraiai sul materasso a fissare il soffitto.
Forse ne avrei dovuto parlare con qualcuno, o forse lasciar perdere.
Maledetto Tom.

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora